Libri abbandonati e raccolti per strada. Dibattiti estemporanei, un nuovo fenomeno culturale nato nella crisi tra le strade di Bologna nel racconto di Raffaele K. Salinari.Da qualche giorno si assiste in città ad un nuovo fenomeno culturale: le biblioteche sulla strada. Non si tratta di biblioteche ambulanti che offrono libri su bancarelle itineranti, né degli improvvisati tappetini dei tanti clochard metropolitani che offrono ciò che trovano, ma gruppi di ragazzi che aprono i sacchetti azzurri dell’Hera destinati allo smaltimento della carta e selezionano i libri, le riviste, i giornali che, a centinaia, vengono gettati. Dalla cultura spazzatura alla cultura nella spazzatura. Spesso l’apertura riserva delle sorprese notevoli. Per motivi arcani alcune centinaia di persone, ogni settimana, decidono di disfarsi di veri e propri classici, spesso in edizioni di pregio: chi scrive ha raccolto all’angolo tra via delle Moline e Belle Arti una edizione di Madame Bovary del 1939! Attorno a questi cumuli di libri e riviste, si formano capannelli più o meno improvvisati, sempre più spesso spesso organizzati, di intellettuali da marciapiede, che discutono animatamente sia il contenuto del sacchetto sia le motivazioni del disfarsi di così pregevoli capolavori della saggistica o della letteratura. Le riviste d’arte, ad esempio – ad un certo punto è apparso una pila de L’illustrazione italiana – scatenano intensi dibattiti iconologici, inseriti magistralmente ed estemporaneamente nella location che si offre, sia essa il marciapiede sconnesso, la transenna per i lavori nell’asfalto sbrecciato, o, più penetrante, l’odore fatiscente che accompagna spesso questi rinvenimenti. Certo, il connubio tra il Cristo di Durer e l’odore di urina crea ponti arditissimi tra l’olfatto e la vista, vere e proprie sinestesie al limite della psichedelia. Il più delle volte i volumi vengono ridistribuiti tra i cercatori-raccoglitori, come usa in questi tipi di organizzazioni tribali, pigmei, boscimani, aborigeni, indiani metropolitani e via enumerando, ma altre volumi restano in strada, non perché negletti, ma a disposizione di altri intellettuali e scopritori della realtà librometropolitana, che, a loro volta, lasceranno i libri altrove affinché, come per una sorta di contagio emulativo, gli abitanti del quartiere siano invogliati a far circolare le immagini e le idee contenuti nelle pagine delle loro dormienti biblioteche. La cultura, così, si fa strada possiamo dire…Cosa avrebbe pensato il grande Borges di tutto questo, lui che vedeva la Biblioteca come uno spazio che equivaleva al Mondo, e non solo? La sua utopia realizzata? Avrebbe ritrovato il suo Aleph nelle strade di Bologna, scaturito dai sacchetti azzurri? Si sarebbe seduto sul marciapiede con gli occhi ormai spenti a valutare trasognato l’aurea pesantezza di una tomo dantesco lasciato sul sellino di una vecchia bicicletta cannibalizzata? E Kurt Schwitters? Cosa avrebbe pensato il grande dadaista, il maestro dell’arte dei rifiuti? Avrebbe creato opere d’arte su opere d’arte da queste cataste di cellulosa in balia degli elementi. E Rilke, memore del suo Orfeo, non avrebbe forse composto liriche sul degradarsi delle pagine lasciate alle intemperie, di questi fiumi seccati di inchiostro stampato che riprendono improvvisamente a correre verso l’universo inquietante delle fognature, del sottosuolo primevo, trasportati dalle gocce di pioggia primaverile? Su queste parole che si sciolgono e si ricombinano alla terra? Ma noi, noi che passiamo, noi che guardiamo senza vedere, che scansiamo il Simbolo e ci facciamo irretire dal Logo…forse potremmo utilizzare queste epifanie per ritrovare una scintilla di sacro tra le vestigia.
Raffaele K Salinari