Consumo di suolo in Italia, Il ruolo di fotovoltaico, logistica e data center

di Luca Martinelli /
27 Ottobre 2025 /

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Il consumo di suolo è la “conversione di terreni naturali e seminaturali in terreni artificiali”. Bastano nove parole nel testo della nuova direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sul monitoraggio del suolo e la resilienza, votata il 23 ottobre, per descrivere un’emergenza che l’Italia conosce benissimo ma affronta con sufficienza, senza ascoltare il monito che giunge ogni anno dal Sistema nazionale per la protezione dell’ambiente che il 24 ottobre ha presentato a Roma il rapporto “Consumo di suolo, dinamiche territoriali e servizi ecosistemici”.

“Lo realizziamo dal 2014 ma il messaggio resta fondamentalmente inascoltato, almeno nei fatti. Anche se formalmente diverse leggi regionali hanno recepito gli obiettivi e gli indirizzi, la realtà è spesso molto diversa dagli obiettivi generali”, sottolinea Michele Munafò, curatore del rapporto. Basti pensare che i dati dell’ultimo anno, il 2024, mostrano una crescita significativa del consumo di suolo, pari a 83,7 chilometri quadrati di territorio trasformato in aree artificiali, con un incremento del 15,6% rispetto al 2023 e un ritmo che raggiunge i 2,7 metri quadrati al secondo, e che le maggiori perdite si registrano in Emilia-Romagna (1.013 ettari di nuove aree artificiali), Lombardia (834 ettari) e Puglia (818 ettari), enti regionali che formalmente hanno approvato leggi per il contenimento del consumo di suolo.

“Si è partiti nel 2006 a riflettere intorno a questo problema e con varie vicissitudini si è arrivati almeno a definire che la trasformazione non avviene nel momento in cui c’è una destinazione d’uso, ma è registrata solo a fronte di una copertura d’uso, a una trasformazione fisica. Dalla prima posso tornare indietro, dalla seconda è più complesso. E vent’anni per arrivare a una definizione normativa cogente -sottolinea Munafò- fa un po’ riflettere sui tempi lunghi per affrontare il problema. Nel frattempo il consumo di suolo avanza, l’impatto aumenta e la normativa permette di derogare alcune forme di trasformazione del territorio, senza considerarle consumo di suolo”. Tra queste ci sono, ad esempio, “l’espansione infrastrutturale o di insediamenti produttivi esistenti ma anche il completamento edilizio di zone di espansione o la densificazione urbana con perdite di aree aperte, che in gran parte non sono conteggiate”.

Il 2006, così, è la data che prendete a riferimento per una delle novità di quest’edizione del rapporto, un’analisi che permette di capire come il problema del consumo di suolo riguarda tutto il Paese, non solo le grandi aree urbane.
MM Abbiamo voluto osservare cosa è successo in Italia in un periodo di tempo che è relativamente lungo dal nostro punto di vista, quello tra il 2006 e il 2024, ma breve se l’osservatorio è quello dei tempi in cui il suolo si rigenera; abbiamo scoperto che praticamente la totalità dei Comuni italiani ha consumato suolo, anche quelli piccoli e piccolissimi in aree oggi praticamente disabitate. Dei quasi 8mila Comuni, infatti, il 98% ha consumato suolo e questo è un dato che ci fa riflettere. In particolare, gli incrementi sono stati di almeno cinque ettari in 4.259 Comuni (il 54%) e superiori a dieci ettari in quasi due quinti dei casi (2.970 Comuni). Nell’ultimo anno in circa due terzi dei Comuni sono state rilevate nuove superfici artificiali.

E nel 2024 il primato per la prima volta è andato a una nuova Regione del Nord, non più la Lombardia.
MM 
Per la prima volta da quando facciamo monitoraggio l’Emilia-Romagna “batte” Lombardia e Veneto (un primato che si contendevano storicamente) perché ha superato i mille ettari –anche se Lombardia e Veneto, comunque, restano in cima alla classifica del suolo consumato in termini assoluti, rispettivamente 12,22% e 11,86%. Considerando anche il ripristino ambientale, quello cioè che succede quando chiude un cantiere, il valore netto per l’Emilia-Romagna resta il più alto a 909 ettari. E in ogni caso, anche se si parla di azzerare il consumo di suolo netto, tutti sappiamo che il ripristino non è mai completo, che le funzioni ecosistemiche del suolo non vengono mai totalmente recuperate.

Il cantiere per la realizzazione del “Bosco dello Sport” di Mestre. Il cantiere aperto nel 2024 occupa un’area di 27 ettari. Il progetto prevede la costruzione di un palazzetto dello sport e di uno stadio in un’area di complessivi 116 ettari, di cui 37 di superficie impermeabilizzata e 79 boscata

Quali sono i principali driver della trasformazione del suolo, posto che dal punto di vista demografico l’Italia vede ridurre il numero di abitanti e in tutto il Paese ci sono quasi 10 milioni di immobili vuoti secondo l’Istat?
MM Sicuramente ci sono altre questioni non legate all’edilizia residenziale, anche perché il legame tra dinamica demografica e consumo di suolo è ormai sbilanciato: confrontando quanto successo tra il 2006 e il 2018, con i dati degli ultimi sei anni, si vede che prima in dodici anni il suolo consumato per abitante era aumentato di 6,5 metri quadrati per abitante mentre nel secondo periodo si è registrata una crescita quasi tripla, pari a 18,4 metri quadrati per abitante. Dopo di che, sulla crescita della superficie occupata da edifici (che nel 2024 è stata pari a 623 ettari) pesano nuove unità produttive, logistica, servizi e commercio. Gli edifici sono però solo una piccola parte del totale del consumo di suolo perché a pesare molto sono i cantieri per le nuove infrastrutture. Poi c’è il tema degli impianti fotovoltaici, la maggior parte dei quali realizzati a terra, con un boom importante: hanno consumano suolo per 1702 ettari circa, quattro volte in più rispetto al dato del 2023 -e i due Comuni con il maggior incremento nel consumo di suolo sono Tarquinia e Montalto di Castro, nel viterbese, proprio per la realizzazione di impianti fotovoltaici a terra.

Un ulteriore tema riguarda le città, vista la nuova norma legata al ripristino della natura che obbliga gli Stati membri ad azzerare la perdita netta di aree naturali e di copertura arborea in ambito urbano tra il 2024 e il 2030. Come si sta muovendo l’Italia?
MM I dati di monitoraggio fanno riferimento all’ultimo anno prima dell’entrata in vigore delle nuove disposizioni, ma se andiamo a vedere che cosa è successo nei Comuni che saranno tenuti a rispondere alla Nature restoration law, che sono tutti i grandi e medi Comuni, osserviamo ovunque una perdita di aree verdi e copertura arborea. Si sono persi 5.377 ettari su un totale di 8.370 complessivi e, al netto dei ripristini, probabilmente tra i 3.800 e 4.500 ettari riguardano le aree all’interno delle città che sarebbero da preservare.

Questo articolo è stato pubblicato su Altreconomia il 24 ottobre 2025

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