Si stanno preparando gli schermi di Piazza Maggiore, a rammentarci che arriva presto tempo di cinema in piazza e di cinema ritrovato o da riscoprire, mentre si accendono anche parchi e giardini cittadini all’insegna di una grande varietà di feste e concerti. In tutto questo spiccano in qualche modo periferiche ma opportune, rassegne molto particolari perché estremamente ibridate quali le resiDanze di Teatri di Vita, le programmazioni dei 300 scalini nella prima collina bolognese e la nuova rassegna Nel Limite, naturalmente al Pilastro.
Poiché generosamente invitata dagli amici di Altre Velocità a compiere una ricognizione e riflessione collettiva sui mille mila festival teatrali e performativi estivi della penisola, mi è un po’ venuta anche voglia di passare la palla del discorso dibattito ai miei interlocutori urbani ed ecco per voi qualche chiacchiera con amici curatori.
Cominciamo dunque da Stefano Casi, che nell’ambito dei progetti inerenti i teatri designati in base a ripartizione regionale ad essere sede di residenze artistiche, costruisce con il contributo delle principali fondazioni bancarie del territorio questo progetto di avvicinamento tra artisti e spettatori distribuito nell’arco di due tranche settimanali tra 29 maggio e 14 giugno. Gli artisti coinvolti sono Paola Bianchi, Ludovico Cinalli, Michelle Scappa, Nicola Cisternino, Angelo Petracca e Aline Nari. Sei compagnie e due settimane di residenza artistica. Quindi una questione che ne solleva molte altre. Gli spettatori chiamati, convocati dalle 19, a vedere blocchi di spettacoli o meglio lavori, da tre per ogni tranche settimanale. Una formula insolita ma in realtà sperimentata su una manciata d’anni che ormai sono quasi 10. Qualche domanda a questo punto, ci sta.
Ho appena visto, cercando di documentarmi un minimo per questo incontro da farsi come panoramica sui festival estivi che siete stati inseriti nell’insieme dei festival, e mi sono chiesta perché così tante situazioni si fregino di questo titolo ormai tutto l’anno e se vi sentite della partita.
Allora senza meno è vero che esiste un inflazionamento di questa categoria che forse ormai più che altro corrisponde a criteri comunicativi o di adattabilità e appetibilità per i bandi.
Il senso che si può attribuire al termine dato è molteplice e molto sfaccettato. Noi ci riconosciamo più che altro nell’accezione della grande celebrazione e festa mobile della performatività in questo caso. Nella possibilità di fare una esperienza piuttosto immersiva e intensa, anche se molto plurima e variegata dal punto di vista di un pubblico consapevole e fidelizzato. Poi è una grande esperienza per noi curatori selezionatori perché vediamo qui il farsi dei lavori e speriamo che gli artisti autori possano fare un po’ di community incontrandosi nella stessa settimana. Però diciamola così è anche una celebrazione delle residenze che ce ne dovrebbero essere molte di più…. Il meccanismo ministeriale è abbastanza limitante e dà indicazioni precise a seconda delle varie province presenti e dell’importanza regionale, solo la Toscana ne ha un po’ di più in deroga al meccanismo. Inoltre, anche il meccanismo della turnazione della sede ogni tre anni per una delle residenze è un po’ scivoloso perché poi inibisce la sedimentazione di idee amorevolmente coltivate, cresciute, portate a maturazione. qui noi diamo un assaggio di cosa può accadere in residenza e la risposta come sempre è di tutto. Però questa, per esempio, non sarà sede di pensosi talks e convegni e neanche non è una situazione accademico-critica oppure ancora di mercato per operatori. Non è una rassegna di Danza, con spettacoli compiuti, possiamo dire che sono danze, perché ci sono tutti gli elementi di una corporeità performativa anche di segno arty, site specific, ambientale e spesso sono ancora frammenti al grezzo su cui continuare a lavorare.
Soprattutto in questo caso, a parte che abbiamo coinvolto spazi interni ed esterni dei Teatri che, come sai, sono dotati di un parco di tipo fluviale bello e fresco e di una piscina seppure svuotata che crea la sua suggestione, questa è una programmazione che coinvolge tutto il Quartiere, in senso di collaborazione sinergica certo, ma anche dell’uso degli spazi appunto.
Come puoi verificare tu stessa già ora ci sono situazioni per l’appunto site specific come nel primo weekend, Michelle Sappa che sceglie di lavorare proprio sul tema dei disastri ecologici e dunque sul greto del fiume. Ci si arriva dal teatro in una sorta di piccolo trekking, ma la durata dell’azione in sé non supererà la mezz’ora. Gli artisti potrebbero essere anche stranieri e comunque non sono necessariamente della Regione. Molti sono italiani ma come spesso accade con la Danza contemporanea, qua da noi un tantino Cenerentola, fanno base all’estero. Conta comunque il meccanismo residenziale. Per il resto le generazioni sono diversissime, se pensiamo per esempio a Paola Bianchi e ad Aline Nari, rispetto agli altri. A questo proposito sottolineo però anche il fatto che Paola Bianchi, realizza uno spettacolo di danza dentro il teatro canonicamente se vuoi passarmi il termine, Mentre La Nari, abbraccia una dimensione ecosistemica, ma in chiave new age e spirituale con queste Danze del Silenzio. Tu mi dirai che è nella media degli spettacoli di danza stare in silenzio, ma evidentemente qui, coinvolgendo l’artista coreografa anche persone comuni, nel parco, il senso sarà un po’ diverso. Anche se non credo siano previste cose tipo incatenarsi agli alberi, tra Greta e Beuys, per dire. Nei boschi si sa, risiede tuttavia il Sacro. Però di più non so dirti e questo mi consente di tornare all’inizio del discorso. Ovvero che anche l’atteggiamento delle compagnie è diversissimo. Molti solo infine vogliono discutere, confrontarsi, chiedere recensioni, consigli etc. Altri arrivano e invece ti chiedono di essere messi in contatto con altri, vogliono capire tutto del contesto…. Certo è diverso per chi viene qui per la prima volta e chi invece magari ritorna. Insomma, si tratta di una palestra di flessibilità. Ma se ci pensi tutto è inscritto nel nostro essere…. Teatri di Vita, ovvero aperti alle visioni e linguaggi più disparati senza steccati particolari. Ed è così vero quanto ti sto dicendo, che ti segnalo subito l’intruso, ovvero lo spettacolo teatrale…Cinalli porta a bordo piscina una riflessione molto contemporanea e a misura di social giovanilisti sulla retorica mussoliniana e fascista. Cisternino invece è un ritorno e ci intrigherà con una riflessione sul concetto di “RE”, le roi, appunto. Chi oggi ha l’autorevolezza e il fasto di un re, se non qualche divinità pop? Cisternino ci fara entrare immersivamente nel mondo delle pop stars e ne vedremo delle belle.
Ringrazio Stefano Casi e passo ad un altro asse periferico, quello San Donato-Pilastro e naturalmente mi ricollego subito al discorso Festival, visto che questa programmazione composita Nel Limite sceglie di non fregiarsi del termine in questione e faccio quindi due chiacchiere con Bruna Gambarelli.
Come mai non avete colta anche voi del Dom, la palla al balzo di definire le vostre fatiche, che so, Festiva di Quartiere? Come mai anche, un titolo così ambiguo come nel Limite, molto meno esortativo di altre vostre titolazioni?
Il termine Festival ha perso smalto ultimamente perché si usura fuori dal campo dell’eccezione e della meraviglia: tutto è sempre festivaliero perdendo in rigore probabilmente. Ma non è una forma di snobismo che ci fa rigettare questa definizione applicata al nostro fare. Solo Onfalos storicamente è per noi il festival per l’infanzia. E la verità è che le nostre rassegne non sono festival. Tutto qui. Perché non abbiamo una forza d’apparato per creare un dispositivo di tante proposte, che poi oggi ci si aspetta sempre siano esperienze, immersioni a 360 gradi sotto ogni punto di vista. Questo è fuori dalla nostra portata e specialmente non essendo noi residenza. In compenso offriamo laddove c’è persino una certa dispersività, una centratura e una calibratura costanti. Un focus insomma. Hai ragione a dire che nel Limite non sembra contenere lo stesso slancio prometeico di Esagera!. Ma a ben vedere non indica solo una presa d’atto di inopia di risorse o mezzi, o un atto di umiltà, ma racchiude il senso di una sfida da onorare e di un luogo dove stare; sempre quello liminare, appunto. E se pensi quanto la territorialità ci sia cara da tempi lontani, comprendi che è un ribadirsi nella vocazione. Fare rassegne qui significa rileggere un quartiere, (a proposito del discorso riforma degli stessi). Le contraddizioni del Pilastro fondative e più recenti sono note. A cominciare da una piazza che non è tale, ma una sorta di parchetto, cosa che potrebbe essere anche una caratteristica interessante alquanto ma va ritarata sulle vie che ci sono intorno, però. Sulla storia del quartiere noi abbiamo lavorato molto da sempre e insieme ai cittadini, ma esiste un aspetto complesso che ha conseguenze nelle generazioni, ovvero la caratteristica urbanistica di avere per esempio la percentuale di edifici di edilizia popolare più alta della città. Se la media è di un cinque per cento, spalmate su tutti i quadranti, qui abbiamo un 39 per cento. Noi comunque abbiamo sempre avuto un rapporto molto stretto con la cittadinanza, con le nuove generazioni di origine straniera, con le donne e i bambini attraverso tante educatrici ottime che qui operano. Abbiamo sollecitato i cittadini a divenire archivio di sé stessi, abbiamo fatto televisione, cinema, raccolto fotografie, portato in centro gli abitanti, attivato le palestre, stretto contatti con la biblioteca, decostruito insieme agli altri tutte le narrazioni sul Pilastro criminale criminogeno, anche se è vero che lo spaccio si fa vedere anche qui. Proprio per questo, noi ci possiamo permettere di osare nelle nostre rassegne e mescolare le sfumature tra narrazioni popolari e partecipate con riferimenti culturali alti, perfettamente recepibili da tutti. Anche questo è uno stare nei limiti. Perciò si inizia il 5 giugno con un allestimento visivo, un concept ideato da Beatrice Bandiera, illustratrice based in Bologna: stiamo parlando del tema saracinesche abbassate, molto comune anche in Bolognina, sugli spazi commerciali Acer in particolare. Come sai qualche Natale fa, noi aprimmo piccoli temporary empori di quartiere in quei luoghi e adesso, per la durata del nostro non festival, metteremo i nostri uffici in uno di questi comparti. Ci saranno poi due spettacoli itineranti alle 15, sasso e alle 20, carta. Non mancano i laboratori teatrali, geometricamente titolati Perimetri. Lunedi 9, giornata in linea con quanto accade nei luoghi alti della Cultura, celebrando Berio, prima con un incontro pomeridiano e poi proponendo una parte concertistica, riproponendo Thema, ovvero un omaggio che il compositore rese a Joyce, che è una elaborazione elettroacustica della voce di Cathy Berberian su nastro magnetico e testi del grande autore irlandese. Seguirà un trombone solo eseguito da Antonio Sicoli. Infine, a corona del tutto, una installazione performativa. Tempo Reale- In naturale. Proseguiamo il dieci, nel parco delle Ada Negri, con Cappuccetto Nel bosco di Zaches Teatro, un entusiasmante gruppo toscano capace di rileggere le favole in un senso molto adulto e con vero slancio inventivo e barocco. Il 12 si prosegue con la nostra compagnia e il divenire degli studi che Febo sta portando avanti per completare poi uno spettacolo che debutterà in Arena alla prossima stagione. Il progetto si chiama Edifici, in omaggio alle gabbie, abitazioni, contenitori, metaforici e non che contengono tanto di vite resilienti, eroiche nella loro ordinarietà recalcitrante, non conforme, spesso incontenibile, che vorrebbe forse esulare dal limite e non può.
Omaggiare anche Simone Weil, dopo che le abbiamo fatto titolare il nostro giardino, giusto perché anche la toponomastica è importante, ci è parso doveroso. Siamo del resto stati contattati da due autori non bolognesi evidentemente molto informati e avveduti, Stefano Oliva e Roberto Paura, che ci hanno chiesto di presentare qui il loro volume Dieci idee per domani e noi arricchiremo il tutto con la lettura scenica. Un senso nuovo, ovvero tre lettere di Simone Weil. Radice Timbrica Teatro come all’inizio, narra poi il Quartiere il 17, di nuovo con allestimento visivo di Bandiera, con lo spettacolo itinerante Forbice, in cui prenderanno parola cittadini del quartiere. A questo proposito non perdetevi il dieci. Il film realizzato sul Pilastro con il nostro contributo, in concorso al Biografilm festival. Si chiude il 19alle 21 con Battiti, la nuova realizzazione coreografica di Simona Bertozzi e ci pare un degno suggello in qualche modo figurativo dell’insieme di stagione. Non nuoce dire che questi appuntamenti sono tutti gratuiti e rientrano negli accordi tra Mic e amministrazioni locali per lo spettacolo dal vivo nelle Periferie.
Ci congediamo da Bruna Gambarelli e andiamo a vedere le programmazioni di un luogo, che praticamente rispetto ai discorsi di quartiere fin qui fatti, assurge ad essere un non luogo, per la sua collocazione all’interno di uno dei parchi collinari più belli della città, ovvero quello di Villa Spada, ovvero stiamo parlando delle programmazioni dei 300 scalini, che sono estremamente ibridate, già per la provenienza biografica della Direzione artistica di Debora Binci e Mirco Alboresi, curatori del piccolo staff del teatro dei Mignoli, in fondo transfuga, in quanto attivatore di processi comunitari performativi dal contesto urbano da qualche anno, dopo diverse sperimentazioni in questo senso. Oggi ai 300Scalini in qualche modo, animato com’è da un popolo di volontari motivatissimi è davvero rispetto al consumo patinato delle nostre aree collinari, un luogo dove si coltivano Resistenze, sospesi tra Arte, Cultura, buon vivere e tutela ambientale al di fuori del circuito commerciale. Una scommessa difficilissima che ogni anno di più si complica per via delle varie forme di dissesto idrogeologico, atavica incuria e infine ora anche le minacce alluvionali. L’estate dei 300 inizia il 5 giugno e si ferma in una lunghissima tirata al 10 agosto, per offrire anche un servizio alla cittadinanza che per tante ragioni non può letteralmente scappare dalla città e dalle sue isole di calore infernali. Le programmazioni si spalmano settimanalmente dal giovedì al sabato con orario 18e30-mezzanotte circa, con un’acme spettacolare intorno alle 21. Raggiungere i 300 è già una pratica ambientalista, visto che in ogni caso l’ultimo tratto è percorribile solo a piedi e la linea bus 58 in ogni caso oltre ad essere sporadica non prevede orari notturni. Le programmazioni sono le più varie ed oltre ai 4 matinée primaverili e autunnali, curati da Roy Menarini per i cinephiles, comprendono numerose attività all’aria aperta, del reso siamo su un sentiero Cai, con ingressi a offerta libera o calmierati. Siamo del resto, come ci ricorda Binci, in un luogo un po’ partigiano, dove si resiste all’urto e si cerca di mantenere delicati equilibri territoriali o di spostarne altri in avanti. Qui ricordiamo esserci una cisterna per la raccolta e il riuso dell’acqua piovana, l’idea di supplire alla mancanza di rete fognaria con un sistema di filtraggio degli scarichi ad uso irriguo e concimatorio, qui esiste da secoli una piccola vigna che produce un ottimo vino del contadino, qui si fa il pane spesso in maniera comunitaria nel forno di pietra, qui tutti gli stuzzichini sono a chilometro zero. Si potrebbe fare tanto di più, ma è già moltissimo, che ci siano tante proposte interessanti in un arco temporale che se consideriamo le iniziative domenicali ecologiche e non solo previste per ottobre, è esteso ed intenso insieme. Per ora abbiamo avuto la Giornata figata di inaugurazione, festa mobile delle autoproduzioni e una serata di stand up. Sabato 14, Ci sarà appunto uno spettacolo gratuito, il Bosco parlante resistente, che ci esplicita bene il senso di questo andare sui monti non solo da smanie della villeggiatura ma con attitudine appunto resistente. Sabato 21 debutta finalmente Pinocchio mangia spaghetti alla bolognese di Collettivo crisi Collettiva, visto in forma di studio qualche edizione fa di Premio Scenario, ritratto pungente delle difficili condizioni esistenziali e materiali di una intera generazione e certamente lavoro che ci riserverà molte sorprese.
All’interno dei vari progetti, spiccano le programmazioni di InsOrti, da sempre una panoramica acuta e sveglia, su quanto di meglio si muove in un ambito di ricerca legato all’idea di innovare in un ambiente naturale. Quindi rivedremo qui Zaches Teatro che abbiamo appena lasciato al Pilastro con il suo Cappuccetto Rosso, avremo poi la performance immersiva di Ailuros, quello che manca, si prosegue con un nome assai noto come quello di Antonio Tagliarini, per anni legato al sodalizio con Deflorian, oggi appassionato di design del paesaggio e pertanto impegnato qui con questo progetto molto specifico e dall’enigmatico titolo di Pairadaeza. Si prosegue con la sinfonia acquatica di Ignazio Bortot, con la Cantadora di Agata Marchi, una autentica rivelazione attoriale. Questa Cantadora ci promette riflessioni sul famoso nodo della cura da sempre al centro del dibattito femminista. Ma può un ambiente arboreo farsi forse mancare un po’ di Teatro Danza? Certamente no ed ecco Iperbosco lab di CifraDanzaTeatro, per esempio che riporta ancora i temi del viaggiatore esploratore…a latere di tutto questo naturalmente trovano posto le degustazioni di vini, i concerti, le sonorizzazioni del parco, le proiezioni cinematografiche, o assemblaggi ludici di difficile catalogazione come la karaoke Tomato Ketchup da Torino : lo sfondo di tanto kitsch fisico e musicale programmato è sempre quello dell’orlo dell’abisso distruttivo in cui l’umanità si è cacciata, tema che ricorre anche in Under 30 bombe nemiche, spettacolo che si immagina una guerra nostrana nel qui ed ora. In tutto questo esiste uno spazio per sentimenti più intimi, meno declinati collettivamente? Naturalmente sì e stiamo parlando quindi di Cenere, rituali di addio a domicilio di Silvia Bandini, ovvero rituali domestici per storie d’amore finite. Barbara Baldini, propone una rivisitazione di teatro canzone ispirata al disco per l’estate e anche un Vogliamo anche le rose, che si definisce storie di Donne per donne e non solo, tanto per non buttar via la trasmissione d’esperienza. In tutto questo non possiamo non sottolineare la giornata del 19 luglio, dal titolo RI-Art, artiste e artisti per la pace e contro la guerra e il riarmo, iniziativa evento che vede insieme la ormai tradizionale collaborazione con Radio Città Fujiko, stavolta parte di un percorso artistico collettivo con artisti da tutta la regione e la significativa partecipazione di un’attrice autrice militante come Donatella Allegro. Una giornata importante, dai contenuti quanto mai cogenti. Giusto per ribadire però, l’assunto da cui spesso partiamo e in particolare per questo articolo: Fuori dal centro dei taglieri, c’è davvero tanta roba e forse si attivano lenti di lettura molto focalizzate. Quanto meno più di quanto si creda. Se tuttavia dobbiamo pensare ad un ambito in cui visioni biografiche e collettive, cronachistiche memorialistiche e storiche si intrecciano questo è l’ambito del festival Biografilm, che da geniale scommessa festivaliera appunto, per tornare da dove eravamo partiti, nel tempo ha saputo seminare e raccogliere collaborazioni, sinergie, dare e prendere slancio alla ER film commission, impostare un discorso di approfondimento manageriale e produttivo quale è la sezione interna al contenitore più vasto di Bio to B, dare rilievo allo sbuzzo famoso e alla voglia di fare tipicamente locali e a quanto pare virali visto che non è autoctono, ma bolognese per scelta Andrea Romeo. Romeo che ci aveva visto giusto con l’idea di una fidelizzazione costante e un attento dosaggio di ricambio al tempo stesso del pubblico delle sale a traino di un settore un tempo decisamente cenerentolo della cinematografia, quale la produzione documentaria. Co aveva visto altresì giustissimo con l’idea di cercarsi molte connessioni sovranazionali e festivaliere che gli permettessero di fondare una attività distributiva di culto e di eccellenza che si chiamava I wonder pictures, che poi parti effettivamente con il botto, distribuendo subito un vincitore di Oscar. Senza contare l’invenzione della mondanità confortevole e cocooning delle sale pop up che poi divulgano democraticamente nel corso dell’anno con molte serate tematiche che ci fanno riprendere il gusto persino del vituperato dibattito, il ricco bottino artistico e cognitivo raccolto nei mesi di scouting intensivo. Romeo da tempo ha lasciato la curatela diretta del festival e dopo varie fasi di assestamento ad oggi si è creato uno staff, che il compianto Boarini fece in tempo a conoscere e che vanta una solida e proficua relazione con L’attuale direzione Farinelli di Cineteca. L’istituzione culturale che tutto il mondo ci invidia. Ecco se penso a Biografilm mi vengono in mente tutte quelle belle cose tipo trasmissione di esperienza, crescita, implementazione, sedimentazione, intersezione che troppo spesso rimangono lettera morta e che qui trovano evidentemente un terreno ben arato e concimato per attecchire. La curatela del Biografilm è ora oltre ad uno staff longevo e organizzatissimo, ma nel contempo falange e famiglia, anche una direzione di genere come un municipio del Rojava e Massimo Benvegnu e Chiara Liberti sono i veri programmatori del festival che tuttavia sarebbe impossibile pensare senza tutti gli altri, a cominciare dall’efficientissimo e instancabile ufficio stampa per finire alla mitica e dedita tribù dei volontari del Guerrilla staff, forse future colonne portanti dello spettacolo e della cultura del medesimo in Bologna e non solo. Tanto per chiarire che in questa squadrona che lavora praticamente sempre con ritmi sostenutissimi; tuttavia, le persone sono al primo posto, in sede di conferenza stampa impariamo subito che non solo questa è la ventunesima edizione del festival ma che Chiara Liberti è in congedo maternità e che la nascita del suo primogenito è prevista proprio tra il sei e il sedici di giugno, durante la durata del festival. La conferenza stampa del Biografilm che comprende sempre apertura agli astanti e al contraddittorio e che, come vedremo, accoglie democraticamente le istanze e le esigenze di tutti, in particolare di eventuali utenze fragili, è un big event un po’ come quella di Santarcangelo e di fatto, apre le danze estive. Da qualche anno, oltre alle programmazioni nelle mega sale pop up, opportunamente condizionate, ci sono anche programmazioni e incontri nel suggestivo chiostro di Santa Cristina. La grafica dei materiali opuscolari del Biografilm è sempre un altro punto di forza accattivante deve contenere un elenco di finanziatori, supporter collaboratori e patrocinatori istituzionale e non da paura. Anche questa volta il risultato è centrato, con una copertina vagamente Arsenico e vecchi merletti e persino una clip con commento di musica elettronica che ne riprende gli aspetti visuals e fissa i punti focali: si tratta della famosa sigla del festival e giustamente è una consuetudine importante. Tra il bianco e nero sono le brevi note in incipit dell’opuscolo per la stampa e il senso ci verrà spiegato poi. Importante che rappresentante delle banche e di Hera, main sponsors siedano al tavolo con Benvegnu e con gli assessori alla cultura del Comune e della Regione. Orgoglio senza alcun pregiudizio il mood prevalente al tavolo e Benvegnu si commuove visibilmente del fatto che questa sia una intrapresa condivisa, oltre che un’idea felice e ben sviluppata. Tanta ufficialità non sembra scalfire tuttavia il senso politico che anche qui oggi bisogna dare e ribadire a tutto quello che si fa. La cronaca ci rimanda cose spaventose. Tenere alta la guardia bisogna in un festival che delle storie di vita, dell’ordinaria eccezione che ci parla dal micro di contenuti e istanze che poi stanno nel macro-collettivo ha fatto il suo vessillo da tempo. Benvegnu ci tiene a promuovere molto anche la cinematografia italiana e locale e a sottolineare che la tavolozza di Biografilm è molto ampia. un esercizio di democrazia applicata nel tener presenti le istanze politiche e sociali che provengono da più parti. Stili e linguaggi si adeguano a esprimere diversità e differenze di conseguenza. Conoscere la verità nell’era dei fake fondamentale, come proteggere il pluralismo. Inutile dire che stiamo ovviamente parlando di un vaste programme che è bene consultare in rete day by day per rimanere aggiornati e non perdersi nulla e soprattutto pre prenotarsi le proiezioni prescelte. Quest’anno ci sarà anche una sessione biograbooks, tanto per continuare ad approfondire le tematiche dei lavori visti e fare pedagogia a tutto tondo. Del resto, Bologna è la città che studia e che educa, come sappiamo e il nostro festival si presenta come un ricco palinsesto suddiviso in sezioni tematizzanti, omaggi, vite speciali, affondi particolari, rispecchiati del resto dalle attribuzioni dei vari riconoscimenti da parte delle giurie dedicate. L’omaggio principale che il festival fa quest’anno è al produttore Thomas Quinn, un altro asso pigliatutto tra Oscar e Palme. Tra le cose notevoli i ritorni d’affezione e quindi il finlandese e non poco originale Temu Nikki, con i suoi 100 litri di birra e l’ospitalità di Basel Adra che fresco vincitore dell’oscar per il miglior docu straniero, grazie alla sua rappresentazione anteriore al fatidico 7 ottobre, della costante pratica da parte dello stato di Israele di demolire interi insediamenti palestinesi, sarà contesissimo nei contesti attivistici cittadini. Naturalmente la competizione come dicevamo, la parte concorsuale comprende locale e internazionale. Abbiamo in tal senso sorprese da segnalare come Roberto Beani con il suo Il Pilastro, e chissà che non sia una rivelazione come lo fu per esempio a suo tempo Romina. Rivelazione ormai non è più Enrico Baraldi di Kepler 452, ma in questo caso sarà in concorso con l’opera filmica che ha costruito sulle vicende di due attrici ucraine rifugiate in Italia. Benvegnu mostra di essere assai ferrato sulle principali emergenze sociali e non solo geopolitiche … così ci ricorda anche il disagio giovanile e ci rammenta un altro lavoro dedicato al senso della militanza oggi, seguendo le vicende di un gruppo di liceali che ha l’dea che oggi suona vintage, ma sarebbe stata scelta di senso comune solo l’altro ieri, di iscriversi a Rifondazione comunista in una realtà contraddittoria e non proprio favorevole alle militanze ortodosse.
Insomma, anche stavolta il festival che si è già inaurato mentre scriviamo con un’opera dedicata alla biografia e al pensiero orwelliani promette nelle sue belle sale raffrescate, ma che comprendono anche il Modernissimo per le buone connessioni create di cui dicevamo, di farci dimenticare un po’ a tutte le ore le famigerate isole di calore già in agguato e che vincano, i numerosi migliori.