Dal badile al moschetto. Sulle alluvioni e altre calamità

di Lidia Maggioli e Antonio Mazzoni /
22 Maggio 2023 /

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Le immagini dei tanti giovani armati di scope e badili accorsi per liberare le terre romagnole dal fango e dai detriti, stridono pesantemente con la retorica bellicista di coloro che – La Russa e Salvini tra i primi – sollecitano per la gioventù italiana la reintroduzione del servizio militare in sostituzione del servizio civile.

È profondo, inoltre, lo sconcerto nel constatare che, di fronte alla necessità di reperire risorse per sanare le ferite provocate dal dissesto idro-geologico e mettere in sicurezza il fragile territorio italiano, e non solo quello dell’Emilia Romagna, a nessun politico sia venuto in mente di chiedere una riduzione delle spese militari cresciute vertiginosamente negli ultimi anni, ancor prima della guerra in Ucraina. Anzi, in Italia e in Europa si sta deliberando di distogliere una parte dei fondi PNRR per impegnarli nella produzione di un milione di proiettili richiesti dal presidente Zelenskj.

Del resto, la Patria è in guerra, come ben sanno i nostri governanti e i partiti che li sostengono, o fingono di opporsi ad essi. Vedi la nomina di Ignazio La Russa a seconda carica dello Stato, grazie a 17 voti dell’opposizione.

Perché stupirsi quindi del fatto che un giornale un tempo ritenuto di sinistra come La Repubblica, domenica 14 maggio abbia riportato con enfasi in prima pagina la paradossale affermazione di Zelenskj secondo la quale “Le armi italiane salvano vite”? Ovviamente il leader ucraino non rende omaggio solo a Giorgia Meloni, a Enrico Letta e a Mario Draghi, ma a tutti i politici – europei e non – che lo sostengono nella guerra contro Putin.

Il leader ucraino pare esente da dubbi a proposito della congruità della sua locuzione. A nostro avviso dovrebbe riflettere sul fatto che nonostante l’uso massiccio di armi impiegate dall’esercito ucraino a difesa dei suoi concittadini, tra questi si piangono ormai decine di migliaia di vittime, cioè di vite non salvate. Per non contare poi le migliaia di morti nel campo avverso. Ma quelli, si sa, non sono esseri umani, sono nemici.

L’umanità sta scivolando su una china pericolosa, un cammino a ritroso dove riscopre e valorizza feroci e primordiali codici di comportamento risalenti alla notte dei tempi e che si possono riassumere nella formula senza appello: Occhio per occhio, dente per dente. Se riduciamo i rapporti tra i popoli a brutali scontri militari, prevale il più forte e agguerrito, non necessariamente chi è dalla parte della ragione. Nel caso specifico, potrebbero vincere i russi che aggrediscono e non gli ucraini che si difendono.

Del resto, non è questo il codice a cui si è ispirato Vladimir Putin nel febbraio 2022 per invadere l’Ucraina, Stato sovrano, membro delle Nazioni Unite? E agli stessi sbrigativi principi non si sono forse uniformati nel 2003 George Bush e Tony Blair quando, adducendo menzogne e falsi pretesti, hanno liquidato il leader iracheno Saddam Hussein?

Troppi sarebbero gli esempi che confermano la deriva verso il bellum omnium contra omnes di hobbesiana memoria. Uno in particolare ci ha colpito per il cinico messaggio che trasmette alle nuove generazioni. Ci riferiamo alle parole usate alcuni anni fa da Donald Trump quando propose testualmente di armare gli insegnanti per fronteggiare incursioni sempre più frequenti e sanguinose nelle scuole americane da parte di cittadini paranoici, a cui è legittimamente consentito di equipaggiarsi come membri di truppe d’assalto. Anche in questo caso, secondo il presidente americano, si sarebbero salvate vite umane.

Sgomenti di fronte a tanta sfrontata esaltazione della violenza, ci chiediamo se veramente i popoli e i governanti del Duemila non siano in grado di trovare altri metodi e altre strategie per salvare le vite umane in un mondo globalizzato e sempre più interconnesso, esposto a crisi climatiche e pandemiche devastanti, con migrazioni disperate e incontenibili di popoli in affanno, travagliati da conflitti rovinosi.

Nel 1945, una classe di governanti scampata alla IIˆ Guerra Mondiale e preoccupata per il futuro dell’umanità, promulgava lo Statuto dell’ONU il cui incipit – allora universalmente condiviso – dovrebbe essere scolpito in tutte le piazze del mondo e interiorizzato nella mente di ogni abitante della terra.

Noi popoli delle Nazioni Unite, decisi a salvare le future generazioni dal flagello della guerra, che per due volte nel corso di questa generazione ha portato indicibili afflizioni all’umanità…intendiamo unire le nostre forze per promuovere la pace e la sicurezza internazionale.

Dimentichi dell’impegno solenne sottoscritto dai loro predecessori in anni non lontani, i politici che attualmente ci governano hanno soppiantato l’ONU con club elitari privi di legittimità democratica.

 Si tratta di sodalizi esclusivi con denominazioni apparentemente innocue quali G7, G8 e G20, frequentati dai Governi più potenti del mondo, fra i quali ormai le distinzioni ideali tra destra e sinistra sono purtroppo impercettibili. Governi incapaci di sottrarsi alla logica amico/nemico e assolutamente inadeguati ad affrontare e risolvere pacificamente con il confronto e la trattativa i problemi vecchi e nuovi che travagliano oggi l’umanità. Dovrebbero tornare con umiltà alla sede delle Nazioni Unite, disponibili a sciogliere il nodo non più eludibile della riforma del regolamento che attribuisce il diritto di veto alle cinque nazioni che sconfissero il nazismo. Sarebbe un segnale di autentica democrazia all’interno di un’Assemblea di popoli diversi ma tutti uguali in ordine al diritto fondamentale che va riconosciuto a ogni essere umano: vivere un’esistenza dignitosa e pacifica.

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