La primavera delle occupazioni. Dopo le Rubbiani un paio di settimane fa, l’altro giorno è toccato al Minghetti che dopo un’assemblea ha appeso lo striscione con su scritto «Minghetti occupato» e chiuso lo storico portone di via Nazario Sauro agli estranei; si sono uniti all’ondata di protesta anche il Copernico e il Sabin. È nell’aria, e potrebbe essere questione di poco, anche l’occupazione delle Laura Bassi.
C’è un filo conduttore in queste ultime occupazioni: non sono fatte contro i docenti. Al Copernico gli studenti dopo aver annunciato alla preside Fernanda Vaccari che avrebbero occupato, hanno mandato una lettera ai prof: «Non occupiamo contro di voi. Anzi, siamo convinti che le motivazioni della protesta possano in buona parte essere condivise anche da voi docenti e che questo possa creare un senso di collaborazione e solidarietà con gli studenti occupanti». Non solo, gli studenti lasciano nella loro lettera la possibilità ai docenti di organizzare attività che non siano didattiche e chiedono un momento di dibattito con loro: «Qualsiasi vostra proposta sarà accolta con favore». Eppure, prof a parte, anche gli studenti del Copernico, come quelli del Minghetti, percepiscono la scuola «come una vera e propria gabbia», hanno scritto nel loro manifesto. «Siamo costretti — hanno messo nero su bianco ieri i ragazzi e le ragazze del «Cope» — a subire numerose contraddizioni in un luogo sempre più dimenticato dal nostro governo; denunciamo il fortissimo disagio psicologico che subiamo all’interno delle mura scolastiche». E poi denunciano i finanziamenti alle industrie belliche e «un modello di Pcto (l’alternanza scuola-lavoro, ndr) che precarizza e uccide gli studenti». Per ora è tranquilla la dirigente Vaccari: «Abbiamo concordato alcune forme di sicurezza e di sorveglianza, indicato quali locali tenere chiusi e ho dato il mio cellulare ai rappresentanti, dovessero aver bisogno».
Al Sabin
Lo striscione dell’occupazione è stato calato anche dalle finestre del liceo Sabin. Gli studenti e le studentesse esprimono anche qui un disagio per una scuola che non li rappresenta. «Vogliamo riappropriarci dei nostri spazi e dei nostri tempi che sono da troppo tempo ignorati e calpestati, viviamo la scuola come una costrizione — hanno scritto nel manifesto di occupazione — e questo nostro atto è una rivendicazione verso un sistema scolastico che non soddisfa più le esigenze di una società dinamica come quella di oggi e che dovrebbe formare persone consapevoli piuttosto che contenitori riempiti di informazioni». Ed ecco anche da parte loro la mano tesa ai docenti: la scuola, scrivono, «è un’impalcatura pericolante che rimane in piedi solo grazie al lavoro estenuante che i docenti si trovano costretti a svolgere abbandonati dalle istituzioni».
Il disagio del Minghetti
Al Minghetti, dove l’occupazione è iniziata martedì, il servizio d’ordine è impeccabile, così come lo sono regole di condotta che gli studenti si sono dati per tenere con cura il loro liceo: «È un luogo a noi caro — hanno scritto — e non deve essere in nessun modo danneggiato o sfregiato». Anche qui gli studenti manifestano un disagio profondo che va oltre alle questioni scolastiche. Lo spiega bene il dirigente, Roberto Gallingani: «Sono venuti da me e mi hanno detto che la cosa più importante per loro era mangiare e dormire insieme, hanno un disagio e vogliono essere più visibili. La scuola probabilmente dovrebbe essere più in contatto con la vita, avvertono uno scollamento e sono preoccupati per il futuro». Anche al Minghetti l’occupazione non è contro i prof: «I ragazzi — spiega il preside — hanno bisogno di sentirli vicini anche se hanno occupato, dobbiamo ascoltarli». Perché hanno sempre qualcosa da dire e da dirci.
Questo articolo è stato pubblicato sul Corriere di Bologna il 30 marzo 2023