Il lavoro deve essere sicuro #4. L’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni e le malattie professionali (parte prima)

di Maurizio Mazzetti /
23 Dicembre 2022 /

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Nei precedenti articoli su infortuni sul lavoro (QUI), malattie professionali (QUI) e infortuni legati alla circolazione (QUI) si è chiarito cosa sono, e si sono illustrati alcuni dati tratti dal portale dell’Istituto assicuratore, cioè in Italia l’INAIL, – Istituto Nazionale di Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro (le malattie professionali, pur tutelate, spariscono anche della sigla …). L’INAIL è un Ente Pubblico Non Economico, analogamente al suo cugino di maggiori dimensioni INPS, con un proprio bilancio, proprio personale e propri organi; della struttura e funzioni si parlerà più diffusamente in un prossimo articolo. Per il momento ci si limita a dire che gestisce, per legge, l’assicurazione obbligatoria in oggetto, che trova la sua fonte normativa principale nel più volte citato Testo Unico DPR 1124/1965.

La suddetta assicurazione presenta alcune caratteristiche sulle quali invito ad una riflessione, sia perché date per scontate o viceversa non sempre conosciute, sia perché tipiche di un modello di gestione dell’assicurazione che, per quanto percepita come indispensabile prima socialmente che economicamente, almeno in Europa, presenta diversi modelli di gestione. Cercando di limitare all’indispensabile i tecnicismi, in questo articolo si illustreranno le nozioni di base su come funziona questa assicurazione; ad un successivo articolo alcuni approfondimenti sui punti critici.

  1. Pubblicità dell’assicurazione – In Italia è svolta dall’INAIL attraverso quello che si definisce un monopolio legale, il che significa che comunque la gestisce l’INAIL e non può essere sostituita da altre assicurazioni svolte da altri soggetti. Non sono vietate forma integrative, analoghe ai fondi pensione privati o comunque di diritto privato; ma le sue caratteristiche rendono rare e comunque solo integrative altre forme. Si vedrà poi che l’INAIL non è, in ogni caso, una mera assicurazione, svolgendo anche altre attività, preventive, di studio e ricerca, riabilitative, di studio, diverse dall’assicurazione, assicurazione che ovviamente interviene solo a posteriori. Ed è stata tanto efficace dal comunicarle (anche al di là del loro effettivo peso sul complesso dell’attività) tanto da ingenerare, non solo tra il chiamiamolo pubblico (spesso), ma anche tra gli addetti ai lavori (talvolta …), l’errata convinzione che l’INAIL si occupi ed abbia poteri e competenze, in particolare di vigilanza, in materia di prevenzione e sicurezza sul lavoro.
  2. Obbligatorietà dell’assicurazione – l’assicurazione è obbligatoria nel senso che nasce, come dicono i giuristi, ex lege, automaticamente in presenza di due presupposti fissati dal Testo Unico, cioè) 1) l’esercizio di attività lavorative, o assimilate per la giurisprudenza e normativa successive, identificate come rischiose 2) il loro svolgimento da parte di soggetti, con rapporti di lavoro dipendente, autonomo, parasubordinato, individuati ancora dalle norme; quindi, attenzione, non tutti coloro che svolgono attività lavorative rischiose sono assicurati, il che è il primo punto critico di questa assicurazione.  La volontà dei datori di lavoro e dei lavoratori non conta, non viene firmato alcun contratto con l’INAIL; normalmente il rapporto assicurativo nasce da specifiche comunicazioni che i datori di lavoro sono tenuti a fare all’INAIL prima dell’inizio dell’attività rischiosa – detta anche tutelata, o protetta -, con sanzioni amministrative e civili (cioè pecuniarie) se non fatte. L’INAIL ricevuta la denuncia apre una posizione (se ci sono i requisiti di legge, come si vedrà in seguito …), determina e poi riscuote i premi da pagare (normalmente annualmente, sia pure rateabili), indennizzerà in seguito gli eventi lesivi. Il concetto di attività rischiosa, evolutosi nel tempo ma non sempre coerentemente con le modificazioni tecnologiche ed organizzative delle attività produttive, costituisce un secondo punto critico.
  3. Assicurazione a carico esclusivo dei datori di lavoro – il pagamento dei premi (“premi” è il termine esatto, trattandosi di una assicurazione, anche se il linguaggio legislativo, ad esempio nelle Leggi ex finanziarie oggi dette di stabilità, normalmente li ricomprende nei “contributi” previdenziali, e con analogo trattamento) è ad esclusivo carico dei datori di lavoro: cioè, ferme restando le necessarie attività rischiose di cui al punto 1, di chi, persona fisica o giuridica, ha personale dipendente addetto alle attività rischiose di cui al punto 1, oppure degli stessi lavoratori autonomi (artigiani e coltivatori diretti, che pagano per sé stessi e per i propri collaboratori familiari, oltre che per eventuali dipendenti). Per quanto possa sembrare strano, è invece diffusa opinione tra i cittadini, nonché tra gli infortunati lavoratori dipendenti, che siano essi stessi a pagare l’assicurazione INAIL, almeno in parte, analogamente a quanto accade con i contributi previdenziali versati all’INPS; e con le immaginabili lamentazioni ogniqualvolta non si ottenga quanto ritenuto dovuto …. Per i lavoratori cosiddetti parasubordinati, cioè i collaboratori a progetto, il premio è per due terzi a carico del committente e per un terzo a carico del collaboratore (lo versa in ogni caso il committente). A carico dei datori di lavoro è poi tutta la gestione del rapporto assicurativo (comunicazione, pagamenti, contenzioso, richieste ecc.), gestione di solito svolta attraverso intermediari a ciò abilitati per legge (consulenti del lavoro, commercialisti, per lo più).
  4. Automaticità delle prestazioni: le prestazioni per i lavoratori dipendenti e per i parasubordinati prescinde dal pagamento dei relativi premi da parte del datore di lavoro o del committente; quindi, vengono erogate anche se datore di lavoro o committente non hanno pagato i premi dovuti (non hanno pagato nulla, o hanno pagato meno del dovuto, o pagano in ritardo rispetto ai termini di legge). Per i lavoratori autonomi, invece, il pagamento nella misura esatta di quanto dovuto è indispensabile per ricevere le prestazioni, e se non c’è stato, nulla viene erogato, almeno dal punto di vista monetario. Nei fatti, quando si infortuna un lavoratore autonomo, l’INAIL controlla la sua posizione e se non è in regola coi pagamenti, lo invita a farlo, e solo una volta che la situazione è regolarizzata, eroga le prestazioni. Ma, attenzione, non è sempre stato così: fino alla metà degli anni ’90 del secolo scorso si erogava comunque, e il premio veniva richiesto alle normali scadenze; ciò ovviamente offriva il destro a comportamenti illeciti, sicché la prassi fu interrotta. Ad un famoso, in passato, uomo politico si attribuisce la frase che a pensar male si fa peccato ma spesso ci si prende; ora, al suddetto cambiamento della prassi successe, poco tempo dopo, il ricorso di una associazione nazionale di categoria dell’artigianato alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea contro il monopolio INAIL nella gestione dell’assicurazione infortuni, ricorso che la Corte peraltro respinse (fortunatamente, per i lavoratori, ma mi sento di affermare anche per i datori di lavoro stessi). In estrema sintesi, il ricorso fu respinto in quanto la Corte riconobbe che si tratta(va) di una assicurazione sociale senza scopo di lucro, con eventuali utili reinvestiti nell’assicurazione stessa, caratterizzata dai principi di automaticità delle prestazioni e di solidarietà (quanto non pagato dai  datori di lavoro inadempienti si spalma su tutti gli altri che sono in regola), e che svolge anche attività non assicurative in senso stretto, di cui si dirà oltre, quali diagnosi e cura, assistenza protesica, riabilitazione (e, aggiungo, oggi anche reinserimento sociale e lavorativo), tutte gratuite; per l’elenco  https://www.inail.it/cs/internet/attivita/prestazioni/prestazioni-economiche.html
  5. Irrinunciabilità ed indisponibilità delle prestazioni – il corollario di quanto detto sopra è che le prestazioni INAIL sono irrinunciabili, cioè non si possono rifiutare, né possono essere oggetto di trattativa (sono quelle fissate dalle norme, né più né meno) né cedute a terzi, usate come garanzia eccetera. Quelle da danni permanenti, cioè le rendite periodiche, passano agli eredi, come definiti dalla legge, in caso di morte del titolare, con suddivisione tra gli eredi stessi in quote pure fissate dal Testo Unico.
  6. Tutela indennitaria e prestazioni non monetarie– Diversamente da una comune assicurazione privata, al verificarsi di un evento dannoso l’erogazione monetaria INAIL non costituisce un risarcimento, ma un indennizzo. Tagliando con l’accetta i tecnicismi, il risarcimento, come da Codice civile (articolo 12…) è proporzionale al danno e copre sia il cosiddetto danno emergente, cioè la diminuzione patrimoniale, sia il cosiddetto lucro cessante, cioè la perdita di possibili guadagni futuri in seguito all’evento dannoso. Quello INAIL è invece un indennizzo, cioè una prestazione riparatoria non necessariamente o non interamente proporzionale, che consiste:
  7. Nella cosiddetta Indennità per inabilità temporanea assoluta, – ITA – pari al 60% della retribuzione/compenso mensile percepito dai lavoratori dipendenti e parasubordinati per i primi tre mesi di inabilità al lavoro (a quello specifico lavoro, non generica, che poi aumenta al 70% (quasi tutti i contratti collettivi integrano la differenza con lo stipendio; i dipendenti pubblici continuano ad essere retribuiti integralmente),
  8. una erogazione una tantum per danni permanenti dal 6% al 15% per il danno biologico (cioè qualsiasi menomazione dell’integrità psicofisica, anche se ininfluente sulla capacità lavorativa);
  9. una rendita periodica mensile, trasmissibile come si diceva agli eredi, proporzionalmente crescente alla gravità della menomazione a partire dal 16%, e che indennizza sia il danno biologico, come definiti sopra, sia la diminuzione della capacità di lavoro e quindi di guadagno. Si applicano peraltro parametri statistici che tengono conto di età e sesso (le donne statisticamente vivono più a lungo, quindi più a lungo sarà pagata la rendita …). La rendita è calcolata sulla retribuzione annua di chi ha subito l’infortunio, entro limiti minimi (per retribuzioni troppo basse) o massimi stabiliti annualmente; ove non c’è una retribuzione fissa, e in tutti casi in cui le retribuzioni non sono calcolabili, come per i lavoratori autonomi, si applicano importi convenzionali intorno al minimale di rendita stabiliti annualmente per decreto ministeriale. Gli importi del danno biologico e delle rendite sono periodicamente rivalutati; gli importi percepiti come ITA vanno inseriti nella dichiarazione dei redditi, dalla quale sono invece escluse le rendite.

Attenzione, ciò significa che esiste una quota di danno che l’assicurazione obbligatoria INAIL non copre, detto danno differenziale, nelle sue varie tipologie (danno morale, danno da perdita di opportunità, alla vita di relazione, psicologico, e via enumerando ed estendendolo a familiari, conviventi ecc.); e ciò con importanti conseguenze in tutti gli infortuni che accadono sulla strada (in occasione di lavoro e/o in itinere), stante la contemporanea vigenza dell’assicurazione obbligatoria per responsabilità civile per la circolazione di veicoli. E questa quota di danno differenziale deve però tener conto, nei suoi due elementi costitutivi, cioè il danno emergente ed il lucro cessate, di quanto l’indennizzo INAIL vi abbia già inciso.

Il sistema è equo ed efficiente? Qui incontriamo il terzo e il quarto punti critici. Quanto all’equità, gli importi degli indennizzi, per l’inabilità temporanea assoluta e per le rendite, in quanto legati alle retribuzioni, riproducono la frammentazione, anche locale, del mercato del lavoro e quella che in passato alcuni definivano “giungla retributiva”, anche se il fenomeno è temperato dall’esistenza di importi minimi (che definisco robusti) e massimi, come dicevo ritoccati annualmente: ad esempio, l’ultimo Decreto Ministeriale del settembre 2021 li fissa da un minimo di 17.448,90  ad un massimo di 32.405,10 euro, ricordo netti perché non soggetti all’IRPEF. E non ci si meravigli dell’esistenza dei massimi, perché per anni, fino al Decreto Legislativo 38del 2000, il personale con qualifica dirigenziale (con retribuzioni spesso incomparabili a quelle degli altri lavoratori, anche se con minor diffusione dei bonus variabili oggi sempre più diffusi e proporzionalmente importanti) non era assicurato, come non erano assicurati gli sportivi professionisti: e si provi ad immaginare a quanto ammonterebbe, in assenza di un massimo, la ITA per questi ultimi (sono poche le federazioni sportive con un settore professionistico, cinque nel 2000, ma tra esse c’è anche il calcio). Quanto al danno biologico, sia quello pagato una tantum sia nella parte che confluisce nella determinazione della rendita, per il dettaglio degli indennizzi e al valore del singolo punto di inabilità non posso che rinviare alle Tabelle, già allegate al D. Lgs 38/2000 e poi periodicamente rivalutate. Però le tabelle INAIL sui danni permanenti, in primo luogo, valutano il singolo danno (esempio, perdita di un dito) in maniera diversa da quelle INPS per l’invalidità civile, nonché da quelle, di origine giurisprudenziale, applicate dalle assicurazioni per i danni di origine non lavorativa, o per gli infortuni da circolazione sul danno differenziale da risarcire. L’ANMIL (Associazione Nazionale Mutilati e Invalidi del Lavoro) ha ripetutamente messo in risalto l’opportunità, quando non la necessità, di un innalzamento degli indennizzi, e di una revisione del meccanismo di rivalutazione che in effetti negli anni non sempre funzionato con la regolarità automatica prevista dalla normativa: e oggi assistiamo ad una ripresa dell’inflazione che non potrà non avere effetti sul valore, monetario e reale, degli indennizzi stessi.

La richiesta dell’ANMIL, che a mio giudizio non è supportata efficacemente dalle Organizzazioni sindacali (tutte …) al di là di qualche flebile presa di posizione, si basa sul fatto che la gestione assicurativa INAIL è efficiente ed in attivo (come la legge prescrive, trattandosi di un Ente pubblico non economico), cioè copre i costi e produce un attivo reinvestito nei fini statutari dell’ente. Le spese di funzionamento rispetto alle dimensioni del bilancio stanno intorno al 3, 4%, ogni anno,  gli attivi sono reinvestiti o giacciono presso la Tesoreria Unica pubblica presso la Banca d’Italia (di cui l’INAIL possiede il 3%, cioè il limite massimo consentito ad un singolo soggetto), e lo Stato se ne serve per il suo funzionamento; solo una parte residuale viene lasciata all’INAIL per gli investimenti nella propria attività, cosa che le organizzazioni sindacali, nonché i vertici dell’INAIL stessa, hanno spesso contestato. Ma investiti come? In parte, trattandosi pur sempre di una assicurazione, nelle cosiddette riserve tecniche, cioè essenzialmente investimenti immobiliari, oggi però non più abitativi (anche se il patrimonio pregresso resta di tutto rispetto), ma destinati a fini di utilità sociale: scuole, università, edifici pubblici (anche caserme), strutture sanitarie. L’altra parte va negli interventi di studi e prevenzione, nonché di cura, riabilitazione e reinserimento di infortunati e tecnopatici di cui accennavo prima. Fino al 2000, si diceva che le rendite fossero pagate dalle riserve e le ITA dai premi; vedremo che oggi si va piuttosto verso un sistema a ripartizione, analogo a quello INPS, in cui tutto è pagato piuttosto dai premi. In ogni caso, è inoltre indiscusso principio assicurativo che una qualsiasi assicurazione funziona tanto meglio quanto più il rischio è ripartito su un maggior numero di soggetti: è quindi evidente che una assicurazione obbligatoria che copra tutti i soggetti che hanno rischi è massimamente efficiente ed efficace.

Ma come realizza l’INAIL questo attivo? In estrema sintesi, l’assicurazione INAIL funziona basicamente come ogni altra assicurazione: quanto più alto è il rischio, tanto maggiori sono i premi. Le attività rischiose sono mappate e classificate, e per ciascuna di esse è calcolato un tasso base di premio da pagare annualmente, tasso che (sono fissati limii minimi e massimi per i tassi base, da un minimo di 4 per mille per le attività  di ufficio ad un massimo del 110 per mille ad esempio per l’edilizia) oscilla secondo il normale principio bonus malus: nella singola azienda quanti più infortuni e malattie professionali si verificano rispetto alla media per quel tipo di attività svolta, tanto più tale tasso cresce (entro una percentuale massima); e all’inverso cala se sono inferiori alla media. Esistono poi altri meccanismi di oscillazione di detto tasso, di cui parleremo in seguito. Ciò che intendo sottolineare ora è che tale meccanismo non è universalmente conosciuto, e in passato più volte è toccato udire qualche politico sostenere che l’assicurazione INAIL andava riformata introducendo meccanismi di bonus malus … ma ciò significa che il sistema si mantiene automaticamente in equilibrio, perché al crescere complessivo delle prestazioni cresce l’importo dei premi, e viceversa; e i tassi massimi sono, come vedremo, in costante discesa negli ultimi decenni. E che quindi una riduzione degli infortuni e delle malattie professionali giova economicamente, anche alla singola azienda: il bonus malus è di per sé un fattore propulsivo per la prevenzione. Per quanto imprescindibile, non è certo sufficiente, come sostiene invece qualche pasdaran delle privatizzazioni in generale, compresa quella dell’assicurazione infortuni (da ultimo l’Istituto Bruno Leoni, think tank del pensiero neoliberista nostrano). Secondo questa tesi, un bonus malus accentuato e selettivo basterebbe ad indurre le aziende ad investire adeguatamente in prevenzione, fino a ridurre drasticamente gli infortuni: ma non tutti gli investimenti sono possibili/sopportabili per una singola azienda, ed un malus troppo accentuato l’azienda la rovina anziché incentivarla. Al contrario, l’ampia platea di aziende assicurate all’INAIL consente meccanismi di solidarietà interni praticabili in quanto è un’assicurazione sociale: per restare all’esempio fatto sopra, l’azienda edile, se si dovesse assicurare da sola, pagherebbe ben più del 110 per mille, ma una parte del suo rischio è coperto dallo studio professionale che paga il 4 per mille e probabilmente potrebbe pagare anche meno. Negli ultimi decenni periodicamente si sono alzate voci che invocavano privatizzazione e liberalizzazione dell’assicurazione, asserendo più efficiente ed efficace un sistema affidato interamente al libero mercato (senza tacere, ma sottovoce, delle opportunità di utili per le assicurazioni private …). Ma si sono presto spente, perché la maggior efficacia ed efficienza dell’attuale sistema pubblico, imperniato sull’INAIL, pur nel suo impianto datato, resta preferibile, come riconosciuto anche dalle organizzazioni datoriali. Ma di tutto ciò, ad un prossimo articolo.

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