Mondiali di calcio, una storia ripetitiva da cui non impariamo mai niente

di Silvia R. Lolli /
19 Novembre 2022 /

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Queste riflessioni non sono relative alla Grande Storia, ma solo a quella minore e più specifica dello sport. Tuttavia, riprendendo le analisi critiche dovremmo ricordare ciò che il sociologo Hobermann scrisse decenni fa sull’uso politico dello sport, nel libro Politica e sport, [Il Mulino,1984]. Oggi, 16 novembre 2022, siamo in spasmodica attesa dei campionati mondiali di calcio che si svolgono in Qatar. Anche senza la nazionale italiana avranno un’ampia comunicazione per la nostra RAI che da giorni pubblicizza sullo schermo, a tutte le ore, il countdown dell’avvenimento.

Fortunatamente qualche voce giornalistica critica si leva e mette bene in luce ciò che fin dalla scelta FIFA (organo mondiale del calcio che decide tutto, cioè la Federazione delle Federazioni calcistiche del mondo) del 2010 sta dietro questa scellerata decisione anche per la salute degli stessi atleti: corruzione e tanti soldi per un calcio mondiale cresciuto e sempre più alla ricerca di soldi.

Dietro a tutto ciò però ci sta l’ampliamento del potere in Occidente di questo minuscolo stato medio orientale, ricchissimo per la fortuna di stare su un territorio che pompa petrodollari in continuazione e per il fatto che ancora non vogliamo ancora renderci autonomi da questa fonte fossile! Così il suo fondo sovrano acquista, oltre a tanti altri beni in Europa e nel resto del mondo, il Paris Saint Germain; proprio grazie a questa operazione in Francia c’è l’avallo di Sarkozy e Platini (componente UEFA). Una squadra che, oggi si scopre, assolda troll per attaccare i nemici, cioè coloro che non vogliono più giocare lì. È lo stesso trattamento denunciato dall’ex procuratore Di Campli del giocatore Marco Verratti del PSG (vedi puntata Report del 14/11/22) che non può esser libero di accettare un contratto dal Barcellona.

Quale è oggi dunque l’utilizzo della sentenza Bosman del 1990 fra i professionisti, cioè i lavoratori del calcio in Europa? Come l’Europa, culla dei diritti umani si contrappone a questi poteri? Tutto è concesso in nome dell’economia e della finanza, si vede bene con lo sport, in calcio in primis. Il bisogno del capitalismo occidentale che è cresciuto nell’ultimo secolo anche grazie alla colonizzazione economica delle sue multinazionali petrolifere nel mondo è sempre quello di abbandonare etica, diritti umani per far vincere il mercato sempre più oligopolistico o monopolistico.

Questo bisogno può essere comparato con quello che prima delle Olimpiadi del 1936 aveva il mondo e che gli organizzatori CIO, in primis De Coubertin prima della morte, non volevano vedere: l’utilizzo dello sport a fini politici. Allora era la rassicurazione che l’espansione del regime nazista (e con lui anche di quello fascista e franchista) e il razzismo verso ebrei, disagiati, omosessuali non potessero essere veri. Potremmo dire oggi si volevano far considerare fake news diffuse da chi disprezzava Hitler, messo al potere dalla maggioranza di tedeschi che avevano bisogno di migliorare le loro condizioni economiche dopo la Grande Guerra con le sanzioni di politici che avevano fatto fino a pochi anni prima un devastante colonialismo nel mondo!

Anche il fascismo, che promosse lo sport, soprattutto il calcio divenuto una valvola di sfogo di masse di tifosi acclamanti i campioni vincenti nelle competizioni mondiali dell’epoca, arrivò al potere con le elezioni.

In Qatar l’emiro comanda per successione e non per elezione e fa valere i dogmi religiosi contro le libertà, scagliandosi contro la comunità LGBT+ e sottomettendo i lavoratori stranieri e le donne. Sono poche e sostanziali differenze rispetto al 1936, oltre a quella delle finalità economiche che il sistema calcistico mondiale, in un momento di fortissima crisi, deve cavalcare. La propaganda c’è sempre e i divieti anche. La crisi della FIFA ha così il sopravvento; è l’organismo sovranazionale che propaganda come fa il CIO i valori positivi (per esempio il fair play) che nella realtà odierna si scontrano con i diritti umani, compresi i diritti dei bambini al gioco (Unicef).

Questi mondiali di calcio, come propone il Fatto Quotidiano (Zuliani, Vendemiale novembre ’22) non dovrebbero essere raccontati. Certamente è importante per noi, ma è ciò che si chiede anche in Qatar, perché i giornalisti sono sottoposti a super controlli e possono parlare solo di questioni strettamente calcistiche. È il divieto ad avere una libertà di stampa, altro principio di diritto di cittadinanza fondamentale per noi.

Concordo che questi mondiali, come molte altre manifestazioni sportive, non dovrebbero essere neppure visti. Si continua a dare eco ad un sistema che è alla frutta e che sta implodendo. Inoltre è un sistema fuori dal tempo, perché non aiuta certo la transizione ecologica, anzi depaupera ancora risorse consumando e producendo all’infinito CO2; che si dice dei mega stadi costruiti nel deserto in cui si sprecano le risorse energetiche per il raffreddamento e per avere i dissalatori per l’acqua potabile? Da parte di chi vuole politicamente combattere queste limitazioni democratiche e la crisi climatica ci deve essere la capacità di fare una campagna di boicottaggio verso uno tipo di sport che ha perso tutti i suoi valori. Non credo che ne saremo capaci in molti. Però sarebbe bello scoprire deficit di bilancio sperando che portino all’azzeramento di strutture obsolete. Invece, potrà essere chiamato ancora ad appianarli il Qatar, o altri come già la Russia nel 2018 o, in futuro, gli Emirati Arabi e l’Arabia Saudita (si veda a questo proposito il circo della Formula 1, con gare da anni in questi luoghi). Così si invaderà ancora l’Europa dei diritti, il circo sportivo non deve finire, è quello che permette lavoro a molti purché non informino sui diritti in certi paesi e si considerino non professionisti, ma schiavi del sistema. Intanto la nostra informazione, già disastrata sarà mantenuta e rafforzata dal consenso mediatico imposto da chi mette soldi. La strada per togliere completamente la libertà d’informazione (art. 21 Cost.) è breve e la propaganda anche sportiva, che diventa politica e sport può accelerare la transizione che purtroppo non è ecologica.

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