Immaginare una scuola che guarda al futuro
- di Franco Lorenzoni
- / 21 Luglio 2022
- / Scuola

Terminata la quinta primaria una bambina di Firenze non riesce ad allontanare da sรฉ lโidea del suicidio e i genitori, colti di sorpresa, non sanno come comportarsi. Il numero di adolescenti ricoverate per casi gravi di anoressia o bulimia e di ragazzi seguiti piรน o meno adeguatamente dai servizi di igiene mentale sono aumentati di oltre lโ80 per cento. Dilagano forme di depressione e rifiuto di ogni contatto con il mondo esterno.
Non credo si abbia ancora unโadeguata percezione del livello di gravitร della sofferenza in cui vive un gran numero di ragazze e ragazzi, e spesso sono i piรน sensibili e profondi a cadere in stati di sofferenza insopportabili. Le responsabilitร di noi adulti sono grandi e stanno sottraendo senso alla vita dei piรน giovani, avvilendo il loro immaginario. Stiamo erodendo la loro speranza di futuro senza darcene conto. Sono cinquantโanni che il surriscaldamento globale รจ unโevidenza scientifica, ma non siamo stati capaci di imporre per tempo nessuna scelta politica ed economica capace di contrastare catastrofi annunciate.
Cโรจ voluto lo sguardo determinato e intransigente di una quindicenne svedese ribelle per suscitare, cinque anni fa, il primo movimento planetario di una generazione a cui stiamo letteralmente sottraendo ossigeno. Ma a interrompere quella rivolta nascente รจ venuta la pandemia, ed essere costretti a vivere lโadolescenza e preadolescenza in corpi negati e sottratti, a vivere ogni contatto come possibile contagio, poteva solo accrescere disagi, spaesamenti e un senso di impotenza che porta a chiusure, isolamento e autolesionismo.
Ripensare la formazione
Se poi alla pandemia e alla crisi climatica si somma una guerra vicina, al centro dellโEuropa, รจ evidente che i piรน giovani sentano di imboccare strade senza uscita, in un mondo forgiato da adulti distratti e irresponsabili. Cโรจ chi ha provato e prova a opporsi alla miopia e al cinismo di chi governa le scelte che contano, ma se siamo onesti, non cโรจ dubbio che noi adulti stiamo consegnando a figli e nipoti un mondo peggiore di come lo abbiamo trovato. I fondi del Pnrr, concepiti per sostenere le nuove generazioni dellโUnione europea, in Italia vengono spesi secondo logiche per nulla partecipate e spesso criticabili, come dimostrano due cosiddette riforme, che riguardano la formazione dei docenti e il contrasto della dispersione scolastica.
Per insegnare in uno scenario caratterizzato da cosรฌ vasta sofferenza e segnato da mutazioni profonde e imprevedibili cโรจ bisogno di ricerca e formazione. Di ripensare a quali siano gli strumenti culturali indispensabili oggi e a come dare respiro a sensibilitร e attenzioni capaci di cogliere come i piรน giovani vivano le sfide del nostro tempo. Andava ripensata e trasformata con radicalitร la formazione iniziale, ponendo la scelta del mestiere dellโinsegnare allโinizio e non alla fine del percorso universitario, magari come ripiego. Non รจ possibile insegnare alle medie, nel segmento piรน delicato e in sofferenza del sistema, rintanandosi in una disciplina studiata non per lโinsegnamento, a cui si aggiunge qualche credito in piรน di pedagogia e psicologia senza alcuna organicitร . Lโuniversitร e la ricerca, a cui sono destinate in percentuale meno della metร delle risorse rispetto alla media europea, faticano a ripensare se stesse e a interagire attivamente con la scuola che sperimenta.
Dai margini
Appare limitata la scelta di formare obbligatoriamente 650mila docenti sul terreno del digitale, visto come prioritร assoluta. La didattica a distanza ha dimostrato che le e gli insegnanti che hanno reagito con piรน efficacia e sensibilitร non sono stati i piรน attrezzati sul terreno tecnologico, ma quelli che avevano alle spalle pratiche di educazione attiva e didattiche capaci di mobilitare risorse, curiositร e tensioni di alunni e alunne, quelli che sono stati in grado di affrontare di petto sul terreno culturale lo spiazzamento e la vertigine provocata da una totale alterazione di spazi e ritmi quotidiani, le cui conseguenze di lungo periodo sono davanti ai nostri occhi.
Il ministro dellโistruzione Patrizio Bianchi aveva nominato a marzo una commissione di esperti per capire come impiegare in modo efficace il primo mezzo miliardo destinato ad arginare dispersione scolastica e povertร educativa, ma la proposta elaborata, fondata sulle esperienze piรน significative sperimentate, รจ stata tenuta in ben poco conto e il ministero ha scelto la vecchia e dannosa pratica dei finanziamenti a pioggia. Lโidea di quel gruppo di lavoro era di concentrare grandi finanziamenti nei territori piรน disastrati socialmente e culturalmente, sperimentando per almeno tre anni momenti intensi di formazione, incentivi agli insegnanti e il coinvolgimento di aziende sanitarie ed enti locali, insieme al civismo attivo e agli operatori del terzo settore. Arricchendo in questo modo le proposte educative fin dai nidi, mettendo insieme i diversi attori in coprogettazioni di ampio respiro.
Le scuole, poste al centro di questa sfida di rigenerazione culturale dei territori, avrebbero la straordinaria occasione di ripensare tempi e spazi dellโeducare perchรฉ, come ci insegnano le innovazioni piรน radicali del secolo scorso, dai margini si vedono meglio le cose, e proprio con i piรน fragili si possono azzardare e sperimentare percorsi ritenuti impensabili, se si ha il coraggio e la volontร di farlo.
Questo articolo รจ stato pubblicato su L’Essenziale il 19 luglio 2022