Allargare lo sguardo per lottare contro uno stato autoritario e paternalista

di Sara Gandini /
30 Giugno 2022 /

Condividi su

Forse proprio con la legge sull’aborto si è inaugurata l’epoca in cui lo stato, la legge, entrava nella vita delle persone in forme mai applicate alle altre pratiche dì medicina chirurgica. Su questo discutevano le femministe che parlavano di depenalizzazione dell’aborto e non di diritto all’aborto, già negli anni Settanta. Si ragionava sulla intromissione dello stato nel processo decisionale su sessualità e riproduzione. Il femminismo della differenza italiano, in particolare, aveva invitato a riflettere sul fatto che difendere un potere esterno, che pretende di regolamentare il rapporto della donna con il suo corpo, non è detto sia così ovvio. Allora sostenevano che l’esistenza di una legge dello Stato sul corpo delle donne – più o meno repressiva – era in contraddizione con la lotta per la libertà femminile.

Indubbiamente il cosiddetto diritto di abortire viene attaccato non nell’interesse delle donne, tuttavia penso che sia fondamentale continuare a discutere con radicalità sull’aborto, anche alla luce di quello che è capitato in Usa e con la pandemia.

Non si tratta solo di difendere la possibilità di poter abortire o di migliorare in Italia l’applicazione della legge sull’aborto, o di poter usare la pillola, di poter garantire la fecondazione eterologa, di… Il punto è che facciamo dipendere dallo stato decisioni per nulla scontate che riguardano il corpo, la salute, la maternità, la sessualità. Lo stato entra quindi in questioni estremamente complesse e intime indirizzandole, condizionandole.

Ho sempre trovato interessante il taglio critico del pensiero della differenza perché non banalizzava il discorso battendosi semplicemente per “il diritto di”. Mi rifaccio prima di tutto a La politica del desiderio (Orthotes) di Lia Cigarini. Per questo ad esempio abbiamo giudicato buona la legge Merlin sulla prostituzione. Con la Legge Merlin si vietò il controllo diretto sulla prostituzione da parte dello Stato rendendo perseguibile lo sfruttamento della prostituzione.

Con la pandemia è invece continuata l’intromissione della stato nella vita intima delle persone. Una nuova versione di stato patriarcale ha imposto regole su regole, perché i cittadini non sarebbero in grado di capire i rischi e decidere cosa è bene per la propria salute. I cittadini sono stati trattati come bambini incoscienti da indirizzare, controllare, punire…

Io penso che si tratti dei colpi di coda di un patriarcato che mostra in realtà uno stato fragile, che ha avuto la necessità di appoggiarsi agli scienziati per recuperare ascolto e credibilità. Ma se la scienza non può mai fornire verità assolute, come si vorrebbe invece far credere, in piena pandemia in particolare i dati scientifici erano in evoluzione continua, con studi approvati in via emergenziale, informazioni che evolvevano continuamente e tutti da verificare con i tempi della comunità scientifica e del metodo scientifico. Bisognava andare quindi molto cauti con le misure di salute pubblica, raccontando con più onestà cosa si sapeva e cosa no. Non si sono cercati strumenti appropriati che mostrassero le incertezze e che fossero proporzionali ai rischi.

Come chi mette in discussione l’aborto, anche con la pandemia si sono trincerati nell’irresponsabilità e nel moralismo.

Le femministe dicevano che “il dramma, lo scacco, la liberazione che una donna vive in rapporto” all’aborto non devono essere zone di interesse del servizio sanitario nazionale. Per cui la legge sull’aborto veniva nominata come una prevaricazione dello Stato di far valere il suo controllo e la sua ideologia su una scelta che doveva essere personale.

La pandemia ci ha messo di fronte alla stessa complessità. Abbiamo visto uno stato autoritario che è entrato a regolare la vita intima delle persone, vietando loro di allontanarsi di casa, decidendo chi dovevano frequentare (i famosi congiunti), se uscire alla sera in certi orari, obbligandoli al vaccino pena la perdita del lavoro, vietando ai bambini e alle bambine di fare sport, di andare a scuola in presenza… il tutto per motivi sanitari alimentati da una narrazione catastrofista continua.

E ora emergenza su emergenza vediamo come lo Stato entra sempre più nella vita intima delle persone… in una insensatezza e irrazionalità continua. Via via entra nelle vite delle persone addossando loro la responsabilità delle emergenze, usando strumentalmente le parole degli scienziati per alimentare scontro sociale.

Per cui di fronte alle notizie degli Usa sull’aborto penso che non si tratti solo di scendere in piazza per protestare per il “diritto di abortire”. Ribadisco che bisogna allargare lo sguardo a tutto quello che sta accadendo e dire basta a uno stato autoritario e paternalista che si pone come colui che sa cosa è giusto per noi, ma non ha fatto nulla per prepararci a pandemie, guerre e crisi economiche catastrofiche. Anzi le usa come strategie di distrazione di massa, sfruttando e creando emergenze su emergenze.

Questo articolo è stato pubblicato su Comune il 26 giugno 2022

Aiutaci a diffondere il giornalismo libero e indipendente.

Articoli correlati