di Stella Levantesi
Meno 5,5% di emissioni ma non basta. La più grande contrazione economica globale della storia non diminuisce di una virgola il riscaldamento della Terra. Ma non bisogna scoraggiarsi, bisogna cambiare il modo di produrre e di consumare energia
Il coronavirus ha fermato il mondo. E, per la prima volta da anni, le emissioni globali di CO2 sono scese. Non sappiamo ancora quale sarà la riduzione definitiva delle emissioni per il 2020, dipende molto da quanto grave ancora sarà la pandemia, da quanto rapidamente si attenuerà e da quanto velocemente si riprenderà l’economia ma sulla base delle ultime previsioni economiche del Fondo Monetario Internazionale una riduzione delle emissioni tra il 5 e l’8% è l’ipotesi più certa per quest’anno.
Un’analisi di Carbon Brief, sito d’informazione climatica tra i più attendibili, suggerisce che la pandemia potrebbe produrre una riduzione di 2.000 tonnellate di CO2 (MtCO2) nel 2020. Questa cifra equivale a circa una riduzione del 5,5% rispetto al 2019.
Negli ultimi 10 anni le emissioni sono aumentate di poco più dell’1% all’anno, quindi una riduzione delle emissioni tra il 5 e l’8% è piuttosto significativa.
C’è un però. Le concentrazioni atmosferiche di CO2 che provocano il riscaldamento globale sono il risultato di emissioni cumulative, quindi emissioni che abbiamo rilasciato nell’atmosfera nel tempo.
“Si può pensare all’atmosfera come a una vasca da bagno,” spiega il climatologo americano Zeke Hausfather in un’intervista al manifesto. “Il rubinetto è aperto, l’anidride carbonica riempie la vasca da bagno. E così tutto quello che stiamo facendo ora, nel 2020, è semplicemente ridurre un po’ il flusso del rubinetto ma la vasca da bagno continuerà a riempirsi fino a che verseremo più anidride carbonica di quanta se ne scarichi”.
Per far sì che le concentrazioni di CO2 nell’atmosfera diminuiscano, sostiene Hausfather, dovremmo ridurre le emissioni di circa l’80%. Non dell’8%.
Le stime di Carbon Brief si avvicinano molto a questa percentuale. Le emissioni globali dovrebbero diminuire di circa il 7,6% ogni anno questo decennio e raggiungere una riduzione di quasi 2.800 Mt di CO2 nel 2020 per limitare il riscaldamento ad 1,5°C, obiettivo fissato dall’Accordo di Parigi nel 2015.
Hausfather è un ricercatore presso Berkeley Earth ed è anche il direttore del dipartimento di clima ed energia al Breakthrough Institute (BI) californiano, un centro di ricerca ambientale.
Secondo le stime del BI, il 2020 sarà l’anno più caldo mai registrato fino ad ora. E quindi, dal punto di vista del clima, una riduzione delle emissioni del 5 o dell’8% non fa molta differenza.
Inoltre, le emissioni riprenderanno il ritmo di sempre, a meno che la risposta alla pandemia non crei cambiamenti strutturali duraturi.
“Essenzialmente, se si vuole fermare il riscaldamento del mondo, bisogna portare le emissioni a zero. È matematica e non c’è davvero un altro modo per farlo” – dichiara Hausfather – “Se tutti smettessero di guidare e restassero nelle loro case per il resto della loro vita non farebbe comunque un’enorme differenza. Usiamo ancora molta energia in altri modi. E l’obiettivo non è vivere in un mondo nel quale l’economia si spegne. Non vogliamo arrivare a zero emissioni con un’attività economica pari a zero. Sarebbe una follia. Vogliamo arrivare a zero emissioni cambiando il modo in cui produciamo energia”.
Il calo delle emissioni dovuto ai danni economici di COVID-19 illustra anche il costo sconcertante della riduzione delle emissioni attraverso la diminuzione dell’attività economica.
Nel caso base del FMI, il costo effettivo per tonnellata di CO2 ridotta è di circa 1.750 dollari, cifra che supera di gran lunga i costi di mitigazione di quasi tutte le tipologie di energia pulita, ha stimato il BI.
Il fatto che la più grande contrazione economica globale dalla Grande Depressione non contribuirà nemmeno ad un passo avanti nella lotta al clima potrebbe essere scoraggiante. Ma non è questo il modo per contrastare il riscaldamento globale. Portare a zero le emissioni non significa ridurre l’attività economica, significa cambiare il modo in cui lo facciamo.
“Quando, in passato, il mondo ha avuto una grave recessione economica, questo ha portato ad un calo delle emissioni temporaneo” – spiega Hausfather – “Dopo un anno o due, da un punto di vista di climatico, ci ritroviamo al punto in cui saremmo stati se la recessione non fosse avvenuta affatto. E la ragione è che una riduzione dell’attività economica non cambia i modi fondamentali di produzione di energia.
Fino a quando non sostituiremo le centrali a carbone e a gas con le energie rinnovabili, il nucleare, lo stoccaggio del carbonio, il carbon capture, questo genere di cose, non vedremo il tipo di riduzione di emissioni necessaria per fare davvero un passo avanti nel cambiamento climatico”.
E l’unico vero modo per farlo è attraverso la tecnologia. Consumare meno e con più attenzione non può far male ma Hausfather ritiene che non dovremmo fingere che questa sia la soluzione.
“In qualche modo abbiamo creato un esperimento accidentale (con Covid-19, nda) nel quale abbiamo cambiato il nostro comportamento su scala globale in un modo che sarebbe stato pressoché impossibile da ottenere con un’azione globale volontaria. E questo ha creato una riduzione delle emissioni.”
Ma questi comportamenti non sono sostenibili a lungo termine, almeno non tutti. Alcuni comportamenti carbon-intensive possiamo continuare ad evitarli: possiamo scegliere in parte lo smartworking se si ha questa possibilità, possiamo andare in bici e volare meno ma nella ripresa economica bisogna investire nelle tecnologie e nella transizione ad un’energia pulita e rinnovabile.
La ripresa post-Covid può essere un’opportunità unica e se, progettata efficacemente, può offrire molti posti di lavoro.
“Un buon modo per farla, la ripresa, è quello di investire in modo da creare posti di lavoro e avere un beneficio sociale. E qui c’è molto potenziale per implementare misure green soprattutto per quanto riguarda la costruzione di infrastrutture”, spiega Hausfather. “Penso che se non cogliamo questa opportunità, Covid-19 sarà un vero disastro anche per il clima. Il clima adesso è una questione politicamente meno rilevante per molti politici perché ci sono questioni più pressanti sull’economia e sulla salute pubblica e quindi penso che ci sia un pericolo reale se non cogliamo questa opportunità per investire in una ripresa verde. Una crisi come questa rende improvvisamente possibile una spesa pubblica su larga scala quindi, in un certo senso, questo potrebbe creare un’opportunità, soprattutto se si può affermare che spendere in modo da affrontare il cambiamento climatico aiuterà anche la ripresa economica”.
Questo articolo è stato pubblicato su Ilmanifesto il 16 maggio 2020