Europa: "Mentre i fascisti vogliono ribadire la catena, noi siamo per spezzarla"

27 Settembre 2019 /

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di Cristina Quintavalla
La Risoluzione del Parlamento europeo del 19 settembre 2019 sull’importanza della memoria europea per il futuro dell’Europa, votata anche dagli esponenti di PD, FI, FdI, e l’astensione del M5S, si configura come una grave forma di falsificazione storica, di uso politico della storia, volto a rafforzare l’allineamento dell’Unione Europea alla Nato ed ai suoi piani, di torsione autoritaria della governance europea, volta a criminalizzare le lotte e le ragioni che le ispirano ed imporre il pensiero unico filoliberista e filocapitalista.
1. Contro la vergognosa tesi secondo cui “la II guerra mondiale, il conflitto più devastante della storia d’Europa, è iniziata come conseguenza immediata del famigerato trattato Molotov-Ribbentropp” vale appena la pena ricordare: l’escalation della politica aggressiva nazista dall’ascesa al potere di Hitler con riarmo e riorganizzazione militare della Germania, fulcro della ripresa economica tedesca; l’ uscita dalla società delle Nazioni e l’abbandono della Conferenza per il disarmo; il putsch nazista a Vienna nel ’34; il plebiscito per il ritorno della Saar alla Germania; la militarizzazione della Renania; gli aiuti militari a Franco contro la Repubblica spagnola; il Patto antikomintern del 1937, firmato da Germania, Italia, Giappone; l’ occupazione dell’Austria e la sua annessione al Reich tedesco; la Conferenza di Monaco del settembre ’38, nel corso della quale la Germania nazista ottenne la cessione dei Sudeti, che segnò l’inizio della fine per la Cecoslovacchia; l’invasione della Cecoslovacchia nel marzo 1939; la firma del Patto d’acciaio con l’Italia; la pretesa di cessione da parte del governo polacco della città di Danzica sin dall’autunno 38.
Il Patto Molotov- Ribbentropp fu firmato il 23 agosto ’39, soli sette giorni prima dell’invasione nazista della Polonia, ultimo atto di una lunga sequela di aggressioni. Con tutta evidenza non fu né la premessa né la causa dello scoppio della II Guerra mondiale.
Il Patto Molotov-Ribbentropp fu un Patto di non aggressione.
“Era senza dubbio brutto che la Russia sovietica facesse un accordo col maggior stato fascista, ma questo rimprovero suonava male sulle labbra di statisti che erano andati a Monaco e avevano trovato allora nei propri paesi il sostegno di vaste maggioranze” (A.J.P. Taylor, Le origini della seconda guerra mondiale, Bari 1965). Certo la Germania fu assicurata che non avrebbe dovuto combattere su due fronti e che garantitasi ad oriente, avrebbe potuto procedere all’invasione della Polonia.
Tuttavia occorre ricordare che dopo la firma dell’accordo navale della Germania con l’Inghilterra che consentì a Hitler di ampliare la propria flotta, dopo l’inutile tentativo di instaurare accordi con Francia e Inghilterra, dopo l’esito drammatico della Conferenza di Monaco, che evidenziò quanto le potenze occidentali fossero prone ai ricatti di Hitler, che si configurò come una colpevole capitolazione davanti a dicktat nazisti (come disse Churcill), alla luce infine della evidente determinazione di espansione ad est della Germania nazista, che occupò uno dopo l’altro i capisaldi strategici che assicuravano il controllo dell’Europa orientale, l’ URSS, con la firma dell’accordo, allontanò di un paio d’anni l’invasione del suo territorio, che, come sappiamo, costò comunque ai russi il prezzo inenarrabile della morte di 20 milioni di persone.
Le complici politiche di appeasement di Francia e Inghilterra di fronte alla aggressiva politica della Germania nazista, che vedevano comunque come un importante baluardo antisovietico. Fino all’agosto del ’39 Inglesi e francesi “offrirono a Hitler le occasioni per le sue spregiudicate improvvisazioni tattiche, sempre al limite di rottura” (Taylor, cit.)
La tesi secondo cui il Patto Molotov-Ribbentropp evidenzierebbe che i “due regimi totalitari, che avevano in comune l’obiettivo di conquistare il mondo, hanno diviso l’Europa in due zone d’influenza” mistifica la storia, intanto perchè sottace la infruttuosa ricerca di trattative con le potenze occidentali da parte sovietica per la creazione di un fronte antinazista prima dello scoppio della guerra, ma soprattutto perchè non riconosce il determinante ruolo svolto dall’URSS nella seconda guerra mondiale contro i fascismi, culminato nella resa delle armate naziste a Stalingrado e nel successivo contrattacco sovietico ad est, nonché dai partiti comunisti in Europa, principali artefici della creazione dei movimenti di resistenza.
La Risoluzione si guarda bene dal menzionare gli accordi di Teheran e di Yalta, sottoscritti da USA, Inghilterra e URSS che, in aperto contrasto con le ragioni ispiratrici della guerra ai fascismi, posero le premesse per la delineazione di una nuova carta politica, fondata su rapporti di forza e la logica, questa sì, della spartizione del mondo in base a sfere di influenza.
Contro l’ipocrita autorappresentazione di un’ Europa che “dovrebbe continuare a fungere da ispirazione morale e politica per far fronte alle sfide del mondo odierno, come la lotta per un mondo più equo e la creazione di società aperte e tolleranti [….]” sarebbe opportuno ricordare:
Il passato coloniale e imperialistico dell’Europa, che le valse la più spregiudicata opera di conquista di popoli, terre, risorse, spartiti tra le grandi potenze europee con riga e squadra, dal continente africano a quello asiatico, assoggettando milioni di esseri umani, schiavizzati, martoriati, privati dell’elementare diritto all’esistenza, imponendo il commercio iniquo, l’occupazione diretta o indiretta, l’esportazione di capitale, le guerre.
Rispetto alla tesi secondo cui “come sancito dall’articolo 2 TUE, l’Unione si fonda sui valori del rispetto della dignità umana, della libertà, della democrazia”, basta pensare al presente neocoloniale dell’Unione europea, attraverso cui la sua èlite finanziaria, economica, militare controlla e si appropria, dall’Africa all’America latina, di settori strategici, dei processi produttivi, delle materie prime, dei corridoi di transito, e impone condizioni che determinano un progressivo impoverimento: la liberalizzazione del commercio, i trattati di partenariato e di libero scambio, il land grabbing, la gestione del debito estero, gli aggiustamenti strutturali, la cessione di risorse, di infrastrutture, una relazione strutturale di subordinazione con perdita di sovranità su beni, vita, risorse.
2. La Risoluzione si rende responsabile di un uso politico della storia, volto a sostenere una sempre maggiore subordinazione UE alla Nato, esplicito nel passaggio in cui afferma che “alla luce della loro adesione all’UE e alla NATO, i paesi dell’Europa centrale e orientale non solo sono tornati in seno alla famiglia europea di paesi democratici liberi, ma hanno anche dato prova di successo, con l’assistenza dell’UE, nelle riforme e nello sviluppo socioeconomico”.
Sorvoliamo sull’affermazione secondo cui i paesi dell’Europa centrale e orientale, dove trionfano identitarismo e populismo di destra, dove dominano regimi illiberali e autoritari, sarebbero tornati in seno alla famiglia dei paesi democratici.
Le istituzioni europee nel loro allargamento ad est hanno subordinato l’ingresso di questi paesi dell’Europa centro-orientale all’UE all’istituzione di dispositivi che li hanno costretti a indebitarsi con alcune grandi banche europee, principalmente austriache, tedesche, francesi, inglesi, belghe, svizzere, italiane, che detengono circa l’84 % dei crediti erogati. Il fine era costituito dalla imposizione di pesanti vincoli ai paesi indebitati, attraverso l’obbligo di attuare riforme strutturali, macro-economiche, misure di austerità, la negazione dei diritti sociali.
Oggi è in atto il tentativo di assicurare il sostanziale allineamento dell’UE alle richieste ed ai piani della NATO, volta a perseguire le sue strategie di dominio in direzione dell’est Europa, del Mediterraneo e del Medio Oriente.
L’obiettivo è quello di contrastare le aree di influenza della Cina e della Russia, nel quadro della riproposizione di una guerra fredda.”Come è noto, il rafforzamento delle relazioni (dell’UE -ndr-)con gli USA crea continui motivi di conflitto con Mosca, che teme ovviamente la cosiddetta “cintura speciale” degli stati membro della NATO attorno alla Federazione Russa, dall’Ucraina alle Repubbliche Baltiche, al Caucaso, con la chiusura o la riduzione di tutti gli accessi al mare, dal Baltico al Delta del Danubio, fino al Caspio e il problema dei gasdotti” (M. Dinucci)
Ben tre punti della Risoluzione riguardano non a caso la Russia.
3. La Risoluzione si configura infine come un giro di vite nella governance europea, volta a criminalizzare la teoria e la prassi comuniste, i loro simboli, la loro storia di emancipazione, allo scopo di vietare ogni forma di ribellione e opposizione. Scrive infatti che si devono “contrastare le organizzazioni che incitano all’odio e alla violenza negli spazi pubblici e online […]”, forma iperbolica per alludere a chi istiga la lotta di classe. Occorre che tutti pensino allo stesso modo, che ritengano il sistema capitalistico come l’unico e il migliore dei sistemi economici possibili.
Diventa reato voler sconvolgere l’ordine socio-economico istituito. La Risoluzione rappresenta pertanto un gravissimo punto di svolta autoritaria.
Orgogliosamente rivendichiamo come, anche alla luce delle fallite realizzazioni storiche della società socialista, imputabile agli uomini, sul piano assiologico il pensiero comunista è radicalmente antitetico ad ogni tipo di fascismo. Lo ribadiamo con le parole del commissario Kim che risponde a Ferriera che vuol sapere quale sia la differenza tra lo spirito dei partigiani e quello della brigata nera. “Sono la stessa cosa – Kim s’è fermato e indica con un dito come se tenesse il segno leggendo; – la stessa cosa ma tutto il contrario. Perché qui si è nel giusto, là nello sbagliato. Qua si risolve qualcosa, là ci si ribadisce la catena. Quel peso di male che grava sugli uomini del Dritto, quel peso che grava su tutti noi, su me, su te, quel furore antico che è in tutti noi, e che si sfoga in spari, in nemici uccisi, è lo stesso che fa sparare i fascisti, che li porta a uccidere con la stessa speranza di purificazione, di riscatto.
Ma allora c’è la storia. C’è che noi, nella storia, siamo dalla parte del riscatto, loro dall’altra. Da noi, niente va perduto, nessun gesto, nessuno sparo, pur uguale al loro, m’intendi? Uguale al loro, va perduto, tutto servirà se non a liberare noi a liberare i nostri figli, a costruire un’umanità senza più rabbia, serena, in cui si possa non essere cattivi. L’altra è la parte dei gesti perduti; degli inutili furori, perduti e inutili anche se vincessero, perché non fanno storia, non servono a liberare ma a ripetere e perpetuare quel furore e quell’odio, finché dopo altri venti o cento o mille anni si tornerebbe così, noi e loro, a combattere con lo stesso odio anonimo negli occhi e pur sempre, forse senza saperlo, noi per redimercene, loro per restarne schiavi.
Questo è il significato della lotta, il significato vero, totale, al di là dei vari significati ufficiali. Una spinta di riscatto umano, elementare, anonimo, da tutte le nostre umiliazioni: per l’operaio dal suo sfruttamento, per il contadino dalla sua ignoranza, per il piccolo borghese dalle sue inibizioni, per il paria dalla sua corruzione. Io credo che il nostro lavoro politico sia questo, utilizzare anche la nostra miseria umana, utilizzarla contro se stessa, per la nostra redenzione, così come i fascisti utilizzano la miseria per perpetuare la miseria, e l’uomo contro l’uomo”… mentre il fascisti vogliono ribadire la catena, noi siamo per spezzarla”. (I. Calvino, I sentieri dei nidi di ragno, Einaudi 2002)

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