Il processo ai politici catalani: il caso speciale 20907/2017

11 Gennaio 2019 /

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di Fulvio Capitanio
Tra pochi giorni si avvierà a Madrid il processo per il caso speciale 20907/2017: non un caso qualunque, bensì un processo probabilmente destinato a segnare la storia europea contemporanea. Si tratta infatti del processo contro i prigionieri politici catalani. Perché sono in prigione preventiva da oltre un anno sei membri del deposto governo della Catalogna, la Presidente del Parlamento e due presidenti di associazioni civiche?
Per costoro il pubblico ministero ha formulato richieste di pena che vanno dagli 11 ai 25 anni di carcere. Come si spiega una richiesta di pene corrispondenti a quella di un omicidio? È giustificata una prigione preventiva così lunga e in che misura vengono lesi diritti umani, civili e politici delle persone imprigionate?
Inoltre vi sono altri sette politici catalani in esilio in Belgio, Svizzera e Regno Unito, spesso impropriamente definiti come “fuggitivi”, mentre invece hanno una residenza nota e sono liberi di circolare ovunque fuorché in Spagna, per i quali il giudice istruttore ha emesso ben due ordini di cattura internazionali. Entrambe le volte lo stesso giudice ha ritenuto opportuno annullare l’ordine di cattura.

A cosa si deve questo comportamento senza precedenti del giudice spagnolo? Fin troppo spesso nelle succinte cronache giornalistiche (per non citare gli accalorati dibattiti sui social network) si fa riferimento genericamente e superficialmente a concetti quali:

  • indire un referendum illegale;
  • violazione della costituzione;
  • approvazione di leggi non costituzionali;
  • dichiarazione d’indipendenza.

Vediamo di esaminare uno ad uno tutti questi argomenti
Hanno indetto un referendum illegale
Secondo la costituzione spagnola, un referendum può essere convocato e autorizzato solo dal Presidente del Governo. Nel caso dell’uno d’ottobre si tratta di un referendum non autorizzato, quindi con risultato nullo e senza effetti giuridici, di nessuna rilevanza penale. Infatti, la legge 2/2005 ha cancellato gli articoli del Codice Penale che castigavano l’ indire, l’organizzare, il promuovere o il partecipare in referendum o consultazioni popolari senza autorizzazione.
Nelle motivazioni della legge si dice infatti che gli articoli aboliti “si riferiscono a comportamenti che non hanno un’entità sufficiente da meritare rilevanza penale, e ancor meno se la pena che viene contemplata è la prigione”.
Hanno violato la costituzione spagnola
Non rispettare la costituzione è un concetto generico, non una figura penale. Hanno rilevanza penale e sono quindi punibili solamente i comportamenti descritti e sanzionati nel codice penale.
Hanno approvato leggi incostituzionali
Approvare leggi è prerogativa del Parlamento, e, come in Italia, eventuali questioni d’incostituzionalità o conflitti di competenza fra una autorità regionale e quella statale si dirimono davanti alla Corte Costituzionale. La legge approvata dal parlamento catalano che indiceva e regolava il referendum e la legge che regolava la fase transitoria fino all’approvazione della costituzione della repubblica catalana, sono state entrambe oggetto di ricorso d’incostituzionalità da parte del governo centrale e dichiarate nulle dalla Corte Costituzionale.
Anche il governo ed il parlamento spagnoli hanno approvato leggi poi risultate incostituzionali (recentemente la amnistia fiscale del precedente ministro delle finanze è stata dichiarata incostituzionale) ma non per questo il consiglio dei ministri è in prigione preventiva.
Hanno dichiarato l’indipendenza della Catalogna
La riforma del Codice Penale del 1995 ha eliminato l’articolo che prevedeva pene detentive per chi “dichiarasse l’indipendenza di una parte del territorio nazionale” tout-court, senza il concorso di nessun altro requisito. Stando alla nuova formulazione del Codice Penale dichiarare l’indipendenza si considera un reato solamente con il concorso di una rivolta pubblica violenta e tumultuaria.
Allora quali sono i reati loro contestati? I due reati principali contestati dalla Procura Generale sono la ribellione e la sedizione. Secondo l’art 427 del Codice Penale spagnolo vigente “Coloro che si alzano violentemente e pubblicamente [..] sono colpevoli del crimine di ribellione”. L’art. 544 definisce la sedizione come una rivolta pubblica e violenta volta a rovesciare il potere costituito punibile con una condanna alla pena detentiva fino ai 15 anni se a commetterla è un pubblico ufficiale.
In entrambi i reati deve concorrere la presenza di una rivolta pubblica violenta e tumultuaria, mentre è a tutti pubblico e notorio che non vi fu alcuna sommossa violenta diretta al sovvertimento dello stato. È proprio per l’assenza del requisito della “violenza” che il tribunale tedesco in primavera negò la consegna al giudice spagnolo per questi stessi reati del deposto presidente catalano Carles Puigdemont raggiunto in Germania dal mandato d’arresto internazionale.
Queste gravi incongruenze giuridiche e procedimentali sono state fin da subito evidenziate da centinaia di cattedratici di diritto penale e costituzionale, attraverso una dichiarazione che censura radicalmente l’operato della Procura Generale e del Tribunale Supremo, considerando infondate le accuse che comportano le pene di detenzione.
Nel manifesto essi affermano che:

  • il Tribunale Supremo non è competente e dovrebbe rimettere la causa al giudice naturale;
  • i reati di ribellione e/o sedizione sono infondati in quanto non sussistono prove dell’uso della violenza pubblica e tumultuaria richiesta dalla tipologia penale;
  • la prigione preventiva incondizionata viene considerata “seriamente sproporzionata e priva di giustificazione sufficiente, al di là di manifestazioni astratte”.

Queste “anomalie” sono le più macroscopiche e non c’è qui spazio per trattare di molte altre che hanno caratterizzato l’intero operato del Tribunale Supremo spagnolo da oltre un anno a questa parte. Per esempio, la violazione dei diritti politici di quei politici catalani che vennero nuovamente eletti nelle elezioni del 21 dicembre 2017 e che sono stati privati del loro diritto di rappresentazione e dell’immunità parlamentare.
Per questo ed altro ancora avremmo bisogno di un altro capitolo, ma risulta evidente che il caso 20907/2017 nasce davvero già inficiato da molte “anomalie” niente affatto rassicuranti ora che si entra nella fase dibattimentale e che richiedono l’attenzione e la vigilanza di tutti i democratici europei.

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