di Flavio Fusipecci
Il quadro mondiale è in profonda, rapidissima evoluzione (involuzione) sotto la spinta di fenomeni e agenti per la prima volta “veramente globali”.
Come nei fenomeni sismici, si va progressivamente accumulando una energia “sotterranea”, indice e futura causa di una prossima esplosione/implosione del sistema economico e sociale mondiale, di cui si evidenziano già le “faglie di rottura” in varie parti del mondo, sotto la spinta di un complesso di disuguaglianze via via crescenti e via via più evidenti e diffuse tramite i nuovi media etc., “godute e perversamente difese” o “introiettate e sofferte fino alla morte” da popoli e singole persone un po’ ovunque.
Per una serie di motivi storici e socio-economici, ingigantiti negli ultimi 20-40 anni di politica ed economia dissennata a tutti i livelli, l’Italia è oggi una delle “faglie” più esposte a rischi, un po’ come il Vesuvio, in un contesto europeo e mondiale che non la favorisce e che, anzi, tende a ridimensionarla, rendendola di fatto “terreno di conquista” e, allo stesso tempo, “mercato da mantenere, sul ciglio del burrone”. Fa comodo a tutti.
Le grandi ideologie storiche ed i partiti da loro innervati sono finiti, travolti innanzitutto dalla incapacità di adeguarsi ai mutamenti epocali in rapida successione (tecnologici, ambientali, antropologici, sociali, economici etc..) e, non meno importante, da un degrado etico e morale, oltre che culturale, che ne ha decretato la fine ingloriosa non solo in termini elettorali, ma anche e soprattutto per quanto riguarda la fiducia, la partecipazione, la speranza, il coraggio e la visione di un futuro (anche solo a livello di sogno e di forza a non rinunciare “a provarci”), tutte cose indispensabili per non fare piombare tutti e ciascuno in una pericolosa spirale di grezzo e meschino individualismo.
La mia diagnosi e prognosi (spero sbagliatissima) è che non c’è salvezza per questo sistema mondiale, europeo, italiano e per questa società, e che l’Italia sarà uno dei luoghi in cui molti nodi verranno al pettine presto in forma molto pericolosa, nel senso che potrebbe esserci una “rottura della faglia” abbastanza improvvisa e “dolorosa”. Non mi dilungo sul quando, come e perché. Ma conosciamo i dati. In poche parole: dopo le corse sfrenate agli acquisti nell’ipermercato, col carrello pieno nostro e vuoto per troppi, siamo arrivati alla cassa. E sono dolori, anche perché i troppi vedono e sentono sulla loro pelle che il loro carrello è vuoto mentre il nostro (proprio il “nostro personale, di ognuno”) è ingiustamente pieno, e non abbiamo neanche le risorse per pagare, oltre che la disponibilità a farlo.
Per chi votare/voterò? Alla luce di questo, una persona come me, pensionato, garantito su n-fronti, con figli e nipoti, pseudo-intellettuale di vaga aspirazione progressista illuminata, in realtà piccolo borghese ex-azione cattolica-non-allineato, conservatore dei propri privilegi etc.. che cosa potrebbe votare il 4 marzo 2018 dopo “la tanta acqua passata sotto i ponti” (ho votato la prima volta alla fine degli anni ’60) e le tante velleità, illusioni e frustrazioni etc. etc.?
Ipotesi 1: se non fossi ipocrita, dovrei votare per chi dice e propone cose che mi fanno comodo: flat tax, meno immigrati, conservazione dell’esistente e delle garanzie/privilegi acquisiti, sicurezze, cene eleganti etc. etc. ma ipocrita sono.. E non li voto.
Ipotesi 2: fare finta di credere che il “riformismo progressista, equo e solidale” auspicato e sperato per anni non sia morto e sepolto sotto le macerie sopra citate. In Italia, l’Ulivo e tutto il suo contesto ideale è morto, inadeguato ed irreversibile, qualunque siano le colpe e di chi. Il PD, mai nato, oggi PDR è per me invotabile, se non altro per la spocchia appunto di “Renzi e del suo giglio”, ma c’è ben altro e non solo. Il PD(-R), cioè LeU, senza Renzi non sarebbero usciti, che cosa li distingue “in positivo vero”? Forse Grasso? (cavallo vanesio), Cofferati? (ullalà. il Sindaco da 3-milioni in piazza), D’Alema? (il baffino del Kossovo), il Sindacato (sic). Fratoianni et al. (dove siete? Se ci siete battete un colpo). No grazie, sarebbe molto molto lunga da spiegare, ma non mi convince. Ma certo vale la pena parlarne, ma con chi? dove sono i giovani “incontaminati e innovativi”?
Ipotesi 3: se il riformismo è morto, è morta o mai nata anche la “rivoluzione”? o la “rottura della faglia” la potrebbe rianimare? In tal caso sarebbe necessariamente “esplosiva e tragicamente impregnata di sangue”? Secondo me è una domanda “non oziosa” che non mi sento di escludere. Una analisi approfondita della storia italiana degli ultimi 50 anni (io non ne sono capace, ma per chi vuole e sa abbondano le letture e le riflessioni, oltre che i dati oggettivi) mostra che ci sono state svolte epocali (spesso trascurate o non comprese al momento, o volutamente dimenticate) che hanno segnato in modo forte, irreversibile e pernicioso il cammino dell’Italia.
Ad esempio, nella sua brutalità e drastica schematizzazione, mi ha sempre colpito per le sue conseguenze messe in evidenza da alcuni dati numerici, il divorzio fra Ministero del Tesoro e Banca d’Italia decretato da Ciampi e Andreatta nel 1981, fatto allora per tanti “saggi ed inevitabili” motivi, in base al quale la Banca centrale non doveva più acquistare in asta primaria (cioè già all’emissione) tutti titoli del Tesoro invenduti. Ebbene, i numeri oggi dicono: Debito pubblico/PIL 1981 = 56%, Debito pubblico/PIL 2018 = 133%, Debito pubblico 2018 accumulato in euro da allora = 2300 miliardi, Interessi pagati sul debito dal 1981 al 2018 = 2500 miliardi; negli ultimi 27 anni c’è stato sempre pareggio, a meno degli interessi sul debito. Si può fare la “rivoluzione” senza tragedie? Ho paura di no, la storia insegna. E poi, la possiamo fare da soli in Italia? Altrettanto no, ma.. allora che si fa? NON LO SO, io non sono in grado di fare, perché sono ipocrita e “piallato” dalla mia storia. Non andrei mai in piazza, a dire ai giovani e ai diseredati del mondo che cosa avremmo dovuto fare e non abbiamo fatto, o, peggio, cosa dovrebbero fare loro. A pregarli di fare piano, senza violenze e senza armi per non disturbare la nostra triste vecchiaia (fisica e di testa)?
Ipotesi 4: perché non i grillini? Grillo è stato un termometro che ha detto al “pubblico”. abbiamo la febbre a 41, sveglia. Ma “uno-NON-vale-uno” nella realtà, il potere e i voti non si contano, si pesano (Cuccia dixit). E poi chi si farebbe operare da un medico che ha imparato le cose su internet (sic.) o sull’enciclopedia medica (ah, se esistessero ancora i libri, e si leggessero.), non si fa politica e non si fonda la nuova storia con twitter e face book (arma letale della civiltà). Le teste le stiamo mandando all’ammasso. Altro che cultura. Ci pensano Amazon et al. a “divorare” il lavoro, insieme alla dignità delle persone, italiane e mondiali. (ma sarebbe troppo lungo da discriminare il poco grano vero, che pure c’è, dall’oglio, non vogliamo essere luddisti di ritorno).
Epilogo (fino a poco tempo fa per me, cioè applicato a me, incredibile.) della riflessione complessiva sopra schematizzata. La impossibilità di una rivoluzione “non esplosiva, non tragica e non- solitaria” è motivo sufficiente per non votare chi fa una analisi della storia italiana certamente incompleta e forse di parte, ma anche in vari aspetti condivisibile ed incisiva? La incapacità/impossibilità di proporre un modello “rivoluzionario innovativo” che partendo da una revisione storica “realistica” tracci un percorso “pseudo-riformista virtuoso/pacifico” applicabile in Italia, in questi frangenti di “proto-faglia”, è altrettanto incompatibile con un voto alla “sinistra radicale ed intransigente” del tipo “Potere al Popolo” di Cremaschi et al? In questo momento mi sembra FORSE NO. E quindi forse lo voto, ma, anche cosi’ facendo, sarei ipocrita, perché non mi spenderei nella battaglia.cioè, appunto, comunque ipocrita irrilevante sono. Allora che si fa?. Vediamo, ho ancora 3 settimane per pensarci. Che ne dite?