Bologna, carne da macello in giunta

22 Gennaio 2018 /

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di Sergio Caserta
In merito alla vicenda dei due assessori bolognesi Gambarelli e Malagoli, messi gentilmente alla porta dal sindaco Merola in un batter d’ali, al di la dell’aspetto umano, è certamente doloroso veder interrotta un’esperienza importante, coinvolgente e gratificante all’improvviso e, sembra, senza una ragione soggettiva, vittime di un gioco di potere. Sono gli effetti dello spoils system, in questo caso autospoils, dal momento che chi ha defenestrato i due è lo stesso sindaco che li aveva nominati e che ha agito per pure ragioni di “governo” come dice lui, leggasi ragion di partito.
Infatti Merola ha dovuto cedere ai rapporti di forza determinatisi nel suo partito. Il che la dice lunga anche su un’altra leggenda istituzionale, cioè che questa legge dell’elezione diretta dei sindaci con maggioritario personalizzatissimo, metta in secondo piano le lotte di potere correntizio dei partiti, tutt’altro. Come s’evidenza in questo caso è esattamente l’opposto di quando i sindaci venivano scelti con elezioni proporzionali, dopo che i partiti, quelli veri di un tempo, avevano a lungo discusso e valutato chi potesse ricoprire l’incarico più importante, e l’elezione avveniva in consiglio comunale con voto ei consiglieri che avevano una funzione e una responsabilità autentica, pur nel rispetto del mandato di partito.
Parliamo di tempi ormai andati quando la nostra democrazia istituzionale, pur non priva di difetti anche gravi aveva ben altro valore, oggi in rapporto a quel periodo siamo alle comiche. Le figure un po desolate dei due assessori licenziati, richiamano un altro aspetto di questa lunga crisi politica della sinistra.

Si tratta e non a caso di due figure non del PD, prima usate e poi scaricate, esponenti della sinistra-sinistra, indipendenti diciamo o come nel caso di Malagoli, transitato in diverse formazioni. Ricordo che era Presidente del quartiere San Donato, in quota a Rifondazione, quando se ne uscì dal partito per gravi conflitti politici su vicende che riguardavano il suo ruolo di amministratore. S’affacciò in Sinistra Ecologia e Libertà, in verità piuttosto tentennante, ricordo che non perdeva occasione per dire che stava pensandoci bene se aderire alla nuova formazione della sinistra in fase di crescita all’epoca di Vendola sugli scudi. poi si decise e aderì, giusto in tempo per le elezioni amministrative del 2009, in cui partecipò da candidato in consiglio comunale, non fu eletto ma, inaspettatamente, almeno per me che sono notoriamente distratto,fu indicato come assessore, nell’ambito dell’accordo con la Merola per la formazione della sua prima giunta.
Al di là della giustezza o meno di questa scelta, la vocazione di Malagoli per ruoli di governo è più che legittima, ciò che mi colpì è che la scelta fu del sindaco Merola e all’interno del partito di Sel non si poté nemmeno discutere, forse potevano esserci altre proposte più indicate, si dovette accettare ob torto o collo l’inesorabilità della scelta di Merola. Il quale sindaco ora che ha estromesso Malagoli. giustamente afferma che “l’amicizia tra noi non c’entra”, infatti quell’amicizia che era alla base della sua decisione di nominarlo assessore non è valsa a conservargli il ruolo, se pur è durato quasi due mandati, non poco.
L’episodio, che non è affatto l’unico, e potrei ricordarne ancora ma ci sarà l’occasione senz’altro, serve in realtà per un’altra considerazione: la sinistra che anche in queste elezioni si presenta divisa contro il PD renziano, quali antidoti sta predisponendo affinché le elezioni, se andassero bene, non siano ancora una volta il trampolino di lancio per politici che domani o doman l’altro, alla prima occasione decidano di proseguire per la loro strada, smentendo gli impegni assunti con la candidatura su una linea politica?
Che tipo di progetto politico ed organizzativo si sta costruendo per il futuro? Saremo in grado di non ripetere i fallimenti del passato? Guardando il panorama non c’è da essere tranquilli. Già il fatto che non c’è una sola lista a sinistra è una grave ragione di debolezza complessiva, il Brancaccio è stata una bella speranza subito naufragata, ma resta tutta intera l’esigenza di pensare al dopo, a un soggetto politico che sia in grado di durare nel tempo, di radicarsi nel Paese, di avere una sua configurazione sociale, culturale e politica. Paradossalmente ci troviamo in una fase in cui mai le potenzialità di un successo per la sinistra sono alte e la frammentazione cosi profonda. Se non si mettono in campo energie e capacità autentiche, anche questo passaggio corre il rischio di essere a vuoto, auguriamoci di no, ma il disincanto prende decisamente il sopravvento.

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