Buon anno! Anarchia nella scuola

8 Gennaio 2018 /

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di Silvia R. Lolli
Messaggio sobrio quello del presidente Mattarella, quest’anno. Unico desiderio trovare il prossimo 4 marzo una maggioranza di votanti. Chissà però quanta sovranità popolare per la nostra democrazia sarà rappresentata nel futuro Parlamento con la legge elettorale. Almeno ha richiamato i principi della Costituzione ricordando i suoi Settant’anni.
Che cosa vorremmo per il nuovo anno? Non abbiamo molte aspettative, da tempo ormai non osiamo più averne: troppe delusioni. Prendiamo ciò che arriva, anche se facciamo tutto per mantenere idee e conservare diritti, ai quali sappiamo che devono precedere doveri vedi gli artt. 2 e 4 della Costituzione. Per esempio il dovere di continuare a fare una professione come se nulla fosse cambiato dal momento in cui si è cominciata, proprio per attuare la Carta. Prendiamo la scuola italiana; non c’è dubbio che la “buona scuola”, ma non solo, stia cambiando nei fatti i suoi principi.
Che dire dell’ultima trovata di un ministero che ha perso da tempo il termine “pubblica” e che in questi giorni di fine mandato dà attuazione all’ennesima azione che allontanerà ancora di più i cittadini dal diritto allo studio e continuerà a confondere la scuola statale con quelle private?

Un’insegnante di scuola statale, che qui insegna perché ha fatto concorsi pubblici, come cita la Costituzione, ed è pluri-abilitata all’insegnamento, cosa può volere in questo contesto in cui continuano a prevalere indirizzi ed atti che stravolgono le peculiarità del sistema sempre più a corto di risorse economiche per i vetusti contratti, ma le cui risorse vengono elargite a piene mani per premialità e progettualità, anche extrascolastiche? Un’insegnante costretta ad accettare situazioni di maggiori discrezionalità (in un sistema pubblico non dovrebbe essere tutto trasparente?) nelle quali esperienza e meriti non esistono più, ma nel quale deve rimanere se non vuol perdere troppi diritti acquisiti (vedi norme per i pensionamenti ai quali però restano indenni i parlamentari).
Come si possono avere aspettative professionali per il futuro anno quando si è visto e si continua a vedere il disfacimento della scuola statale e ci si sente sempre più soli in un’istituzione che, invece di attare la sua funzione per il bene della democrazia, crea solo confusione e disparità di opportunità anche lavorative?
L’ultima sperimentazione in questo caos vedrà la luce dal 2018/19. Il 28 dicembre la ministra ha reso noto i risultati del bando di avviso pubblico pubblicato il 18 ottobre 2017: da gennaio in 100 scuole italiane ci si potrà iscrivere per i nuovi corsi di secondaria superiore di durata quadriennale: 44 al Nord, 23 al Centro, 33 al Sud.
Si dà il via all’ennesima sperimentazione, dopo che si era detto che la buona scuola avrebbe portato a regime le tante sperimentazioni degli anni passati e non se ne approvavano più. Chi passa dal ministero, anche per pochi mesi, deve per forza farsi ricordare? In scadenza di legislatura, dopo la pessima L. 107/15, la Ministra non trova altro da fare che avviare una novità, dicendo che da troppi anni se ne parla solo, così lei fa; continuano i governi del fare.
Tutto avviene in un sistema-scuola che soffre terribilmente soprattutto a causa dell’unica riforma rimasta indietro: quella della scuola media di primo grado che ormai sembra un’isola sperduta, in cui si aspetta soltanto l’aumento di qualche grado del mare di “buone novità” ministeriali per sommergerla definitivamente.
Dove si farà questa nuova sperimentazione? Dove cioè i genitori potranno iscrivere i figli fin dal prossimo gennaio? Il sito del ministero comunica: gli indirizzi (75 i liceali e 25 i tecnici); il tipo di scuola (73 statali, 27 paritarie). Ci dice che ogni scuola potrà attivare una sola classe sperimentale. Innanzitutto poniamo una domanda: perché anche le scuole paritarie possono fare la sperimentazione?
A seguito del bando emanato a ottobre, al Miur sono pervenute poco meno di 200 richieste di sperimentazione: 87 dal Nord, 45 dal Centro, 65 dal Sud. In particolare, 128 richieste sono arrivate da scuole statali, 69 da scuole paritarie; 147 da indirizzi liceali, 50 da indirizzi tecnici. Solo questi numeri potrebbero darci indicazioni sulla validità di tale sperimentazione. Non ci sembrano molte le richieste sembra che tutte vengano poi accolte per la pre-iscrizione a gennaio, cioè le altre 92, su richiesta regionale (che certamente vuol dire con soldi dale Regioni). Forse sono le stesse che avevano fatto domanda e, se leggiamo bene, troviamo una sperequazione di numeri relativi alle scuole statali e paritarie italiane.
Osserviamo un continuo aiuto al sistema chiamato paritario, ma che nei fatti è totalmente privato, ma operante con sussidi statali. Ormai, senza avere le stesse regole di assunzione dei docenti, fa parte del sistema statale, in molti casi nell’elenco sul sito ministeriale non c’è neppure più il termine paritario.
Fare una classe in meno presume un carico di risorse minore nei bilanci scolastici, chissà se nella distribuzione alle 27 scuole paritarie il ministero ne terrà conto. Non crediamo che le scuole paritarie siano più della metà delle scuole statali nel livello secondario superiore. Intanto supponiamo che ci saranno risorse sperperate anche per questa sperimentazione; immaginiamo non a costo zero gli incontri di programmazione, verifica ecc. in giro per l’Italia con la partecipazione di veri, ma più spesso solo presunti, esperti.
Con tutto il rumore che si fa per l’ASL, perché la sperimentazione di un anno in meno si fa in così pochi istituti tecnici? La distribuzione ci pare che sia avvenuta non seguendo una logica utile al ministero, cioè allo Stato, ma solo seguendo proporzionalità in base alle richieste pervenute, poi alla fine si accontentano tutti.
L’idea di far uscire un anno prima i giovani dovrebbe coinvolgere prima gli istituti tecnici e meno i licei, che avviano di meno al lavoro; forse detrarre in troppe scuole tecniche le ore di ASL (almeno speriamo che l’idea possa essere quella nelle classi sperimentali, e si accompagni a diminuzioni anche nelle altre) non è funzionale ad un sistema produttivo che utilizza gli studenti, soprattutto dei tecnici, non solo come “stagisti”, ma come veri e propri lavoratori.
Ci sovvengono altre osservazioni, anche guardando l’altra novità degli ultimi anni, ma soprattutto sapendo che la scuola media inferiore continua ad essere la stessa o pressoché uguale a quella costruita dalla riforma del 1962; era un altro periodo storico, si stava attuando la Costituzione togliendo le disparità fra scuole medie e di avviamento al lavoro. Che sperimentazione può essere quella che toglie un anno senza modificare l’organizzazione didattica degli anni precedenti?
Per esempio in molti sistemi le due scuole medie sono associate, non quella inferiore associata alla primaria come da noi. Poi dà più spazio a scuole private nelle quali l’organizzazione ha sempre permesso di velocizzare l’uscita, ma per i più abbienti, quindi in condizioni didattiche ben diverse dalle scuole statali? Ancora pari opportunità per la formazione e il futuro lavoro? Tutti i cittadini sono ancora uguali e lo Stato italiano continua a “rimuovere gli ostacoli” che impediscono il pieno sviluppo della persona?
Qualche anno fa si diede avvio al liceo sportivo, ma si obbligarono i licei statali (una sezione per un liceo scientifico per ogni provincia, così almeno diceva la norma) a prendere le iscrizioni solo dall’as 2014/15. Non si mise nessun limite alle scuole paritarie. Così si creò un’offerta per il nuovo indirizzo prima nelle paritarie e poi nelle statali. E la domanda era ed è ancora altissima.
Dove fossero e dove stanno anche ora le pari opportunità formative e la gratuità costituzionale dell’educazione, chi lo sa? La sperimentazione si fa attraverso un bando di avviso pubblico, cioè il Ministero non guarda più chi veramente può avere le migliori competenze per avviare una sperimentazione; tutto è a domanda, chi vuole partecipare…
Se guardiamo il liceo sportivo, apprendiamo dai giornali in questi giorni che una scuola paritaria bolognese chiuderà il liceo sportivo, cioè chiuderà la scuola superiore, perché costa troppo. Terrà solo i livelli più bassi dell’istruzione e, per Bologna, nella quale le rette delle scuole dell’infanzia comunali aumenteranno, questa può apparire l’ennesima scelta di mercato che il sistema privato/paritario può fare più facilmente rispetto allo statale. Comunque gli studenti che, abbiamo appreso dai giornali pagano € 4.500,00, dove andranno? A livello politico il ministero come può giustificare i denari pubblici arrivati alla paritaria quando si sfila dal concludere un percorso di studi programmato?
Ora, con questa nuova sperimentazione di quattro anni, ma sempre uguale prassi politica, che cosa si vuole fare? Quale progetto c’è dietro, oltre all’idea per un futuro taglio di risorse nell’educazione? Perché dare la possibilità di avere una classe in meno subito, in via sperimentale, alle scuole paritarie? Se poi il controllo è come quello che si fa sui licei sportivi, non vediamo l’utilità, ma neppure la democraticità, in quest’ennesima novità.
Rimanendo al percorso sportivo, in molte regioni ci sono molti più licei, in totale, rispetto al numero delle province; moltissime sono paritarie; poi in molti istituti, sia statali sia paritari, ci sono più sezioni ad indirizzo sportivo e tutti chiedono maggiori finanziamenti dallo Stato, anche per pagare il sistema sportivo negli interventi, convenzionati, svolti.
Questo è il livello di controllo ministeriale: il lasciare fare, senza guardare lo sperpero di denaro, solo perché non si verificano prima le competenze che gli insegnanti di educazione fisica possono mettere in campo autonomamente in questo indirizzo.
Già dal comunicato stampa del 28 dicembre per la sperimentazione di percorsi quadriennali si segue la stessa strada: si derogherà dal numero di 100 con la richiesta pervenuta dalle regioni: tutti ammessi. Si può fare diversamente quando c’è un’elezione politica alle porte?
Unitarietà di sistema scolastico? Piuttosto diremmo completa anarchia, prevedibile già nel 1999 con l’autonomia delle scuole ed i cambiamenti di funzioni dei docenti; i padri costituenti continuano a rivoltarsi nelle tombe.

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