Intanto su Bologna: il governo dei comitati d'affari

3 Ottobre 2017 /

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Bologna
di Silvia R. Lolli
Chi vorrà credere ancora che abbiamo un’amministrazione Politica a Bologna, città o città metropolitana o regione è indifferente il livello? Non ci siamo sbagliate, la “P” la intendiamo maiuscola. Quella attuale appare soltanto un comitato d’affari. Visto come si fa imprenditoria in Italia, speriamo anche di non avere brutte sorprese nei bilanci pubblici.
Ci potremmo poi chiedere a chi si rivolgono gli affari, molto poco ai cittadini. L’amministrazione attuale ha l’obiettivo di confondere chi ancora segue la politica (cioè va a votare e cerca di continuare ad interessarsi della cosa pubblica) con i proclami: attraverso i mass media continuiamo a conoscere, soprattutto a posteriori, gli incontri con ministri ed imprenditori; c’è una spasmodica ricerca di un business privato, sotto mentite spoglie del bene comune, perché della comunità si perdono tutti i riferimenti; si è alla ricerca continua di soldi. Per chi poi?
Non ci vengano a dire che è per continuare a sviluppare Bologna e la Regione, perché si mantengano a livelli mondiali, per dare lavoro o altre amenità del genere. Piuttosto ci sentiamo in un clima di Bologna “da bere” di milanese memoria, ma tra un po’ anche noi potremo parlare a pieno titolo di Bologna “da mangiare”.

Purtroppo non siamo in una favola in cui sappiamo che l’orco morirà e che tutti vivremo felici e contenti. Forse il paese del Bengodi ed il Grande Fratello ci daranno gioia e felicità. Non importa impegnarsi, andare a votare, bastano pochi voti e con le maggioranze lobbistiche si svilupperanno territori ed il paese tutto. Basta credere.
Per raggiungere gli obiettivi affaristici è sufficiente avere obiettivi di breve periodo e cambiarli accordandosi con chi può fare le leggi: Parlamento e Governo del maggioritario con premio ed eletto con una legge dichiarata contro Costituzione, oppure Regione con maggioranza schiacciante. Poi ogni progetto pensato a tavolino con questi gruppi lobbisti è comunicato per un’approvazione passiva dai cittadini, così passerà con pochi problemi.
Che cosa può importare se poi ci sono persone o comitati contrari? Tanto la moda dei comitati ha accelerato le frammentazioni sociali odierne; sono solo minoranze, possiamo andare avanti tranquilli, basta comunicare nel modo e momento giusto; il subliminale vincerà. A chi interessa se poi la maggioranza dei cittadini non va a votare? Siamo pur sempre in democrazia, c’è scritto nell’art. 1 della Costituzione:

“L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione”.

E poi non c’è la libertà di voto? E se la legge è incostituzionale?… Poco importa, intanto finiamo la legislatura così possiamo avere la pensione… In altri tempi la Politica aveva almeno il compito di ascoltare e cercava di studiare soluzioni diverse; almeno sembrava che le importasse una partecipazione al voto della maggioranza del popolo, e attuare l’articolo 1 della Costituzione per non rendere oligarchico il potere ormai quasi plutocratico. Nessun partito c’è, si dissolve completamente.
È una semplice rappresentazione delle attuali vicende bolognesi e italiane che stanno cambiando il volto di un territorio, sempre meno città, regione, stato democratico; partendo da noi vediamo:

  • proposta di legge urbanistica regionale;
  • manutenzione Stadio dall’Ara e vicende collegate alle aree più o meno contigue (spinta per cambiare ancora la legge nazionale);
  • legge regionale sullo sport (che ormai con i finanziamenti ricevuti è da intendersi soprattutto di turistico imprenditoriale);
  • People Mover;
  • continue variazioni e deroghe al PSC da parte degli uffici, con silenzi assenzi e accondiscendenze politiche.

Non ultima poi, è di queste ore, l’informazione delle rilevazioni di Raffaele Cantone su un altro business affaristico a Bologna: il Tecnopolo, area ex manifattura tabacchi. Non vogliamo andare oltre, ma ricordiamo Passante, FICO. Ci limitiamo a constatare il minimo comune denominatore: la mancanza di Politica con uno sguardo lontano e gratuita; ha abdicato per piani strategici annuali di aziende, più o meno di cooperative o finanziarie in crisi o in altre “faccende affaccendate”.

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