Napoli in ripresa: non è un fuoco fatuo

7 Agosto 2017 /

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di Sergio Caserta
Chi come me – partenopeo che non vive più a Napoli da molto tempo – tornandoci periodicamente per insopprimibile amore, non può non registrare con soddisfazione un costante cambiamento della città e soprattutto dei napoletani. Siamo abituati alla cautela e collaudati dalle tante delusioni: flussi e soprattutto riflussi in quest’ultimi trentanni ne abbiamo visti tanti, perciò nessuna esaltazione, né lodi a ennesimi rinascimenti.
Napoli in realtà muore e rinasce ogni giorno: questa nuova fase, che coincide con il secondo mandato di Luigi De Magistris, mi sembra mostri chiari elementi di evoluzione. In primo luogo e alla base, c’è il consolidamento del flusso turistico imponente ancor più per qualità che per la notevole quantità. Turismo straniero, ma anche tantissimo italiano cui corrisponde una crescita di servizi, ristorazione, arte, artigianato, cultura non più come fenomeni marginali ed effimeri.
No, sta crescendo una cultura imprenditoriale autoctona, rivolta a soddisfare domande più esigenti e diversificate, basti osservare l’offerta gastronomica e gli apprezzabili miglioramenti nell’imponente rete museale e culturale.

Anche dal punto di vista urbanistico è significativo osservare quante ristrutturazioni di immobili a uso abitativo, artistico e commerciale stanno avvenendo: è il segno più evidente di questo cambiamento, vuol dire che i privati investono perché credono al futuro economico della città. Certo, non è ancora quella trasformazione radicale e definitiva che Napoli dovrebbe realizzare sotto tanti punti di vista, servizi in senso più ampio, mobilità diffusa e puntuale efficienza della pubblica amministrazione, superamento definitivo delle sacche di passività e menefreghismo, ecc, ecc.
Per questo ci vorrà ancora tanto lavoro. Se però sono i napoletani, in particolare il popolo dei quartieri un tempo degradati ed oggi in risveglio, a convincersi che un cambiamento è possibile e conveniente, allora ci sono le premesse perché tutto cambi. E’ questo l’augurio di chi, avendo vissuto l’esperienza esaltante della prima amministrazione di sinistra, quella del sindaco Maurizio Valenzi, la fase dei sogni che si avveravano, le conseguenze nefande del terremoto, quella altrettanto felice e solida di Antonio Bassolino con tutte le successive ricadute, ritiene che oggi la maturità e la consapevolezza di una parte molto significativa dei napoletani, sia una scommessa già in parte vinta.
A una città servono grandi progetti per dotarsi delle infrastrutture necessarie, quindi ben venga la nuova Bagnoli se sarà una trasformazione a salvaguardia dell’ecosistema e della legalità, ma sono ancor più importanti la vitalità economica e sociale diffusa nel territorio, le iniziative “dal basso”. Questo forse dovevano comprendere taluni “riformatori” che hanno espresso una visione del governo, magari illuminata, ma solo dall’alto.
Questo articolo è stato pubblicato dal FattoQuotidiano.it il 4 agosto 2017

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