di Micol Lavinia Lundari
Anzola dell’Emilia si risveglia oggi orfana, e più povera. Orfana di quello che è stato un padre per molte generazioni, e fino a oggi una guida e un collante per l’intera comunità. Se n’è andato a 93 anni ancora da compiere – e a poche ore dall’anniversario della caduta del fascismo – Adelmo Franceschini, sindaco del paese per tutti gli anni Sessanta, militare internato in Germania, nome e volto conosciuto non solo nell’ambito locale dell’antifascismo e della Resistenza, ma anche per il suo incrollabile impegno per la memoria dei tragici e terribili fatti vissuti, instancabile testimone che ha speso energie e fatica perché i più giovani potessero conoscerli dai suoi racconti.
Il nazismo ha provato ad annientarne la forza e il coraggio, rendendo Adelmo un numero. L’internato italiano numero 46737 del campo tedesco di Barsdof, dove giunse alla fine del 1943, dopo aver rifiutato di aderire alla Repubblica di Salò. Franceschini sopravvisse per quasi due anni alla fame, al freddo e alla fatica, con i pochi stracci che aveva addosso durante i rigidi inverni tedeschi, ai lavori forzati in una fabbrica di missili 4 km fuori dal campo, e poi, negli ultimi mesi di prigionia, persino trascinato dai tedeschi sul fronte sul fiume Oder contro i sovietici, a scavare le trincee, e finì con una decina di compagni nel bel mezzo della ritirata dei nazisti.
La sua liberazione giunse il 1° maggio 1945, ma potè tornare a casa solo a settembre di quell’anno. Per molto tempo Franceschini rimase in silenzio, impegnandosi nella politica e nel sociale (alla Camera del Lavoro e poi in Municipio ad Anzola), con lo sguardo “verso il futuro, probabilmente per dimenticare l’orrore e tacendo sulla tragedia che aveva vissuto e che era costata la vita a tanti compagni. Poi, a decenni di distanza da quei fatti, la decisione di raccontare tutto a chi, per ragioni anagrafiche, non poteva aver visto: “Gli onesti non devono tacere”, si disse. E cominciò la sua missione civile fra i giovani.
Spesso con il giornale sotto il braccio, presente – come un’istituzione senza tempo e senza scadenza di mandato – a ogni avvenimento pubblico di Anzola, come la festa dei palloncini il 20 aprile, giorno della Liberazione del suo paese, e ogni incontro organizzato dall’Anpi. Adelmo Franceschini, finché la salute gliel’ha permesso, ha girato per tutte le scuole della provincia e non solo (partecipò a eventi e incontri anche a Cinisi, Pozzallo, Modica, Nocera Inferiore, Ragusa, Vibo Valentia), sempre alla guida della sua auto, per raccontare a bambini e ragazzi l’orrore nazista. L’ha fatto col suo modo schietto e concreto di narrare, senza indugi, con gli occhi sempre brillanti, fra emozione e dolore. L’ha fatto perché convinto che non si possa dimenticare, che non si possa ignorare, nemmeno a decine di anni di distanza. E’ stato un libro di storia aperto e tangibile per centinaia se non migliaia di giovani studenti del territorio. A Ferrara, due anni fa, dopo il suo racconto sulla deportazione e la vita nel campo di concentramento, un bambino lo avvicinò e gli chiese un autografo, come si fa con i propri idoli: “Non voglio dimenticare questo giorno”, si giustificò l’alunno.
Quando compì 90 anni il Comune di Anzola, assieme all’Anpi, decise di festeggiarlo, e produsse un libretto e delle magliette con la scritta: “Sempre e per sempre dalla stessa parte. Come Adelmo”. Lucido analista della situazione attuale, con la necessità di puntellare la democrazia italiana di fronte a rigurgiti del passato, così raccontava a Giovanni Modica Scala in “Resistenza Bolognese”, il mensile di “Dieci e venticinque”: “Il dramma dell’Italia è che, a differenza della Germania, non ha ancora fatto i conti con la propria Storia. Uno dei mali peggiori è l’indifferenza. Sono convinto che ci sono ingredienti e molte analogie con quello che successe molti anni fa, anche se in un contesto diverso. I ragazzi devono conoscere la Storia perché gli serva per essere più preparati e meno indifferenti sul presente, altrimenti non serve a niente. La memoria e la storia sono importanti per capire il presente e costruire il futuro”. E ancora: “Io credo – ne sono convintissimo – che abbiamo bisogno adesso di un grande riscatto civico attraverso una battaglia culturale […]. Son preoccupatissimo, però non perdo mai la speranza. In campo di concentramento, se perdevi la speranza, dopo pochi giorni morivi. Quindi dovete essere attenti, consapevoli delle difficoltà, ma dovete vivere la speranza e la fiducia che è possibile costruire un mondo diverso, più giusto, un mondo di pace.”
Anna Cocchi, presidente dell’Anpi di Bologna, ex sindaco di Anzola, ricorda Adelmo con commozione “come un padre e un nonno per tutti noi” e “una guida e un maestro dell’antifascismo”. “La sua passione e l’impegno civile sarà sempre un esempio per tutti noi”, scrive Simonetta Saliera, presidente dell’Assemblea legislativa della Regione: “Ci ricorda ogni giorno da dove è nata la nostra democrazia, di cosa si alimenta la nostra libertà e di cose si deve fare per costruire la giustizia sociale”.
Per il deputato dem Andrea De Maria Franceschini fu “un esempio di rigore, di serietà, di passione politica e civile”, “protagonista di un lavoro preziosissimo sulla memoria della deportazione italiana durante gli anni tragici della occupazione nazifascista, era un caro amico”. Le esequie di Franceschini si terranno venerdì 28 alle 11.30 nella cappella del cimitero di Anzola. Per quella giornata l’amministrazione comunale ha proclamato il lutto cittadino, “omaggio e riconoscimento a chi ha messo energia, intelligenza, passione e impegno civile al servizio della comunità”.
Dalla pagina Facebook Gli amici di Adelmo Franceschini:
Alcune informazioni per chi volesse dare l’ultimo saluto al nostro amato Adelmo. Venerdì 28 camera mortuaria all’ospedale di San Giovanni in Persiceto (9.30-10.45) a seguire rito funebre presso la cappellina del cimitero di Anzola (11.30).
Questo articolo è stato pubblicato da Repubblica Bologna il 26 luglio 2017