In ricordo di Piero Pesce, morto il 4 luglio all'età di 63 anni

7 Luglio 2018 /

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di Sandro Padula
A Roma ti vedevo spesso, anche una volta alla settimana, durante gli anni della tua adolescenza: a piazzale Clodio con “Valpreda è innocente, la strage è di Stato”; al corteo studentesco fra viale della Primavera e l’enorme cancello da buttare giù davanti ad uno stabile inutilizzato di via Aquilonia; nello stanzone fumoso degli anarchici a via dei Campani o presso il ciclostile della redazione del settimanale “Umanità Nova”, a via dei Taurini.
In seguito, fra il 1974 ed il 1976, nel periodo di crisi di tutti i gruppi della nuova sinistra, le cose cambiarono. Ti vedevo di meno rispetto a prima ma di sicuro ti vidi a Campo de’ Fiori per protestare contro il regime franchista spagnolo che, addirittura con la garrota, aveva ucciso l’anarchico catalano Salvador Puig Antich.
Era il tempo in cui la compagneria, specie dopo l’occupazione delle case a San Basilio e l’uccisione di Fabrizio Ceruso da parte delle “forze dell’ordine”, cercò di radicarsi meglio nel territorio. Era il tempo della “disobbedienza civile” con l’autoriduzione delle bollette del telefono e della luce. Era il tempo dell’Assemblea Cittadina della variegata area dell’Autonomia.

Nel 1977 la situazione cambiò di nuovo. Allora si andava ai cortei col passamontagna, coi fazzoletti ed i limoni per contrastare l’effetto dei lacrimogeni. Non potevo riconoscerti ma senza dubbio c’eri anche tu, compagno delle strade e delle comuni musiche e letture che formarono la nostra coscienza. Non potevo riconoscerti ma senza dubbio c’eri anche tu nelle successive manifestazioni contro i governi – iniziati nel 1976, conclusi nel 1979 e saldamente egemonizzati dalla Democrazia Cristiana – della “solidarietà nazionale” e della nascita delle persistenti “carceri speciali”.
Ricordi lo slogan “centro-destra o centro-sinistra la legge di Stato è sempre fascista”? Ricordi che volevamo l’abolizione del codice penale fascista? E invece, proprio quel codice, c’è ancora. Per due decenni ci siamo persi di vista. Ti ho incontrato di nuovo una ventina di anni fa circa al Casale Falchetti, lì dove ha sede il Laboratorio Sociale Autogestito Centocelle. Nella tua faccia simpatica, avevi ancora gli occhi onesti e generosi dell’adolescenza.
Oggi, grazie alle numerose testimonianze di tuoi amici, parenti e compagni, ho scoperto mille altre cose di te: ad esempio la passione per i funghi e la militanza nell’Unione Sindacale di base. Da quanto sono riuscito a capire, per mezzo secolo hai mantenuto un particolare amore per la libertà dalle oppressioni e per l’autogestione dal basso della società.
Mancherai molto a me e alle migliaia di persone che hanno avuto la buona fortuna, almeno un po’, di conoscerti. Alle ore 18 del 5 luglio, in uno stanzone del Casale Falchetti, mi sono avvicinato alla tua bara ma c’erano centinaia di persone attorno e non ho avuto la forza di toccarla e di trattenere le lacrime. Solo quando mi sono un po’ ripreso ho cercato e visto la tua bellissima figlia, le ho parlato un po’ di quando eri un ragazzo e le ho accarezzato il viso come avrebbe fatto suo padre!
Ciao, Piero Pesce! Ciao spirito ribelle, comunista e libertario!

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