Bologna: stadio, antistadio e urbanistica, allarghiamo un po' lo sguardo

10 Luglio 2017 /

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di Silvia R. Lolli
La legge 147/13 è stata modificata a maggio del 2017 e sta facendo fare una riflessione a Saputo proprietario del Bologna e probabilmente anche a Maccaferri, immobiliarista e interessato all’affaire bolognese, Stadio-Cierrebi-Prati di Caprara, come ci ricorda Emilio Marrese su bologna.repubblica.it del 7 luglio.
L’articolo è esplicito, alla faccia delle dichiarazioni sul progetto non ancora presentato che ci venivano raccontate il 5 luglio durante il secondo incontro al quartiere Borgo Panigale-Reno; Marrese: “l’obiettivo è quello di creare un polo della moda ai Prati di Caprara…” e “…aree compensative dove realizzare business che consentano a Joey Saputo di sostenere la spesa della ristrutturazione dello stadio (circa 70-80 mln totale)”.
Cosa dice la nuova legge che rende tutto più complesso, ma ancora possibile, così è almeno la visione di Claudio Fenucci, ad del Bologna FC? Semplicemente una cosa banale: che occorre destinare ad usi commerciali aree contigue, cioè vicine allo Stadio. L’Antistadio quindi sarà cancellato certamente; non dovremo attendere i famosi progetti esecutivi come ci viene detto in ogni riunione.

Questa legge, leggiamo l’articolo de “Il Fatto Quotidiano” del 27 aprile 2017, a firma Cardone e Vendemiale, permette ora di costruire appartamenti con i nuovi stadi, “..il governo Gentiloni ha cancellato il vincolo che impediva di inserire la realizzazione di complessi di edilizia residenziale all’interno del progetto dei nuovi campi sportivi. Che siano dedicati al calcio o ad altri sport poco importa: basta disegnare arene con capienze da almeno 20 mila posti…”. Nell’articolo si parlava dello stadio di Firenze. L’intervento legislativo si è fatto nella “finanziaria-bis” (c. 1 art.62) promulgata prima di Pasqua.
Ora ci chiediamo se la dichiarazione ufficiale data a Marrese sia la causa vera, oppure se per chi fa business non sia più facile costruire Stadio ed annessi in area vergine. È dunque anche per gli stessi motivi che Maccaferri non ha ancora rogitato per l’acquisto del Cierrebi?
Comunque in attesa della promulgazione della legge regionale urbanistica, qui c’è stata anche l’approvazione, in tempi velocissimi, della legge regionale sullo sport che permette già quelle deroghe ai piani urbanistici comunali per gli impianti sportivi, come del resto la stessa L. 147/13 poteva permettere, rinviamo alla lettura dell’articolo di Paolo Berdini “Il paravento del pubblico interesse: territori e città come immensi stadi di calcio” contenuto nel libro a cura di Iliaria Agostini “Consumo di luogo. Neoliberismo nel disegno di legge urbanistica dell’Emilia-Romagna” Ed. Pendragon. Libro scritto a più mani per denunciare i veri contenuti della legge sull’urbanistica che la regione Emilia-Romagna cercherà di approvare da settembre. Speriamo intanto che si estenda l’informazione a cittadini che possano manifestare il proprio dissenso.
Prima di aprire lo sguardo sul Dall’Ara e dintorni e proporre un modo, forse vecchio(?), di fare politica territoriale, dovremmo rivolgere domande ai nostri amministratori; sono stati per lo più confermati dopo che al termine del mandato scorso avevano approvato sia la rigenerazione dello Stadio Comunale piuttosto che una nuova costruzione su area agricola della città metropolitana sia il cambio d’uso dell’area dei Prati di Caprara.
Non ci risultano in quel periodo approvazioni per cambi di destinazione d’uso per l’area Cierrebi; i soci, azionisti della banca, hanno intanto fatto un esposto in procura. Comunque come abbiamo verificato in questi giorni, vedi l’area destinata a F.I.CO., è sempre più facile ottenere varianti al piano urbanistico di Bologna. Chi ci guadagnerà sul valore dell’area destinata al nuovo albergo? Non crediamo possa diventare questa una plusvalenza da leggere nei bilanci comunali, anche se qualche interesse economico nell’operazione il Comune l’ha mantenuta.
Però ci sembra che il Comune e la città metropolitana stiano giocando troppo con i fondi immobiliari e con le regole urbanistiche. I risultati, girando per una Bologna che si svuota in molti mesi dell’anno, si vedono: nessuno può negare il caos estetico che traspare in molte zone in cui si continua a costruire, senza neppure mantenere linee architettoniche definite molto bene dai piani urbani di molti anni fa, quando ancora Bologna era presa ad esempio nel mondo.
Nei prossimi tempi vogliamo vedere quale linea politica i nostri amministratori racconteranno dopo questa pausa di riflessione dei privati investitori.
Noi speriamo che siano capaci almeno di cercare le plusvalenze per il bene pubblico, cioè creando investimenti pubblici. Non ci sono soldi? La legge di stabilità non permette sforamenti di bilancio? Tutto vero, ma pensiamo che in un bilancio ci siano altre modalità di intervento: non sprecare soldi in interventi superflui; avere priorità per una visione di più lungo periodo, magari come quella che ha messo in campo De Magistris in una città difficile come Napoli; mettere a bilancio realmente la qualità della vita; perseguire veramente chi non rispetta le regole; costruire un bilancio economico veramente partecipato…
Quella di Bologna degli ultimi anni è una politica che continua a navigare a vista, che non ha una visione del futuro propria, è quella dei palazzinari o in genere costruttori, privati e cooperative. È una politica che mette i tavoli partecipati di fronte a fatti compiuti da uffici troppo propensi a facilitare un settore edilizio, comunque in forte crisi, ma riteniamo di più per la sua scarsa capacità di rinnovare gli obiettivi e metterli in linea con il futuro. C’è scarsa qualità del settore che chiede varianti per facilitare i suoi compiti sul nuovo, tra l’altro non sempre ben costruito, piuttosto che preparare maestranze più capaci nel restaurare e rinnovare realmente gli edifici sia pubblici, sia privati.
Ci chiediamo se questa politica che naviga a vista e che è interessata solo agli anni di un mandato (Orioli il 5 luglio l’ha esplicitato bene questo pensiero; “se tra cinque anni nell’area Prati di Caprara non si farà nulla…”.), che quindi fa e disfa in un rimpallo istituzionale sempre più caotico di leggi e leggine, non potrebbe fermarsi un attimo e riprendere alcune buone pratiche politiche di un passato forse troppo lontano dai giovanilismi attuali.
Per esempio se prendiamo l’area Prati di Caprara il problema è quello di bonificare a zero costi per il Comune? Il problema di far rendere di più l’area urbanizzandola solo perché la società INVIMIT di emanazione del Ministero del Tesoro deve produrre un valore economico alto per evitare i vuoti di bilancio di una Cassa Depositi e Prestiti saccheggiata (era un vero salvadanaio costruito con i risparmi dei cittadini) dalle politiche liberiste (fra le quali ci sta anche la privatizzazione di Poste Italiane), non ci interessa in questa fase. La esamineremo.
Perché il Comune non fa una politica dei piccoli passi? Cioè comincia ad usare economie di spesa, oppure piccoli investimenti per bonificare a poco a poco l’area. Tra l’altro non si sa neppure quale livello d’inquinamento possano avere i Prati di Caprara; forse non tutta l’area soffre di quell’inquinamento alto che ci hanno raccontato alla sala Falcone e Borsellino. C’è il segreto di Stato per questa informazione ora che l’area non è più militare? I “se” e i “ma” dei racconti che sentiamo cominciano a starci stretti e ci fanno pensare che non si vuole raccontare mai tutta la verità.
Se poi così fosse, come mai c’è in questa zona un’area orticola, da anni assegnata dal Comune di Bologna ai cittadini che ne fanno richiesta? Se la politica ragionasse per il bene pubblico potrebbe recuperare risorse economiche, anche solo usando in modo diverso le entrate dei fondi sociali europei. Per esempio ai Prati di Caprara ci sarà, con l’investimento privato, una nuova mobilità e si prevede anche una via ciclo-pedonale importante. Perché non partire da questa e lasciar perdere il ricorso ai privati usando i fondi sociali europei. Potrebbero essere già gli stessi che si stanno utilizzando per i prossimi cinque anni nei sei quartieri per fare i laboratori partecipati, in genere di piccolo cabotaggio; con gli stessi danari si potrebbe costituire un importante laboratorio per studiare con i cittadini la messa in sicurezza e la costruzione del più volte promesso parco urbano, cominciando già o facendo completamente la bonifica.
Siamo certi che i fondi spesi per la costruzione di piste anche sui marciapiedi negli anni passati non potessero essere spesi già su quest’area? Forse lavorando per piccoli passi, ma con una visione certa e pluriennale si poteva e si potrebbe finalmente costruire quella visione di lungo periodo che aveva reso Bologna una città urbanisticamente importante nel mondo.
Chissà che prima o poi non riusciamo a riprenderci questo ruolo, ma la strada deve passare da amministratori che non hanno paura di andare contro poteri privati ormai troppo presenti in città ed avere a cuore realmente il bene comune. È solo questione di vision politica.

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