di Silvia R. Lolli
Open Space Technology (Ost) è una metodologia elaborata per rendere più partecipanti i cittadini alle scelte delle amministrazioni politiche. Oggi è utilizzata per elaborare nei singoli quartieri di Bologna proposte su piccoli interventi del valore di 150.000 euro annuali da spendere grazie ai fondi sociali europei. Si tratta dei così detti Pon, in questo caso progettati per la città metropolitana. Dalla brochure, che viene data ad ogni partecipante, apprendiamo che questi laboratori hanno la finalità di “creare proposte per il quartiere” e aiutare a “definire le priorità nel campo del sociale, dell’educazione, dello sport, della cultura, del digitale”.
È un percorso strutturato in 6 tappe: in aprile-maggio 2017 ci sono state le definizioni delle priorità con i quartieri e la presentazione alle associazioni; a giugno si sono svolti i primi incontri laboratoriali nei 6 quartieri aperti a tutti i cittadini. Al termine di questa fase, il 30 giugno, si sono raccolte tutte le proposte, anche online, emerse nei diversi tavoli di partecipazione.
Luglio 2017 è il mese dedicato alla co-progettazione delle proposte emerse. A settembre invece verranno pubblicizzate le proposte e si consegneranno le linee guida, in modo che a ottobre si potranno votare le proposte del “bilancio partecipativo” (è il termine che identifica questo processo) e infine a novembre si terrà la presentazione dei risultati del voto e l’avvio dei progetti e delle linee guida per il 2018.
Si sono dunque individuate in ogni quartiere delle zone o edifici pubblici in cui occorre intervenire e l’intervento si potrà fare grazie al Pon-metro. Ogni anno si avrà l’intervento in una zona diversa; sono poi già attivi percorsi con particolari obiettivi in zona Barca-Reno, Villa Spada e dintorni, Bolognina e nella zona universitaria.
Bellissima idea recuperare patrimonio pubblico con fondi europei. A essa poi la politica bolognese ha potuto collegare l’idea della partecipazione; la proposta è dunque positiva, in linea con i tempi. Peccato che la partecipazione sia scarsa, almeno nell’incontro visto al quartiere Borgo Panigale-Reno. Per la verità non siamo rimasti troppo, quindi non abbiamo partecipato ai tavoli di lavoro, ma abbiamo potuto notare la presenza di un centinaio di persone tra le quali i dipendenti comunali dei quartieri, i facilitatori del percorso, i consiglieri di quartiere.
Dai primi interventi, del pubblico, fatti in un palazzetto Biancolelli torrido, abbiamo notato molti temi specifici di associazioni: sguardi verso i giovani (con la solita frase, “qui non ci sono spazi per giovani…”), per l’integrazione dei diversamente abili; particolare è stato l’intervento di un maestro, il solo nel momento in cui siamo stati presenti, che ha fatto una proposta concreta per una continuità educativa sul territorio.
Le altre ci sono sembrate le solite richieste; del resto i temi associativi sono spesso limitati alla specificità dell’associazione, e parlare di giovani da parte di persone di mezza età o anziani non è sempre la via migliore per dare risposte adeguate ai disagi giovanili. Se veramente i giovani devono essere al primo posto occorre far parlare loro, bisogna intercettarli e capire di che cosa hanno veramente bisogno. La politica che vorremmo non può cercare o creare sempre un’intermediazione per risolvere i problemi sociali, di integrazione eccetera; magari, in altre zone della città, si sta impedendo a giovani, anche più adulti, di continuare esperienze significative su aree dismesse da anni.
A questo incontro dunque mancavano interlocutori importanti, oltre ai giovani, gli stranieri. Il Villaggio Ina è una zona che vive una trasformazione non solo generazionale, ma soprattutto etnografica. Durante la campagna elettorale dello scorso anno, parlando con alcuni commercianti del Villaggio Ina ed osservando soprattutto la zona, abbiamo potuto verificare la presenza di molti abitanti con bambini di etnia diversa e anziani.
I commercianti, fra l’altro molti già di altri paesi, lamentano un vuoto territoriale, soprattutto la sera, che non è solo negativo per il loro commercio: gli anziani non escono più come prima; le famiglie di altri paesi o fanno gruppo a sé, oppure rimangono in casa e contribuiscono poco al consumo di beni.
È una trasformazione importante per luoghi finora molto vissuti in tutte le ore del giorno e l’informazione di molte iniziative ci conferma ciò.
Un intervento finanziato con uno sguardo realmente sul futuro dovrebbe prevedere la partecipazione di giovani e stranieri, anche per sostenere i temi emersi l’11 maggio all’incontro preliminare. Intanto sui cartelloni, con i quali si ricordavano anche le regole dell’Ost (è organizzato dall’Urban Center con l’aiuto di laureati dell’Università di Bologna), erano scritte le tracce del lavoro partecipato da svolgere:
- 1) quali interventi di manutenzione, valorizzazione e rigenerazione di spazi pubblici per il Villaggio Ina-Borgo centro?
- 2) Quali azioni per un Villaggio Ina-Borgo centro attento alla formazione, alla cultura e allo sport?
- 3) Verso una Casa Boschini come punto di riferimento per tutto il Villaggio Ina.
Dalla nostra breve osservazione il primo incontro del laboratorio di Borgo Panigale-Reno, ci è sembrato limitato; speriamo che durante il corso della serata siano uscite proposte più in linea con la realtà territoriale odierna.
Ci auguriamo che si vada oltre a mere specificità di singoli per uno sguardo più ampio e presbite.