L'urbanistica muore in Emilia Romagna: fino alla fine del suolo

13 Febbraio 2017 /

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di Sergio Caserta
Venerdì 3 febbraio nella sede della regione si è svolto il convegno “fino alla fine del suolo”, promosso dai gruppi consiliari del Movimento cinque stelle e dell’Altra Emilia Romagna. L’incontro, molto partecipato, aveva lo scopo di discutere pubblicamente e in modo approfondito la nuova “disciplina regionale sulla tutela e l’uso del territorio”.
La legge che dovrà, nelle intenzioni del proponente assessore Raffaele Donini, sostituire l’attuale legge 20 del 2000, si pone l’obiettivo di ridurre il consumo di suolo per nuove realizzazioni entro il 3% per giungere entro il 2050 al cosiddetto “consumo a saldo zero”(come prescritto dalle norme europee), dato dal saldo tra le aree per le quali la pianificazione prevede insediamenti al di fuori del perimetro urbanizzato e quelle per le quali. all’interno dello stesso perimetro, preveda la rimozione del cemento e dell’asfalto esistente.
Ora a questo enunciato seguono una serie di norme che stabiliscono eccezioni e deroghe che di fatto vanificano l’obiettivo del contenimento entro il 3% del consumo di suolo. Infatti la legge prevede che tutti i progetti rientranti in piani comunali o sovra comunali preesistenti, nel momento in cui i proprietari delle aree interessate alle trasformazioni, ampliamenti e nuove edificazioni, comunichino entro i prossimi tre (o forse addirittura cinque) anni la volontà di dar corso all’intervento, il Comune non potrà rifiutarsi di inserire il progetto nel nuovo unico strumento di governo del territorio, il PUG piano urbanistico generale che sostituirà tutti gli strumenti precedentemente previsti.

Ciò che si evidenzia in questa legge in modo perfino eclatante è la pressoché totale sottomissione dei Comuni alla volontà e agli interessi dei privati i quali di fatto propongono, anzi si potrebbe dire facilmente, impongono accordi per realizzare i propri progetti, in assenza di qualsiasi indirizzo di programmazione e di definizione di criteri generali da parte degli enti che li devono autorizzare.
Una legge che sotterra ogni precedente funzione di costruzione da parte del pubblico dei principi e delle idee su cui realizzare le trasformazioni delle proprie città, come se la stessa nozione di pubblico interesse, debba necessariamente essere soppressa in nome del supremo interesse dei singoli. Si comprende il sovvertimento di valori, e perfino di precisi dettami che la Costituzione ha ben definito, laddove individua proprio nel superiore interesse generale, il confine invalicabile dell’utile privato (articoli 41, 42 2 43) e la potestà dei comuni in materia, che qui viene lesa (art. 118).
I Comuni vengono declassati ad enti del tutto privi di capacità di visione e di governo del territorio se non dentro l’ambito della negoziazione degli interessi e di accordi privatistici che diventano essi l’unica forma di previsione. Così muore l’urbanistica come precipua funzione pubblica ordinamentale di definire criteri, parametri e obiettivi della trasformazione del territorio. Un funerale in piena regola, al quale sembra, per bocca dell’assessore che i Sindaci abbiano già risposto affermativamente, prima ancora che la legge sia ufficialmente presentata.
La discussione nel convegno ha raggiunto livelli elevati di analisi con circostanziate argomentazioni da parte del miglior raggruppamento di tecnici ed esperti che si potesse mettere in campo. Vezio De Lucia, Paolo Berdini, Paola Bonora, Marina Foschi, Pierluigi Cavalcoli, Ezio Righi e Giovanni Losavio, solo per citare i più noti, hanno di fatto smontato pezzo per pezzo, l’impianto della legge, dimostrando la sua pericolosità per il futuro del territorio della regione e per l’Italia intera, considerando il ruolo di traino, in questo caso in negativo, che storicamente l’Emilia Romagna, ha rappresentato, nel passato in positivo come la regione meglio governata sotto il profilo della qualità della pianificazione e della capacità d’innovazione, salvaguardando complessivamente meglio l’ambiente di quanto non si sia fatto nel resto del Paese.
Pur se negli ultimi quindici anni di fatto il consumo di suolo sia cresciuto molto più della media nazionale, e quella funzione si era già progressivamente smarrita. La crisi economica e del settore edilizio ha rallentato questo processo prima tumultuoso, ma sono pronti 250 chilometri quadrati di nuove costruzioni che rappresentano il “Moloch” di cemento sul territorio, già in gran parte sfibrato dall’espansione dei decenni precedenti che ha pavimentato mezza pianura emiliana e anche parte del sistema collinare, tranne lodevoli eccezioni.
Due sindaci “di peso” Daniele Manca di Imola e Isabella Conti di San Lazzaro di Saven, sono intervenuti in soccorso di Donini, dopo il convegno, a sottolineare che non si può sacrificare l’economia e l’occupazione in nome di un alt generalizzato al consumo di suolo, ironizzando anche sull’astrattezza delle opinioni degli urbanisti, che non starebbero in trincea (di cemento?) e quindi non conoscerebbero la realtà, rinverdendo l’infausto “professoroni” di “boschiana” memoria, a conferma che ormai tra il partito democratico e la cultura più alta, s’è creato un corto circuito ed una vera e propria cesura. Cosi come il presidente della Regione Bonaccini, riprende all’unisono con quello dell’Associazione industriali che “servono più capannoni” (fingendo di ignorare che ce ne sono centinaia vuoti in tutta la regione che potrebbero essere utilizzati) e che per questo la legge va benissimo.
Oggi quel che conta sono le opinioni ( e gli interessi) dei costruttori, degli immobiliaristi, dei finanzieri e non il punto di vista di coloro che il territorio non solo lo studiano e lo pianificano ma che come molti casi, vengono da lunghe esperienze di governo di importanti istituzioni di governo. Si è operato un vero e proprio capovolgimento di valori e di priorità, dall’interesse pubblico all’esaltazione di quello privato, dal disegno strategico alla ricerca della “città ideale” alla subordinazione alla logica del mercato dove dominano gli interessi più forti dei singoli investitori e alla fine il disegno lo fanno loro e potrebbe anche essere uno sgorbio o peggio un quadro dell’orrore cementizio.
Nessuno dei “grandi amministratori” al potere, si pone il dilemma che ci sarebbe proprio nel risparmio di suolo, in una politica di rinatualizzazione, di soluzioni ambientali ed energetiche avanzate, nelle ristrutturazioni degli edifici esistenti a fini di risparmio energetico, negli interventi in difesa della montagna e dell’assetto idrogeologico, nello sviluppo di agricoltura meno inquinante ed energivora, le condizioni di una ripresa dello stessa industria delle costruzioni oggi in crisi. E’ pretendere troppo
Ora le competenze riunite al convegno “fino alla fine del suolo” stanno predisponendo un documento alternativo di proposte di radicale cambiamento dell’impianto della legge, auspicando che un barlume di resipiscenza, venga dalla giunta regionale ed in particolare dall’assessore Donini che partecipando ed ascoltando con attenzione il cahiers doléance, ha avuto anche alcune parole di disponibilità al confronto di merito, pur difendendo a spada tratta il progetto.
Non dimentichiamo che sono in gioco la dignità, l’autonomia e la stessa funzione degli enti locali di fronte ad interessi molto forti in campo e che in questo settore, c’è già stato, grazie alle pratiche del subappalto, una non indifferente infiltrazione di criminalità economico mafiosa come s’evince nel processo Emilia. Non bastano le belle intenzioni dei “pezzi di carta” per combattere questo grave fenomeno, occorre una forte volontà politica di vigilare e lavorare perché l’interesse generale sia salvaguardato.
Dulcis (mica tanto) in fondo, la stampa locale si distingue pressoché in toto nel sostegno unilaterale al progetto di legge, alla giunta regionale e ai costruttori: uno in particolare, brilla per non aver speso una riga sul convegno e sulle ragioni di critica alla legge, pur annoverandosi tra i relatori, molti nomi noti e spesso richiamati sulle pagine locali. Si sa, quando la critica si fa incisiva e assume il sapore di un’alternativa politica seria al tran tran del potere, la miglior ricetta è nascondere. Indovinate qual è?

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