Il partito: perché si è persa la sua dimensione collettiva – Seconda parte

16 Gennaio 2017 /

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a-pci03di Sergio Caserta
Il Partito comunista non è soltanto l’avanguardia della classe operaia. Se il partito vuole dirigere veramente la lotta della classe operaia, esso deve esserne anche il distaccamento organizzato. In regime capitalista esso ha dei compiti estremamente importanti e vari. Esso deve dirigere il proletariato nella sua lotta tra difficoltà di ogni sorta, condurlo all’offensiva quando la situazione lo esige, sottrarlo, guidandolo alla ritirata, ai colpi del suo avversario quando esso rischia di essere schiacciato da quest’ultimo, inculcare nella massa dei senza partito i principi di disciplina, di metodo di organizzazione, di fermezza necessari alla lotta. Ma il partito non verrà meno a questi suoi compiti soltanto se sarà esso stesso la personificazione della disciplina e dell’organizzazione, se sarà il distaccamento organizzato del proletariato. Altrimenti esso non potrà pretendere di conquistare la direzione delle masse proletarie. Il partito è dunque l’avanguardia organizzata della classe operaia.
Antonio Gramsci

La forza dei partiti della cosiddetta “Prima Repubblica”, fin quando sono rimasti in vita, è stata nell’organizzazione e nei sistemi di regole interne accettate e rispettate. Era così per il Pci innanzitutto, lo è stato anche, in modo diverso, per la Dc, mentre gli altri partiti – socialisti, repubblicani, liberali – erano organizzati su basi meno rigide. Il Pci era costituito sul principio del centralismo democratico e della “sacralità” dell’unità, sul disconoscimento del frazionismo e il divieto assoluto di formare correnti organizzate; la DC si basava all’opposto sul riconoscimento di correnti culturali e sulla loro regolamentazione politica, utilizzando il cosiddetto manuale Cencelli, vero e proprio prontuario di gestione del potere nel partito, attraverso la lottizzazione degli incarichi rigidamente (e in un certo senso democraticamente) regolata sulla base di volta in volta dei mutati rapporti di forza.

Col passar del tempo l’unità del Pci fu sempre meno ferrea e si manifestarono tutti i segni dell’esistenza di correnti, mai riconosciute e legittimate, però perfettamente funzionanti: un comportamento sostanzialmente ipocrita. La DC nel contempo si ammalava di eccesso di potere e, dopo l’omicidio di Moro per mano delle Br, in un complotto mai veramente chiarito, perdeva completamente la sua anima migliore [la sua anima?]
Negli anni ottanta si affacciarono le prime forme  di personalizzazione della leadership partitica il cui antesignano fu Bettino Craxi, vero dominus del Psi che riportò in pochi anni al governo del Paese, in un’alleanza ferrea con la DC che aveva come presupposto la “conventio ad escludendum” del Pci dal governo e dalla stessa maggioranza in cui, bene o male, era entrato sul finire del decennio precedente.
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In quegli anni i socialisti avevano in Craxi una guida carismatica indiscussa, che aveva completamente scacciato la sindrome minoritaria di cui soffriva il Psi verso il Pci, cugino maggiore della famiglia della sinistra. Egli lanciò una sfida “riformista” all’innovazione, in una polemica molto forte soprattutto con Berlinguer.
Il culmine dello scontro fu toccato col referendum contro l’abrogazione della scala mobile, voluto e perso dal Pci e vinto da Craxi che assurgeva così a leader indiscusso del governo e del Paese. Dopo pochi mesi Berlinguer moriva e con lui si estingueva anche quella “diversità” comunista che aveva contraddistinto la natura e la storia di quel partito.
La crisi economica bussava alle porte dell’occidente e d’Italia, era finito il “trentennio glorioso” cominciato con il dopoguerra e il compromesso tra capitale e lavoro veniva rapidamente archiviato dai nuovi profeti del liberismo, Reagan e Thatcher rappresentavano l’avvento di una nuova destra che voleva regolare definitivamente i conti con sindacati e welfare, e così fu.
I partiti (anche i sindacati) furono colti del tutto impreparati da questi cambiamenti globali: la nuova egemonia dell’impresa nei rapporti economico- sociali – avvenuta attraverso quella che Jeremy Rifkin denominò terza rivoluzione industriale, ovverossia l’entrata in campo dell’automazione informatica nel processo produttivo combinata con lo sviluppo delle energie non fossili – portava alla fine della piena occupazione e alla creazione di un esercito di riserva di lavoratori disoccupati, quindi al capovolgimento dei rapporti di forza a svantaggio del mondo del lavoro e a vantaggio esclusivo de capitale.
La risposta del sistema politico ai radicali cambiamenti imposti dal nuovo scenario economico fu di accantonare velocemente le vecchie certezze (cioè l’inevitabilità della crisi del capitalismo) per abbracciare “in toto” la cultura che andava diventando, senza trovare ostacoli, dominante: la tesi dello sviluppo economico illimitato attraverso l’abolizione di ogni barriera alla corsa dei capitali, il profitto privato e il suo corredo essenziale, l’arricchimento personale, quale valore preminente che poneva in secondo piano tutti gli altri, la politica relegata a compiti di regolazione del sistema; l’interesse generale si rimpiccioliva fino ad estinguersi, ad esclusivo vantaggio dell’impresa che assumeva la piena centralità del sistema.
La politica riduceva progressivamente il suo raggio d’azione, i partiti non erano più diretti da organi collegiali e assumeva un valore preminente la figura del leader. Emblematica, alla vigilia della svolta della Bolognina, l’intervista ad Achille Occhetto, il segretario del Pci, che si fece fotografare mentre baciava la sua compagna Adriana Alberici romanticamente sotto un albero, una foto che dissacrava lo stereotipo del dirigente comunista classico.
Pochi mesi dopo con la svolta della Bolognina nasceva il PDS partito democratico della sinistra che metteva in soffitta il Pci, e assumeva come nuovo simbolo proprio l’albero della quercia. Iniziava così una traiettoria in cui la figura del leader assumeva progressivamente centralità e peso e l’immagine diventava elemento essenziale del potere, con tutte le conseguenze del caso.
(2 continua)

Le foto sono tratte da copertine e pagine degli almanacchi del PI del 1979 e del 1981

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