Valle dell'Uso, un pezzo di paesaggio depredato in Romagna

9 Agosto 2016 /

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di Antonella Beccaria
È un territorio che è stato depredato in passato dall’estrazione di calcare e di sabbia, ma anche dalle speculazioni edilizie. Eppure dal 1990 la Valle dell’Uso, spicchio di Appennino tra Rimini e Cesena con il mare all’orizzonte e i castelli malatestiani sui picchi attorno, è diventata anche ricettore di rifiuti, prima solido-urbani e poi speciali.
Non c’è solo la Val di Susa con la sua battaglia contro l’alta velocità, i comitati che difendono la loro terra dall’ampliamento dell’aeroporto di Fiumicino, i NoMuos di Niscemi, i genitori dei bambini oncologici della Terra dei fuochi. Andando a spasso per la penisola ci sono tante altre storie contro la depredazione del territorio che meritano di essere raccontate. Come quella della romagnola Valle dell’Uso che si batte (anche) contro la G4.
La G4 è la discarica Ginestreto 4 che potrebbe mangiarsi un pezzo di paesaggio sotto tutela dove sorge l’Osservatorio naturalistico con il Museo della tessitura. E potrebbe mangiarsi anche la salute dei cittadini che proprio dal 1990, anno dell’avvio dello smaltimento, non è più stata sottoposta a screening, nonostante le tre preesistenti discariche.

I cittadini di questa zona, in oltre 25 anni, si sono dati da fare. Manifestazioni, ricorsi al Tar finanziando di tasca propria la difesa del loro territorio, diffide, querele. Un giornalista, Giuseppe Fabbri, ci ha scritto un ebook, ValleUso – Paesaggio, cemento. rifiuti e cittadini nella bella Romagna, che vende via Amazon a 5 euro devolvendo gli introiti all’associazione Viviamo la Valle Uso e che da settembre sarà stampato per essere distribuito per le piazze, nei mercati, sui sagrati e durante le feste di paese.
Orazio La Corte, invece, ha realizzato un video reportage (sopra) raccontando le criticità del territorio.
I cittadini, qui, si battono contro una movimentazione terra di centinaia di migliaia di metri cubi e anche contro il plotone di tir che ogni anno porta in questa zona 300 mila tonnellate di rifiuti in mezzo ad agriturismi, aziende agricole e produttori di olio extravergine. In quest’area sono stati presi edifici dismessi per trasformarli in ecomostri in cui stoccare fertilizzati e materiali inerti senza considerare che certe zone sono considerate ad “alta vulnerabilità idrogeologica”.
Di rifiuti, da queste parti, ne sono stati stoccati allo sfinimento: 2,5 milioni di metri cubi nella discarica G1, altrettanti entro il 2020 nella G2 mentre la G3 risulta al momento inagibile a causa delle frane. Se la G4 aprisse, di materiale speciale proveniente da tutta Italia ne arriverà almeno per 1,6 milioni, sempre di metri cubi, a cui si aggiungono i 30 mila di percolato all’anno. Senza contare lo sversamento illegale, come ha accertato dalla magistratura, di quasi 4 mila tonnellate di sostanze inquinanti, tra cui fanghi tossici, idrocarburi e metalli pesanti.
Capita così che il coriandolo o i girasoli non crescano come dovrebbero e i terreni assumano un colore grigiastro. E la salute? Dati non ce ne sono, almeno aggiornati, ma l’associazione – che già in passato ha dovuto fare i conti con il prospettato smaltimento di Eternit – parla di “tragedia annunciata” mentre a giugno l’Arpa ha rilevato nelle acque della foce del fiume Uso concentrazioni batteriche che hanno portato al divieto di balneazione.
Questo articolo è stato pubblicato dal FattoQuotidiano.it il 21 luglio 216

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