di Sergio Caserta
Alla fine Virginio Merola ce l’ha fatta ad essere rieletto, al ballottaggio, e non come avevano fatto credere i sondaggisti e gli organi d’informazione amici, al primo turno. Considerando la percentuale del primo turno (39%) e i voti assoluti, (68.700 al primo turno e 83.900 al secondo), un aumento alquanto modesto di 13.000 voti e la scarsa potenzialità della sua avversaria Lucia Borgonzoni, esponente della Lega di Salvini, l’incremento nettamente superiore da lei conseguito tra primo e secondo turno, fa ritenere senza alcun dubbio che se Merola avesse avuto un avversario appena appena più votabile, la sconfitta poteva essere tranquillamente messa nel conto.
Lo scarso risultato di Merola è la conseguenza di una diffusa critica alla sua giunta per l’inadeguatezza di scelte programmatiche, in particolare in alcuni settori fondamentali: infrastrutture, trasporti e traffico, welfare, politiche abitative, critiche che si sommano a quelle di anni e che fanno dire che, complessivamente, l’indirizzo di governo della città espresso dal Pd non è adeguato alle esigenze di una città importante come Bologna. Purtroppo non si è ancora riusciti a costruire una proposta alternativa sufficientemente forte da essere effettivamente credibile. Singolarmente, nella città dove prima di altre è esploso il fenomeno dei cinque stelle, questo movimento ha segnato una seria battuta d’arresto con un risultato di gran lunga sotto misura.
Le forze sinistra a del Pd, radunate nella coalizione civica, avevano inizialmente coltivato la speranza di un risultato migliore, nonostante il 7% conseguito non sia proprio da buttar via, tutt’altro. Le ambizioni però erano diverse. In primo luogo da parte del promotore della coalizione civica Mauro Zani, che chiamò a raccolta, ormai più di un anno fa, tanti rappresentanti della “sinistra diffusa” con l’intento preciso (dimostrando un’acuta capacità di previsione) e dichiarato di effettuare “lo sgombero” del Pd da Palazzo d’Accursio. Tutto ciò attraverso la realizzazione di una lista civica costruita con un ampio apporto della società civile, dei movimenti e di tutte quelle forze associative, politiche e partitiche che condividessero il progetto, aderendo ad esso sulla base di una precisa piattaforma. Tutto ciò ebbe un buon inizio con un appello al quale in poche settimane aderirono centinaia di cittadini.
Seguì una prima fase di organizzazione delle forze in gruppi di lavoro nel territorio e negli ambiti tematici, facendo registrare in più occasioni la presenza interessata di centinaia di persone, desiderose di collaborare e soprattutto speranzose di un vero cambiamento. Il progetto, pur se tra luci (poche) ed ombre ( insorgenti), mantenne le promesse di approdare alla fine alla scelta di un candidato sindaco (Federico Martelloni) espressione di una delle forze maggiormente organizzate nel composito raggruppamento, scelta avvenuta attraverso un’elezione diretta di 1.600 cittadini iscritti o aderenti alla coalizione. Quest’esito legittimo e democraticamente conseguito, determinò l’allontanamento di una parte cospicua di coloro che avevano sostenuto un’altra candidatura (Paola Ziccone), con un atteggiamento sportivamente inelegante, determinando di fatto un serio indebolimento del processo (altro vizio della sinistra affetta da nomadismo solipsistico: non riuscire mai ad insediarsi accanto a nessun altro).
Le ragioni profonde e misteriose di queste scelte risiedevano in un atteggiamento di sfiducia cosmica nel progetto, che pativa nel frattempo l’allontanamento fisico e politico del suo ideatore. Se si dovesse proseguire in questo tipo di dissertazione dovremmo probabilmente avvalerci della consulenza di chi s’intende di psicoanalisi; restando sul piano politico, possiamo dire che a sinistra del Pd, a Bologna come nel resto d’Italia, non si è ancora riusciti a maturare, e chissà se mai si potrà, la proposta politica di un nuovo soggetto realmente in grado di produrre una strategia e un programma credibile. La sinistra è in crisi in tutt’Europa, se si eccettuano esperienze interessanti ma diverse come Podemos e Syriza.
Bologna e l’Emilia Romagna, patrie del socialismo riformatore, potrebbero essere un laboratorio per la formazione di un progetto di ampie dimensioni. Paradossalmente invece, si confermano tutte le difficoltà e i limiti delle esperienze fin qui percorse, stante la situazione di desolazione che il paesaggio politico evidenzia. Di tutti questi argomenti si discuterà in una quattro giorni di incontri, dibattiti e gastronomia a Bologna, dal 1 al 4 luglio, presso la casa del popolo venti pietre, in via Marzabotto 2, dove l’associazione il manifesto in rete ha invitato molti dei protagonisti politici della sinistra italiana.
Questo articolo è stato pubblicato su IlFattoQuotidiano.it il 24 giugno 2016