di Sergio Caserta
Ecco che arriva il bosco, la suggestione massima per un bimbo. Ho avuto la fortuna di nascere in un posto veramente magico, il Bosco di Capodimonte a Napoli, una foresta che cinge il bellissimo palazzo Reale borbonico, oggi adibito a Museo con splendide opere della pittura partenopea e internazionale, consiglio vivamente la visita.
I ricordi infantili dei giochi in quella sterminata distesa di prati ed alberi, hanno segnato felicemente i miei primi anni di vita. Mia madre Michela, allora una giovane e simpatica donna mi ci portava a giocare e a me pareva di stare in un posto incantato, popolato di tutte le favole che mi raccontavano, per intenderci quelle di Pollicino dei fratelli Grimm, di Cappuccetto rosso, storie al limite dell’avventura e del fantastico in cui la natura giocava un ruolo essenziale.
Ricordo che in alcune parti il bosco era veramente inaccessibile, un intrigo di alberi e cespugli enormi, viali che si perdevano in ombre perenni, in cui s’intravedevano sagome di statue o di singolari umani, a seconda del caso che alimentavano i sogni anche spaventosi di un bambino alle prese con un ambiente naturale che appariva immenso e misterioso. Chissà se il bosco di Virginio Merola, quello che ha promesso di realizzare al posto del parco Nord a Bologna, avrà le stesse caratteristiche di quello che ho vissuto io.
Speriamo che il bosco non sia solo un sogno, o peggio un incubo come il People Mover o il Passante o i mai troppo poco decantati T-days, progetti immaginifici, surreali, incompiuti e provvisori come quelle storie che appunto popolano le notti inquiete di chi soffre d’insonnia. Forse quel bosco è per Merola, sindaco della città metropolitana, anch’essa una realtà fantastica ed immaginaria come piacciono le istituzioni che non contano nulla al sovrano Renzi, una realtà dove invece gli alberi si tagliano alla grande, com’è avvenuto a Pianoro dove ne sono spariti in un colpo solo cinquantamila, avete capito bene 50.000 alberi tagliati illegalmente, ai bordi del ruscello Savena ormai secco e assolato [**], grazie all’improntitudine dell’amministrazione locale e di tutti coloro che dovevano controllare che non avvenisse uno scempio di tali dimensioni.
Forse per questo senso di colpa segreto Merola vuole ripiantare alberi in quantità ma, come dice il saggio e inascoltato Architetto Cervellati, quello che gli alberi e le colline le ha fatte difendere davvero, non si può decidere un intervento imponente come ci viene descritto, senza definirne motivazioni e obiettivi pianificatori, attraverso un intervento estemporaneo in una parte di città che al momento ha un’altra funzione.
Ma si sa Merola e la sua giunta sono anche creativi, decidono sul momento, percepiscono qual è la cosa che funziona, è la politica volitiva e giovane un po scapestrata di chi pensa che si può fare qualsiasi cosa, tanto non è vera, che male fa? Forse Merola avrebbe fato bene ad esercitare il controllo dovuto al territorio di cui oggi porta la responsabilità, perché di alberi se ne stanno tagliando veramente troppi sull’appennino e non per selezione accorta, molte volte per predisporre cambiamenti di destinazione d’uso di aree, parliamo di cemento of course. Invece questa funzione di controllo severo non si addice alla politica friendly che ama lasciar correre.
Allora forse per terminare questo scritto in modo consono è bene riprende il grande poeta di San Mauro di Romagna:
“Dov’era l’ombra, or sé la quercia spande
morta, né più coi turbini tenzona.
La gente dice: Or vedo: era pur grande!
Pendono qua e là dalla corona
i nidietti della primavera.
Dice la gente: Or vedo: era pur buona!
Ognuno loda, ognuno taglia. A Sera
Ognuno col suo grave fascio va.
Nell’aria, un pianto…d’una capinera
che cerca il nido che non troverà.
(La quercia caduta di Giovanni Pascoli)
La strofa è ripresa dal bell’articolo di Mattia Fontanella e Antoni Bagnoli sulla stampa bolognese intitolato “Piantiamo un albero per San Valentino”.
[**] Riferimenti