Bologna, il caso Atlantide: il "cactus belli" di Ronchi e altri legionari

12 Ottobre 2015 /

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Bologna, Atlantide non s'inabissa, 10 ottobre 2015
Bologna, Atlantide non s'inabissa, 10 ottobre 2015 - Foto di Sergio Caserta

di Fausto Anderlini
Il cactus belli, come l’ha definito con l’acume del caso il giornalista Michele Smargiassi, si deve innanzitutto a una ubicazione geografica carica di significato. Il cassero di Porta Santo Stefano è infatti sulla frontiera di due borghesie: quella degli enragèes post-moderni e quella clerico-moderata dei quartieri alti. Emblematica, come tale, di altre convergenti divisioni: fra il liberismo comunitario e il liberismo dei patrimoni, fra il libertarismo anarchico e l’ordine proprietario, fra la caustica irriverenza e il bigottismo curiale. Come a suo tempo il cassero di porta saragozza. I gay nel mezzo della processione. Non sarebbe diventato un cactus belli, Atlantide, se il cassero fosse stato a Borgo Panigale, magari nei pressi dell’aereoporto. Tanto che si direbbe che il cactus belli è un problema del cassero.
E’ un Virginio nuovo quello che vediamo all’opera. Non più l’uomo dell’e anche, ma quello dell’aut aut. Un sindaco decisionista, che prova a guadagnare autorevolezza tagliando un’ala. Anche profittando della sua insipienza amministrativa (il caso, se tale, era ben risolubile altrimenti) Merola ha colto al volo la palla, altamente simbolica, di Atlantide, per riorientare la segnaletica politica. Licenziando Ronchi l’astuto Virginio si è liberato di un condizionamento diventato eccessivamente invasivo. Ronchi e seguaci, con la loro ansia di ricandidatura e ri-cooptazione, stavano strafacendo. Le loro liste civetta pseudo-sinistrorse stavano mettendo a rischio il rapporto col versante moderato del partito della regione. A un certo punto deve avere pesato oltre misura, su Virginio, l’impressione che potesse figurare come eterodiretto da una congrega di radicalisti di palazzo, peraltro privi di un seguito reale nei mondi di riferimento.

Credo tuttavia che abbiano fatto male i conti, lui e il gruppo dei post-bersaniani (ex o in servizio attivo, per quanto poco appariscenti) al seguito. La destra del ‘partito della regione’, supportata dai sostenitori esterni (sempre presenti nel milieu cittadino) canta vittoria e adombra il Merola sotto un cappellaccio ancora più ingombrante del cappellino da Baseball di Ronchi e soci. Nella diatriba per bande del sottopotere di palazzo (e dei palazzi) rischia di uscirne come un vaso di coccio. Altro che autorevolezza monocratica! Scoprendosi ‘a sinistra’, la dirigenza politica e amministrante del Pd locale, sarà insidiata ancor più dalla ‘destra’, perdendo vieppiù la sua capacità di mediazione.
Per noi della Coalizione civica si aprono praterie. Non v’è dubbio. Però al tempo. Adelante ma con juicio. Bisognerebbe evitare di restare schiacciati su un lato dello spettro politico, aderendo allo stereotipo di una sinistra radicalistica e puramente culturalista, cioè di carattere iper e insieme post ideologico. Magari accogliendo in una santa alleanza i transfughi che solo qualche giorno avanti s’erano messi a difesa del palazzo e dei loro strapuntini. Bisogna capire il centro della crisi, per non farsi abbagliare dai meri riflessi. Questo centro è lo sprofondamento della mediazione sociale e politica.
Il definitivo abbandono del progetto sociale della sinistra di governo. E l’arenarsi della politica in un potere debole e autoreferente, totalmente privo di visione generale, e quindi di una idea di città adeguata ai tempi. Non ci siamo solo noi, orfani ed esuli ‘ideologici’. C’è una intera Bologna, anche moderatamente riformista e di sinistra, che ormai langue nella sofferenza. Anche dentro il Pd molti dovrebbero essersi convinti che il progetto tartufesco di sopravvivere sotto l’ombrello di un renzismo all’acqua di rose quanto opaco è fallito. E rischia di provocare, perdurando, danni vieppiù gravi.
La Coalizione civica ha messo al centro del suo programma la difesa e la promozione dei beni collettivi e dell’iniziativa pubblica. La lotta alle diseguaglianze sociali e al neocentralismo autoritario della ristrutturazione liberista. In difesa delle autonomie locali e per lo sviluppo della cittadinanza attiva. Nel solco di una tradizione che in questa città e in questa regione ha sempre saputo coniugare, nei suoi momenti migliori, istanze di giustizia sociale e sensibilità libertarie e civili. Bisogni sociali profondamente sentiti dal popolo minuto e libertà intellettuali e culturali. Zangheri conferì il Cassero all’ArciGay nel mentre completava il grande disegno dei servizi sociali. E’ questo ‘centro’ reale, non politicistico, che è stato mandato in malora. Ed è questo ‘centro’ sostanziale e autenticamente riformatore che dobbiamo candidarci a ricostruire su nuove basi.
Aderisci all’appello per la lista civica, in vista delle elezioni amministrative del 2016 per il Comune di Bologna
Questo articolo è stato pubblicato sulla pagina Facebook di Coalizione civica Bologna l’8 ottobre 2015

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