Bologna, l'ultima idea del Comune per la periferia: un nuovo centro commerciale

17 Settembre 2015 /

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di Mauro Boarelli
Bologna ha davvero bisogno di un nuovo grande centro commerciale? Si direbbe di no, visto il numero di quelli già esistenti. Ma l’amministrazione comunale è di diverso parere. Quella che con sfrontato eufemismo viene definita “riqualificazione” di aree periferiche passa ancora una volta, con scarsa fantasia, attraverso la costruzione di un centro commerciale.
Stavolta i “riqualificatori” hanno superato se stessi individuando una localizzazione che qualsiasi urbanista dotato di un minimo di buon senso definirebbe quantomeno bizzarra: via Larga, per la precisione all’incrocio con via dell’Industria. Via Larga inizia – provenendo da via Massarenti – con un grande centro commerciale, il Pianeta, e termina – dopo aver costeggiato il Pilastro – con un centro commerciale ancora più grande, il Meraville.
Nel mezzo – a poche decine di metri dal nuovo insediamento annunciato – c’è un altro supermercato della grande distribuzione. Ora si aggiungerà un altro insediamento di oltre 8.000 metri quadri, e tutto questo lungo un percorso che non supera i tre chilometri. Una follia. Ma nella follia c’è del metodo. E il metodo prevede – tra l’altro – che il progetto venga portato all’attenzione del Consiglio di quartiere all’ultimo momento (il 1 ottobre, a quanto pare), quando l’iter sarà a uno stadio molto avanzato e i giochi saranno già fatti: l’inizio dei lavori è infatti annunciato per l’inizio del prossimo anno.

Nella città che si fa vanto di coinvolgere i cittadini nelle scelte urbanistiche, questo episodio mostra ancora una volta di quanta retorica siano fatti i discorsi degli amministratori locali sulla partecipazione. E mostra anche come non ci sia alcuna differenza culturale all’interno della maggioranza di governo. Milena Naldi, presidente del quartiere San Vitale in quota Sel, si è mostrata del tutto entusiasta verso un progetto che dovrebbe invece gettarla nell’imbarazzo arrivando a sostenere: “non mi sembra una soluzione scandalosa, anche perché il bene della collettività è stato salvaguardato prevedendo la costruzione di parcheggi e aree verdi” (Il Corriere di Bologna, 4 settembre).
Il “bene della collettività” si riduce quindi a qualche parcheggio (falsamente pubblico, peraltro, perché nessuno ha il bisogno di parcheggiare davanti a un centro commerciale se non per fare la spesa proprio lì) e a qualche giardinetto dove far giocare i bambini dopo averli costretti a un bel giro tra gli scaffali di un supermercato.
Questo ennesimo scempio urbanistico esemplifica ancora una volta la subalternità culturale dell’amministrazione locale verso tutto ciò che dovrebbe invece osteggiare: il consumo di suolo per opere che non portano alcun beneficio alla collettività, lo strapotere della grande distribuzione organizzata a discapito del piccolo commercio di prossimità, la diffusione capillare sul territorio di strutture che monopolizzano il tempo libero e lo indirizzano in modo sempre più pervasivo verso il consumo, la riduzione delle politiche urbanistiche a strumenti che si limitano ad assecondare le esigenze dei soggetti più potenti operanti nel mercato. Dei cittadini, di loro bisogni e dei problemi delle periferie non c’è alcuna traccia.
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Questo articolo è stato pubblicato sulla pagina Facebook di Coalizione civica Bologna il 15 settembre 2015

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