La democrazia accampata in difesa di acqua e scuola beni comuni

17 Giugno 2015 /

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di Marco Trotta
In queste settimane di caldo che annuncia l’arrivo dell’estate la democrazia si sta accampando nelle piazze. È successo a Bologna dove fino a ieri i comitati che hanno contestato la controriforma di Renzi-Giannini, chiamata “Buona Scuola”, si sono accampati in sciopero della fame di fronte all’ufficio scolastico regionale in via De Castagnoli 1. Lo hanno fatto per 8 giorni e 7 notti, incontrando centinaia di persone e distribuendo volantini per spiegare le loro ragioni fino ad oggi inascoltate.
L’immagine plastica di questo non-confronto è stata il video del falso maestro Renzi, con tanto di lavagna e gessetti, prodotto dallo staff del governo al quale i comitati hanno dato una pronta risposta attraverso le parole di un vero maestro di scuola media. Eppure i comitati avevano più di una ragione da far valere. A partire dal fatto che esisteva, ed esiste ancora, una proposta alternativa che il parlamento avrebbe potuto discutere ma non ha fatto.
Una legge di iniziativa popolare di 29 articoli, scritta da tutte le componenti della scuola e sottoscritta dalle firme certificate di 100 mila persone, rispettosa del dettato dettato costituzionale ma al tempo stesso innovativa sia dal punto di vista amministrativo che pedagogico. Nessun ascolto, nessuna attenzione neppure alla luce delle tante disastrose riforme che la scuola pubblica ha dovuto subire negli ultimi anni. Riforme messe in atto con l’unico intento di fare cassa e indebolire il sistema d’istruzione pubblico. Un indebolimento sancito dal penultimo posto in classica tra i paesi europei nel rapporto tra stanziamenti e PIL.

È successo anche a Reggio Emilia dove sabato mattina i comitati per l’acqua pubblica hanno manifestato in città portando qualche migliaio di persone sotto il comune per un accampamento che era stato permesso dalla questura per poi essere sgombrerato dai vigili urbani che hanno rispolverato un regolamento che lo vieterebbe nei luoghi pubblici. La causa scatenante è stato il voltafaccia in estremis degli amministratori del PD, che dopo tre anni di percorso verso la ripubblicizzazione del servizio idrico, hanno approvato in una sede non istituzionale, qual è quella di un partito seppur di maggioranza, un documento che avverte i sindaci della provincia del rischio di dissesto sui conti pubblici.
Una motivazione dettata dalla legge di stabilità del 2015 che impone ulteriori vincoli ai bilanci degli enti locali che non permetterebbero ulteriori indebitamenti. Una circostanza, però, smentita dai fatti come hanno detto pubblicamente la consigliera regionale del PD Silvia Prodi e il senatore di SEL Giovanni Paglia. Senza contare, poi, che uno studio della società consulting Agenia di febbraio 2015 ha accertato ha confermato che l’operazione è possibile grazie alla copertura delle tariffe in bolletta.
C’è un aspetto, però, che unisce le due lotte oltre la sacrosanta constatazione che si tratta di beni comuni. Entrambe sono sottoposte al ricatto del governo. Un ricatto che viene da lontano. Che servizi locali e istruzione dovessero essere messi sul mercato al fine di garantire “efficenza” e “performance”, infatti, lo “suggeriva” l’Europa fin dalla lettera segreta del 5 agosto del 2011 di Mario Draghi e Jean-Claude Trichet poi resa pubblica sui media nel settembre dello stesso anno quando ci fu l’avvicentamente tra il governo Berlusconi e quello Monti.
Oggi, però, quel ricatto è diventato più esplicito. Se non verrà approvata entro agosto la contro riforma di Renzi-Giannini slitterà di un anno mettendo a repentaglio la stabilizzazione di 100.000 precarie e precari che in questi anni hanno assicurato la continuità del servizio pubblico e che in questi mesi hanno manifestato nelle piazze.
L’obiettivo è chiaro: aprire una spaccatura tra garantiti e no, in un fronte sindacale e sociale mai stato così unito in un ambito come la scuola storicamente poco incline ad aprire vertenze. Per poi, a riforma approvata, contare su una gestione più verticistica incardinata sul nuovo ruolo dei presidi nei confronti dei quali sarà più difficile far valere le proprie ragioni se si vorrà mantenere il proprio ruolo.
Ma anche i comitati per l’acqua sono sottoposti ad un ricatto. Se la ripubblicizzazione del servizio idrico a Reggio Emilia non dovesse passare ora, a settembre ATESIR, il nuovo soggetto che si occupa della gestione degli ambiti territoriali a livello regionale, potrebbe essere costretta a mettere a gara la gestione del servizio idrico in quella provincia. Il risultato sarebbe, probabilmente, un affidamento per altri 30 anni di nuovo ad Iren ed ogni ipotesi di ripubblicizzazione successiva avrebbe costi maggiori.
Agosto e dicembre sono i mesi nei quale, storicamente, vengono approvate le leggi più controverse approfittando del clima vacanziero nel paese. È successo nel dicembre 2012 per le nuove tariffe approvate dall’AEEG sull’acqua che introducendo la dizione di “oneri finanziari” hanno smentito l’esito del referendum che aveva abolito la “remunerazione del capitale investito” esautorando il parlamento. È successo con un’altra storica controriforma della scuola, quella del ministro Gelmini approvata il primo agosto 2008.
Oggi siamo nelle stesse condizioni. La lotta della scuola scuola continuerà con un nuovo sciopero della fame annunciato da oggi a Ferrara e l’iniziativa di un’ora al giorno di protesta ancora di fronte all’ufficio scolastico regionale di Bologna dietro lo striscione “fermatevi”. Una iniziativa in via di estensione in altre città. Dal canto loro i comitati per l’acqua di Reggio e provincia hanno annunciato un presidio di fronte al consiglio comunale e altre mobilitazioni nei prossimi giorni.
C’è un modo che chiedono questi movimenti per dare forza alle loro ragioni: partecipare. In tutte le forme possibili. Facendoci sentire in tutte le sedi dove queste voci non sono arrivate o si sono ascoltate poco. Scrivendo, volantinando, parlando con le persone vicine spiegando la situazione. Il momento è ora. Dopo non ci sarà più tempo. Dopo si rischia di confrontarsi non per contrastare una proposta peggiore, portando avanti le buone ragioni di una migliore, ma con una proposta peggiore ormai legge con tutto quello che comporta dover sottostare ad un provvedimento ormai approvato seppur ingiusto. E questa è una conclusione che ogni persona sinceramente preoccupata per le derive autoritarie, reazionarie e liberiste di questo paese e di questo governo dovrebbe impegnarsi a contrastare.
Questo articolo è stato pubblicato su Inchiesta online il 15 giugno 2015

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