di Michele Fumagallo
Forse è utile, prima di ascoltare la voce di studenti e insegnanti del Liceo Artistico di Cerignola, una breve ricapitolazione per questo ultimo scritto sulla questione Murale Di Vittorio. Dunque la storia negli ultimi anni è più o meno questa. C’è la scoperta di un grande Murale – distrutto e fatto a pezzi in anni lontani – in un locale del Comune. C’è una campagna stampa nazionale (di un solo giornale, purtroppo) per sensibilizzare sul fatto. C’è la sostanziale insensibilità politica del Comune (centro destra) e della Regione (centro sinistra vendoliano).
Quest’ultima, dopo varie sollecitazioni, corre ai ripari con una leggina ipocrita e fuorviante che non ha nulla da spartire con l’arte e il suo recupero (infatti, non c’è ancora traccia dei fondi stanziati in quella legge). Taccio della miseria della politica nazionale notoriamente lontana dall’investimento massiccio che l’arte e il suo recupero richiederebbe in Italia. Ancora: c’è un grande sindacato italiano (Cgil), che ha nel protagonista delle storie del dipinto il suo fondatore e che non solo non interviene in passato quando il murale viene smantellato ma, dopo aver assicurato oggi, attraverso la sua segretaria, un generico interessamento, ovviamente non ne fa nulla.
Stessa cosa fa la “Casa Di Vittorio” di Cerignola, custode della memoria del sindacalista: da qui nessuna determinazione a prendere in mano la questione e a guidare la battaglia. Taccio anche sulle organizzazioni sociali di vario tipo che, al pari della politica ufficiale, se ne fottono dell’investimento nell’arte come settore forte del nuovo sviluppo. Questi in sintesi gli “avversari” del Murale. Poi ci sono gli “amici” del recupero del manufatto: un ricercatore, una restauratrice, un artista, un giornalista, qualche giovane attivista, alcuni studenti e qualche insegnante, alcuni curiosi della vicenda, questo blog e gli amici che ci sono dietro.
Ecco, se mi permetto di elencare brevemente ma spudoratamente amici e avversari è solo per capire da dove si riparte se si vuole riaffrontare davvero il problema. Senza nascondere la verità (anzi, mettendola a nudo); e, soprattutto, puntando sui soggetti davvero interessati al problema. Guardare burocraticamente indietro a chi finora ha dimostrato disinteresse per l’argomento, sarebbe non solo stupido ma controproducente. Naturalmente è compito di chi conduce, o vorrà continuare, la battaglia dimostrare il massimo di intelligenza e apertura.
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Ad attendermi a Cerignola per questa breve ricognizione, intervento finale di questi scritti che ho raccolto qui da qualche settimana, sul Murale Di Vittorio c’è Giovanni Rinaldi, il ricercatore e storico del Tavoliere che per primo si è interessato della questione e l’ha resa pubblica. La città (58mila abitanti, terzo Comune italiano per estensione dopo Roma e Ravenna), tranne qualche isola di ordine, ha il grigiore del disordine urbanistico a cui nessuno vuole porre rimedio; ha interiorizzato una delinquenza mafiosa a cui si risponde con investigazioni sul versante istituzionale e con mobilitazioni su quello sociale (Libera) anche vincenti ma insufficienti; vive la depressione generale di questa parte di Puglia con problemi immensi tra cui la mancanza di lavoro da una parte e lo sfruttamento bestiale per chi ce l’ha dall’altra.
Sembra insomma che tutto il versante Tavoliere della Puglia sia stato abbandonato a se stesso o alle vecchie logiche di sempre in una regione che pure può vantare qualche successo in molti ambiti (meriti che vanno riconosciuti al gruppo vendoliano). Si può dire che Cerignola è ancora quella di Giuseppe Valentino nel documentario “E noi bruciamo gli elefanti” presentato in anteprima qui tre anni fa, proprio nei momenti caldi dell’attenzione verso il Murale.
Con Giovanni raggiungiamo il Liceo Artistico della città, accolti calorosamente dalla dirigente scolastica, dai docenti e allievi che hanno lavorato con Ettore De Conciliis allo studio del Murale. Per prima cosa noto che quando De Conciliis mi parla di “grande scuola d’arte di Cerignola” non è un complimento formale, anzi. E’ davvero una scuola d’eccellenza, e fa sempre molto piacere vedere che il Sud disobbedisce ai cliché (spesso giusti, sia chiaro) che gli vengono imposti.
Giovanni Rinaldi informa tutti sull’avvio e il coordinamento di un prossimo lavoro documentaristico sul Murale. Poi parte la discussione con allievi e insegnanti, molto interessante e che qui sintetizzo brevemente. Non prima di aver fatto una premessa: sono venuto qui alla Scuola d’Arte perché è l’unico posto dove recentemente ci si è impegnati su di una questione abbandonata da tutti. Perché qui ci sono ragazzi e insegnanti che hanno lavorato per alcuni mesi (a partire dagli inizi del 2014) allo studio del Murale insieme a Rinaldi e De Conciliis.
Un lavoro poi proseguito con il rapporto con l’artista: visione dei pezzi rimasti dell’opera, pulizia (con la scoperta dei colori ancora “intatti e bellissimi”), costruzione di un assemblaggio di pannelli di riproduzione dei quadri rimasti e dei vuoti, viaggio studio nell’atelier di De Conciliis a Fiano Romano. Tutto il lavoro alla fine consegnato (compreso il plastico che riproduce l’opera, donato da De Conciliis alla scuola) alla struttura detta Ex Opera che è la sede del Museo del Grano. Intanto i pezzi veri del Murale sono stati trasportati in una sede più sicura (così si dice, qui gli amministratori comunali non brillano per chiarezza di informazioni), anche se proprio un’insegnante mette in guardia su questi movimenti scomposti che, sebbene utili per la salvaguardia del Murale, possono ulteriormente danneggiare l’opera.
Comincia a parlare un’insegnante: “Nessuno di noi sapeva dell’esistenza del Murale. Abbiamo appreso tutto a scuola, e quindi è nata allora l’esigenza di dividerci in gruppi di lavoro attorno ai pannelli, usando il metodo del confronto tra i soggetti originari dei quadri e l’attualità. Li abbiamo in qualche modo riportati, per comodità di studio, alla modernità, all’oggi. Siamo quindi andati a fotografare pezzo per pezzo l’opera rimasta. I colori erano intatti e bellissimi. Il mio interesse era fare una didattica attiva.
I ragazzi quindi ce l’hanno messa tutta e hanno studiato Giuseppe Di Vittorio. Va detto, con orgoglio, che delle conquiste si sono ottenute: tra l’altro abbiamo ricevuto in dono da De Conciliis il plastico originale dell’opera. Va aggiunto, però, che il Comune non ha risposto troppo alle nostre ulteriori richieste. Mentre invece ci preme mettere in risalto il comportamento del tutto opposto della nostra dirigente scolastica che ci ha dato molta fiducia. Ecco, vorrei dire semplicemente così: questa è una cosa bella che i ragazzi hanno contribuito a fare”.
Si intromette (si fa per dire, è stato protagonista anche qui) Giovanni Rinaldi: “Oggi è di moda parlare dei graffitisti (sono artisti in senso pieno, finalmente molti se ne sono accorti), ma cos’erano in fondo quegli artisti che costruirono un quadro di 150 metri quadrati con finanziamenti limitati e soltanto vitto e alloggio, se non graffitisti di quel tempo? Ritorna quindi il Muralismo degli anni 60/70 e a Cerignola, da questo punto di vista, c’è stata l’avanguardia. Oggi il graffitismo, cioè in fondo l’arte fatta per tutti, ritorna a Berlino o a Torpignattara in quel di Roma.
E quindi aumenta la rabbia per questa storia di Cerignola, perché quell’opera, sia pura in pezzi, in gran parte ce l’hai ancora. I quadri descrivevano le lotte, la corruzione: tutte cose originali allora ma del tutto attuali. Questi pezzi di storia giganteschi, con mentore Di Vittorio, hanno fatto scrivere a un critico in Nicaragua che questo Murale è originale anche in rapporto a quelli di Siqueiros”. Un’insegnante si entusiasma: “Noi un germe l’abbiamo lanciato, Giovanni”, e un’altra aggiunge: “La difficoltà è stata grande. Abbiamo lavorato per un progetto ma siamo andati ben oltre, ora bisogna vedere come proseguire”.
Cominciano a intervenire gli allievi e una studentessa mette il dito nella piaga: “C’è certamente molta ignoranza, per esempio nel mondo politico. Gli amministratori non ci credono, magari avrebbero preferito una statua per Di Vittorio, che dà meno problemi e soprattutto non fa pensare. De Conciliis stesso ci ha detto, quando è stato qui con noi a lavorare, che a Cerignola anche allora, quando fu costruito e montato il Murale, non è che le cose fossero facili. E pure allora si pensava alla statua”. Magari nessuno ha perdonato quella scelta di arte impegnata, mi viene da dire.
Il dramma è che non l’ha perdonata nessuno, sia tra il mondo avverso a quello di Di Vittorio sia nel mondo che gli doveva essere congeniale. I ragazzi si appassionano all’anticonformismo del gesto di allora. Dice un altra studentessa: “Era un messaggio scomodo, invece la statua celebrativa è facile. Ma non si pensi che oggi non faccia similmente paura tutto ciò. Anzi, mi chiedo se i temi affrontati nel Murale (dove c’è praticamente tutto anche della situazione attuale) non facciano paura soprattutto oggi, in un periodo di conformismo dilagante”. Racconto, per amore di verità, agli allievi e agli insegnanti il mio approccio giornalistico e politico alla questione: il rifiuto di scendere in dettagli critici della qualità dei dipinti, di non dare spazio ai gusti soggettivi; di fare invece della questione una metafora del disinteresse verso l’uso politico dell’arte per un nuovo sviluppo dei territori.
In effetti, come confermano gli interrogativi degli insegnanti e degli studenti, i conti non tornano. E’ curioso che il restauro di un Murale del tutto particolare come questo, quantificato in una cifra modesta dagli esperti, non si riesca a fare. Riprende la discussione e due studentesse esprimono opinioni diverse sul rapporto tra i contenuti del Murale e l’opinione pubblica di ieri e di oggi. La prima: “Certamente per la società dell’epoca è stato uno scandalo, ma io penso che oggi sarebbe stato uno scandalo facilmente riassorbibile”. La seconda: “No, penso che non sarebbe stato accettato neanche oggi. I nudi dei quadri, ad esempio, avrebbero aperto una diatriba sul connubio politica-sesso, un fatto scandaloso e del tutto attuale anche oggi”.
Le classi terze che hanno lavorato al progetto da qui a poco andranno via all’università probabilmente lontano da Cerignola. Questo può aprire un vuoto nel lavoro svolto finora. Invece gli allievi mi raccontano di un entusiasmo che ha lasciato il segno: l’intenzione è di portare all’attenzione di altri amici fuori di qui la questione. Mentre invece negli insegnanti e allievi che resteranno ancora in questa scuola c’è la volontà di riprendere il lavoro. “Non è un progetto finito, tutt’altro” dicono tutti. Il problema è capire se fuori da qui, cioè fuori dall’entusiasmo di questa scuola, c’è qualcuno che voglia finalmente rilanciare la questione in grande stile.
Oggi c’è una sala del palazzo Ex Opera, sede di un interessante Museo del Grano, dove il lavoro degli studenti è in mostra. Prova encomiabile per gli studenti che l’hanno fatto ma il restauro vero del Murale è ancora di là da venire. Va aggiunto poi che Giuseppe Di Vittorio merita un centro studi e un grande Museo tutto per sé, tale è l’importanza del personaggio. A Cerignola, questo è il problema, non c’è un progetto, un’idea che si muova in termini europei autentici. Questa città ha grandi potenzialità in ogni campo, ma quasi del tutto sprecate da una politica ufficiale piccina e dannosa, e da un’atomizzazione sociale senza sbocchi. Urge un’apertura sul futuro, una progettualità politica autentica che trovi alimento nei sogni delle persone semplici. Magari nel lavoro di una scuola.