di Sandro Nanetti
Le dinamiche politiche nella comunità di Castenaso, meno di quindicimila anime alle porte di Bologna, potrebbero tranquillamente passare sotto silenzio se non costituissero una declinazione del renzismo arrembante talmente paradigmatica da renderle un caso di studio. Andiamo per ordine.
Nel 2009 le elezioni comunali furono vinte, con un non formidabile 59%, dal centrosinistra (che da sempre governa il paese); nuovo sindaco divenne Stefano Sermenghi, un passato di assessore e di consigliere comunale durante i quinquenni precedenti quando lo scranno di Primo Cittadino era occupato da Maria Grazia Baruffaldi, in seguito promossa consigliere provinciale. Il principale gruppo di opposizione era costituito da una formazione che univa cittadini senza tessera di partito ed esponenti del centrodestra, forte di un buon 30%. A guidarlo era un “civico”, Andrea Marchi, funzionario di banca, che nei confronti del sindaco precedente – e del PD tutto – aveva il dente avvelenato per una storiaccia che si era protratta per anni.
Da semplice cittadino, Marchi individuò parecchio tempo fa un clamoroso errore nel bilancio comunale e lo segnalò pubblicamente. Prima che l’esattezza del rilievo fosse riconosciuta dalla giunta Baruffaldi passarono mesi durante i quali si alternarono scontri verbali e comunicati di fuoco, con reciproche accuse di incompetenza, conclusi nelle aule giudiziarie, sia in sede penale sia amministrativa. La nuova amministrazione Sermenghi pareva inizialmente muoversi nel segno della continuità amministrativa con la precedente e della stretta osservanza delle indicazioni provenienti dalla Segreteria Provinciale del PD; anche la dialettica maggioranza/opposizione si dispiegava lungo i consueti binari.
Poi si percepì che qualcosa stava cambiando. Il sindaco mostrava sempre più segnali di autonomia rispetto alle posizioni caldamente suggerite da Via Rivani e questo non piaceva ad alcuni compagni del suo partito fedeli alla linea, soprattutto a quella del sindaco di prima. Marchi, intuita la situazione, inviava dal suo gruppo, di quando in quando, segnali di apprezzamento nei confronti dell’avversario, con il preciso scopo di irritare la parte più ortodossa dei democratici.
Con costoro Sermenghi trovava sempre più difficoltà a convivere, tanto che, quando spunta la stella di Renzi, non gli par vero di avere l’occasione di smarcarsi e divenire uno dei primi amministratori emiliani che sposano il pensiero del collega di Firenze. È una scommessa rischiosa ma, nonostante il dileggio dei bersaniani, il sindaco va dritto per la sua strada e una delle prime apparizioni emiliane di Renzi avviene proprio nel palazzetto dello sport di Castenaso, nell’occasione pieno come un uovo.
Più passano i mesi e più la relazione tra renziani e bersanian-cuperliani si fa difficile, a Castenaso come in Italia. Quando è in vista il termine del primo mandato di Sermenghi come sindaco, la Segreteria Provinciale, sperando di sbarazzarsene, approva la sfida delle primarie contrapponendogli Ruben Viti, il segretario del Circolo PD di Castenaso e capogruppo consiliare del centrosinistra, ritenuto giovane di fiducia. In questa competizione il “civico” Marchi vede il coronamento del suo sogno, far fuori i vecchi “duri e puri” del PD, e si schiera apertamente a favore dell’antico avversario.
Al resto provvede l’istinto suicida dell’apparato del partito che permette anche ai non iscritti di votare alle primarie per la scelta del nuovo sindaco, previa sottoscrizione di una generica adesione al centrosinistra. Marchi invita i suoi elettori a recarsi alle urne, integrando l’altro grande bacino di sostenitori che Sermenghi riesce a intercettare: il popolo delle parrocchie. I vecchi compagni pensano di avere la vittoria in tasca, convinti come sono di poter contare su qualche centinaio di famiglie da portare alle urne, quelle che da sempre seguono pedissequamente le loro indicazioni e permettono persino di calibrare in anticipo, con millimetrica precisione, il numero delle preferenze che andrà a ciascun candidato durante le elezioni amministrative.
A scommettere su Viti sono pure gli esponenti di punta di SPI-CGIL e delle principali associazioni di volontariato, ricreative e culturali di Castenaso i quali tutti hanno una scarsissima considerazione di Sermenghi e della sua giunta, dimostrando così di comprendere ben poco il pensiero degli aderenti alle loro organizzazioni. Infatti Sermenghi vince le primarie con il 75% dei voti, divenendo il candidato PD per le elezioni comunali del 2014 che stravince con più del 76% dei consensi.
Tanto più che gli elettori della lista civica e di centrodestra, dopo aver scelto Sermenghi alle primarie, lo rivotano alle comunali.
Intanto Marchi ha abbandonato al loro destino i vecchi sodali del centrodestra che raggranellano un risicatissimo 8% e dichiara tutta la sua simpatia per il fronte renzista. Sermenghi, infatti, ha eliminato dalla lista dei consiglieri comunali del PD tutti quelli che gli avevano creato problemi nel corso del primo mandato, sostituendoli principalmente con giovani di provata fede, tra i quali spicca il gruppo dei cattolici, qualcuno appartenente a preminenti dinastie democristiane della zona e, tra gli assessori, ha inserito la concittadina Benedetta Renzi, sorella del premier. La spaccatura nel partito è totale.
Il giovane Ruben Viti è stato intanto sostituito alla guida del circolo PD di Castenaso da Giuliano Sacchi, un sindacalista paracadutato da Via Rivani che, a detta di Sermenghi e dei suoi, è assolutamente avulso dalla realtà del paese e nulla ha fatto per promuovere le scelte del Segretario nazionale e premier. Il sindaco, l’assessore Benedetta Renzi e alcuni altri componenti si dimettono dal Coordinamento del Circolo, chiedendo a Donini di togliere per sempre l’incomoda presenza del predetto Sacchi.
La vicenda finisce sui giornali accompagnata dall’altro fatto clamoroso: Andrea Marchi si iscrive al PD insieme ad altri due noti personaggi della politica castenasese, Giovanni Marzaduri e Paolo Angiolini, entrambi ex consiglieri comunali di lungo corso, entrambi provenienti dal centrosinistra dal quale erano usciti alcuni anni addietro con la neppure tanto nascosta approvazione di Sermenghi perché utili strumenti di offesa contro i suoi oppositori interni.
A questo punto la confusione è sovrana: i tre nuovi iscritti sono percepiti come corpi estranei dalla ormai frastornata frangia degli ex comunisti i quali, per di più, avevano dovuto subire per anni le reiterate provocazioni di Marchi ed ora se lo trovano nello stesso circolo e con la stessa tessera.
Sermenghi e i suoi sono, invece, soddisfatti di queste acquisizioni. Le primarie sono state una lotta fratricida e i renziani non faranno prigionieri: chi, nel PD, si è opposto pubblicamente all’avanzata del renzismo è, politicamente, un dead man walking. I nuovi amici sono invece più che benvenuti. A Castenaso il nuovo PD fa il pieno di consensi a destra e al centro e non ha bisogno dei nostalgici di sinistra.
Intanto Stefano Sermenghi è stato eletto nel Consiglio metropolitano e ha accettato l’invito di Manes Bernardini per il 13 novembre: a Bologna, nella sala Farnese di Palazzo d’Accursio, rappresenterà il centrosinistra nel pubblico confronto col leghista Flavio Tosi sul tema “degrado e sicurezza”. Chissà come saranno contenti Merola e Donini.