Regionali in Emilia Romagna, la glassa dirigente

3 Settembre 2014 /

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Regione Emilia Romagna - Foto di Wikipedia
Regione Emilia Romagna - Foto di Wikipedia
di Sergio Caserta
È difficile tracciare un ritratto espressivo dei due maggiori competitori alle primarie per le Elezioni regionali dell’Emilia Romagna, ovvero Matteo Richetti e Stefano Bonaccini. Si tratta di due dirigenti del Pd dalle biografie alquanto scarne. In effetti hanno svolto gran parte della loro carriera professionale, facendo politica all’interno di partiti, nei sindacati e nelle istituzioni.
Di Bonaccini, nel curriculum esposto sul sito di consigliere regionale, si legge: “Nato nel 1967… appassionato di cinema e letteratura, nel tempo libero gioca in una squadra di calcio a cinque. Si è avvicinato alla politica alla fine degli anni ’80, attraverso i movimenti per la pace. Nel 1990 è stato nominato assessore alle politiche giovanili, alla cultura, allo sport e al tempo libero nel comune di Campogalliano. Dal 1993 al 1995 ha ricoperto la carica di segretario provinciale della Sinistra giovanile, poi nel ’95 è stato eletto segretario del Pds della città di Modena. Dal 1999 al 2006 è stato assessore al Comune di Modena con delega ai lavori pubblici, al patrimonio e al centro storico. Dal 2005 è stato coordinatore della scuola di formazione politica Pensar Europeo. Nel 2007 è stato eletto segretario provinciale del Pd modenese. Alle amministrative del 2009, è stato eletto consigliere comunale a Modena, carica che ha ricoperto fino a giugno 2010, dopo esser stato eletto consigliere regionale dell’Emilia-Romagna”.

Una carriera fulminante se si avvicina alla politica a poco più di vent’anni, a ventitré diventa assessore alle Politiche giovanili e in vent’anni ricopre ininterrottamente cariche pubbliche e cariche di partito. Nessun riferimento a studi e ad altre attività lavorative, ma solo a hobby. Naturalmente ciò non vuol dire che Bonaccini non abbia i requisiti per diventare presidente della Regione, con una carriera così travolgente avrà qualità indiscutibili.
Matteo Richetti scrive nel suo sito, in “Chi sono”: “Sono nato a Sassuolo il 3 agosto 1974… Sono cresciuto nella mia comunità parrocchiale e mi sono formato negli studi a Modena, al liceo scientifico Wiligelmo… Sono giornalista e nel corso degli anni mi sono specializzato nel campo della comunicazione pubblica. Ho avuto il privilegio di affiancare al mio impegno professionale la mia passione politica, coniugando il lavoro al sindacato e nella comunicazione con la frequentazione del centro Ferrari, la realtà costruita da Ermanno Gorrieri, le scuole di partecipazione alla politica del Vicariato e della Diocesi, la costruzione di un rinnovato senso dell’impegno politico e sociale dopo gli sconvolgimenti dei primi anni ’90. Nel 2010, dopo essere stato rieletto in Assemblea legislativa, sono diventato presidente dell’Assemblea stessa, lavorando da subito a una riforma complessiva del “parlamento” regionale e riducendo drasticamente il costo di funzionamento, fino a renderlo il più virtuoso in Italia. Riduzione delle indennità, riduzione dei soldi ai gruppi, azzeramento completo delle spese di rappresentanza e abolizione del vitalizio sono solo alcuni dei provvedimenti che l’Assemblea ha adottato sotto la mia presidenza”. Nel 2013 è diventato parlamentare.
Dunque, Richetti è diplomato, giornalista pubblicista, specializzandosi nella Comunicazione istituzionale, lavorando per alcune testate (non precisa per quali) al sindacato (non indica di quale categoria) e come incaricato nella direzione generale della provincia di Modena. Poi si lancia in politica ai vertici della Margherita, da lì l’altrettanto fulminante carriera.
Queste due candidature, malgrado tutte le invocate rottamazioni, reiterano una prassi nella selezione delle classi dirigenti del maggior partito italiano – erede nel male e nel bene di due culture politiche avversarie ma entrambe blasonate – che vede ancora prevalere, almeno in Emilia Romagna, il professionismo politico non accompagnato da altre competenze rilevanti. Non si tratta del solo titolo di studio anche se, oggi, la laurea l’hanno praticamente più o meno tutti, non i nostri due però. È proprio il tipo di personaggi nati e cresciuti nelle strutture di Palazzo anche se con profili in parte diversi ma poi alla fine non dissimili.
Queste candidature possono sembrare politicamente più forti di altre ma sono a parer mio socialmente e culturalmente deboli, sono il prodotto della concezione veramente obsoleta del primato delle carriere che passa attraverso la sola mediazione tra le correnti e non con una vera selezione di merito.
Perché si dovrebbe scegliere l’uno piuttosto che l’altro? Cosa li distingue nella sostanza? Il Pd non sembra essere in grado di, o forse non intende, abbandonare la vecchia consuetudine di preferire personalità fedeli e allineate, anche se non “aquile”: da notare che i media mainstream seguono allineati le logiche di partito, ponendo ai margini della competizione per le primarie due “professoroni” di alto profilo e competenze amministrative come Bianchi e Balzani.
Se ci pensate, quali sono i tratti caratteristici della classe dirigente in auge e non da ora in Emilia Romagna? Vi vengono in mente personaggi di spicco? Intellettuali, organizzatori di movimenti, professionisti di rango? Se ve ne sono si tratta di casi sparuti, per lo più sono personaggi con le caratteristiche di aurea medietà dei nostri due prossimi eroi.
Non scrivono mai o quasi mai un articolo, difficilmente esprimono opinioni su argomenti che non siano d’ordinaria amministrazione. Non si espongono, vivono per lo più nei palazzi e nelle casematte del “partito”, luogo di protezione identitario.
Ho un singolare ricordo: un giorno visitai un dirigente di rango elevato, entrando nel suo ufficio rimasi colpito da due grandi guantoni da boxe e un cerchio per freccette che pendevano in bella mostra alla parete al posto del consueto “Quarto Stato” o di una foto di Gramsci. Pensai malevolmente: forse vuol indicare che è un combattente molto duro da battere, oppure invece era proprio un suo hobby! Forse da pugile avrebbe fatto meglio che da politico.
Questo articolo è stato pubblicato sul blog di Sergio Caserta sul sito del FattoQuotidiano.it

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