"Donne contro" di Martina Guerrini: storie di sovversione ai tempi del fascismo

19 Agosto 2014 /

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Donne Contro di Martina Guerrini
Donne Contro di Martina Guerrini
di Noemi Pulvirenti
Nell’immaginario comune si associa la resistenza antifascista a un momento tipicamente maschile, mentre la storia è piena di figure femminili che, con il loro contributo, aiutarono i loro uomini e non solo a lottare. Le pene a loro riservate per aver tradito lo Stato fu tale e quale a quelle inflitte agli uomini. Ricordiamo per esempio Francesca Edera De Giovanni, catturata su delazione a Bologna il 25 marzo del 1944 assieme ad altri cinque gappisti della 36ª brigata Bianconcini-Garibaldi e fucilata come “terrorista” dai militi repubblichini il 31 marzo dello stesso anno presso la Certosa.
In questo libro intitolato Donne contro – Ribelli, sovversive, antifasciste nel Casellario Politico Centrale ed edito da Zero in Condotta, Martina Guerrini riporta alla luce attraverso il Casellario Politico Centrale storie di donne ribelli, sovversive e antifasciste nate o comunque vissute a Venezia. Il Casellario Politico nacque nel 1894 durante il Regno d’Italia con il compito di curare l’anagrafe di tutti i soggetti ritenuti sovversivi e restò in vigore fino al 1967. Principalmente fu dopo l’approvazione del Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza del 1925 e la creazione nel 1931 dell’OVRA che il Casellario ebbe la sua maggiore attività e potenziamento.
Dalla ricerca condotta dall’autrice emerge che le donne schedate ammontano a 5005, con diverse classificazioni: 2260 antifasciste, 1605 comuniste, 499 socialiste, 387 anarchiche, 50 repubblicane, 25 antinazionali e 5 sovversive. E la Guerrini sottolinea come lo sguardo maschile abbia influenzato la compilazione di tali biografie; in primo luogo non viene mai citata la loro volontà nell’avere una propria opinione politica ma vengono “giustificate” nell’aver abbracciato determinate ideologie a causa dei loro mariti o fidanzati. O se non rientrabili in questa categoria vengono classificate come prostitute, squilibrate, nevrotiche e abili simulatrici.

Abbiamo per esempio Elvira Pilon, professione modista, descritta nel fascicolo come “una nevrotica che, sdegnando le frivolezze dell’età e del sesso, si entusiasma per gli ideali socialisti”. Oppure Irma Zanella schedata come comunista-anarchica ma “nonostante sia stata schedata come casalinga, la si definisce ‘prostituta’, pur senza aggiungere elementi in grado di circoscrivere e dettagliare maggiormente la fonte o la veridicità di tale supposizione”. Aurelia Benco di Silvio, docente universitaria e schedata come comunista, accusata di aver tentato di costituire a Bologna una scuola femminile comunista, o Maria De Fanti che viene confinata per 5 anni nel 1938 perché fermata per affissione e distribuzione di volantini antihitleriani.
Sono molte altre le biografie riportate, tutte diverse tra loro ma con un comune denominatore: l’aver apportato a modo loro il proprio contribuito per sconfiggere il fascismo, distruggendo la convinzione e lo stereotipo che le donne sono solo buone a crescere i figli e curare la casa.

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