di Cornelius
Leo fin da ragazzo, poco più che adolescente, provava una torpida attrazione per i vicoli stretti della sua città di mare. Le domeniche mattina andava in villa comunale col giovane padre, ancora magro e dal naso adunco per la fame patita nella guerra finita da poco. Scorazzando sui pattini, osservava le donne passare con gonne scampanate e posava sguardi fugaci su quelle caviglie sottili.
Poi risaliva, la mano in quella del padre, per le scale assolate dei vicoli dai muri scrostati, le signore sedute davanti alla porta del “basso” svogliate dal caldo, lo sguardo indolente e attraente, chissà cosa celavano quelle stanze in penombra, appena coperte da tende accostate. La notte Leo sognava di trovarsi da solo nei vicoli, e girando vedeva le donne chiamarlo con sorrisi beffardi: “Entra Leo, vieni a vedere”.
Erano signorine, donne di tutte le età, grasse e magre, vestite appena, le gambe dischiuse. Leo correva voleva andare e fuggire, la tentazione dell’ignoto, il raptus dell’amore a buon mercato. Il sogno finiva in una grande piazza, dove si ritrovava solo e sudato, un sogno mai terminato.