di Sergio Caserta
Il primo maggio del 1975 a Napoli fu forse il più bello della mia vita finora. Al corteo festeggiavamo contemporaneamente due straordinari avvenimenti: la caduta di Saigon e la sconfitta definitiva degli USA dal Vietnam, la vittoria della sinistra alle elezioni amministrative che, per la prima volta dal dopoguerra, conquistava il Comune della terza città d’Italia e capitale del meridione, eleggendo sindaco Maurizio Valenzi.
La fine della guerra degli americani in Vietnam, fu per tutti gli anni sessanta e dei settanta, un impegno politico per i movimenti pacifisti in tutto il mondo, non era il primo movimento c’era già stato quello contro la proliferazione atomica dei “partigiani della pace” nel clima inquietante della “guerra fredda”.
Il movimento pacifista è sorto negli ultimi decenni dell’ottocento come illustra il catalogo della mostra Trame di pace, simboli, carte, azioni di un’utopia possibile in corso a Bologna, presso la sede del quartiere Santo Stefano, al Baraccano, promossa dall’Istituto Parri e dall’assessorato alla cultura della Regione Emilia Romagna, con la collaborazione e i contributi di molte associazioni e istituzioni.
La mostra è ricchissima di materiali d’informazione, documenti e simboli dei numerosi e diversi movimenti per la pace che hanno visto in Italia, Bologna e l’Emilia Romagna sempre all’avanguardia; è emozionante e commovente, vedere la bandiera della pace dedicata ai fratelli Cervi, i manifesti delle marce Perugia-Assisi di anni lontani e vicini, la bandiera per la pace, bellissima, confezionata personalmente da più di duecento operaie della Manifattura tabacchi.
Perché allestire una mostra su un argomento, il pacifismo, per certi versi conosciuto ma anche dimenticato? Forse proprio perché il presente riesce sempre a imporci una nuova guerra, o rischi di conflitti in ogni latitudine: in questi giorni trepidiamo per l’Ucraina, abbiamo assistito impotenti ai massacri in Siria, per non dimenticare l’Afghanistan, l’Africa con i suoi ricorrenti eccidi etnici e religiosi, le primavere Arabe precipitate in assurdi massacri come in Libia e in Egitto.
La mostra è un utilissimo percorso d’informazione per giovani studenti e per chi non più giovane può cogliere nell’itinerario proposto, la ricostruzione di un’identità culturale con profonde radici nella nostra democrazia.
La lotta per la pace ha unito etnie, culture e filosofie diverse, ha visto sempre protagonisti in primo piano le donne e i giovani, le espressioni più sensibili della nostra società, fino a un momento in cui si parlò espressamente del movimento pacifista come della “terza potenza mondiale”, il luogo dell’utopia possibile. Poi la natura ferina del potere ha ripreso il sopravvento ma come ogni buon frutto ben piantato nella terra, l’idea di pace tornerà a germogliare, è questione di buona volontà.
La mostra, visitabile gratuitamente fino al 20 maggio, è altamente consigliata.