People Mover: storia infinita di un'opera a carico di cittadini. E ora la parola al Tar

19 Novembre 2013 /

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di Noemi Pulvirenti
La storia dell’uomo è fatta anche di costruzioni, di segni urbani che rimangono nel tempo e che hanno lo scopo di rendere un servizio alla popolazione. Immaginiamo per esempio nel passato gli acquedotti, le strade, i ponti. Sono tutte “invenzioni” che nascono con l’idea di durare e creare un ponte tra la città e l’uomo. E domani, 20 novembre, proprio in quest’ottica (o contro la sua applicazione pratica a Bologna) sarà una data importante: inizierà il procedimento amministrativo nel corso del quale il Tar Lazio deciderà se è ammissibile il ricorso di CCC, TPER e Marconi Express contro la decisione dell’autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di bloccare il People Mover.
Ma di cosa si tratta? Vediamo di riassumere. Il People Mover è un mezzo di trasporto che servirà per collegare l’aeroporto Marconi di Bologna con il suo tessuto urbano; in Italia esistono già due esempi: a Milano, dove l’ospedale di San Raffaele è collegato alla metropolitana, e a Venezia. Dal canto suo, l’amministrazione comunale di Bologna – era sindaco Sergio Cofferati – ha proceduto alla pubblicazione di un bando di gara per l’affidamento della concessione, dove inizialmente non si presentò nessuno e in seconda pubblicazione vinto dal Consorzio Cooperative Costruzioni di Bologna (CCC) il 28 aprile 2009.
Il progetto fu da subito criticato da esperti in materia di trasporti e dette luogo a molte discussioni e polemiche, sia sotto il profilo tecnico e ambientale che contrattuale. Sono infatti in corso inchieste della magistratura penale e contabile, ma ciò che alla fine interessa soprattutto in questa storia è sapere se la costruzione del People Mover è una “cosa loro”, delle grandi aziende cioè, che però pagheranno i cittadini.

Il costo totale dell’opera è stimato di 100 milioni di euro. La Regione ci metterà una consistente quota (27 milioni di cui otto già impegnati), ma anche il Comune, secondo gli accordi contrattuali, dovrà rimborsare eventuali perdite di gestione, nel caso in cui il people mover in attività non raggiunga l’obiettivo minimo di almeno un milione di passeggeri annui; ci sono fondati motivi che ciò avvenga, relativi alla sua scarsa funzionalità e al costo del biglietto.
Nel 2010 è sorto il Comitato del No People Mover che si è impegnato attivamente per coinvolgere la cittadinanza, ha promosso un’istruttoria pubblica, prevista dal regolamento comunale tra le forme di partecipazione, raccogliendo circa 4.000 firme di cittadini necessarie ad attivarla, istruttoria rifiutata dal Comune con un escamotage burocratico.
In tutto questo tempo, il Comitato non si è rassegnato e nel corso degli anni ha organizzato forme di denuncia pubblica: assemblee, presidi mobili e performance, occupazioni temporanee di spazi pubblici per far luce sul caso, proponendo, insieme a molte altre realtà cittadine, la soluzione alternativa di utilizzare linea ferroviaria SFM, che, di fatto, già collega la città all’aeroporto e che può essere attività con una spesa di gran lunga inferiore.

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