Lo scossone e la sveglia: la particolarità italiana e l'incompreso disagio sociale / 2

2 Aprile 2013 /

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Crisi - Foto di Roberto Giannotti
Crisi - Foto di Roberto Giannotti
di Aldo Tortorella
Nel deserto di iniziative adeguate, le denunce urlate da Grillo assumevano il sapore di una verità indiscutibile e le grida, gli insulti, le parole di odio apparivano a moltissimi giustificate o giustificabili. Segnali clamorosi erano arrivati anche elettoralmente da anni nelle elezioni comunali e, infine, nelle regionali siciliane. Berlusconi ha reagito, secondo il suo codice di mercato, con un’offerta pubblica di acquisto del voto (in parlamento la compera era stata clandestina) a livello di massa: «Vi tolgo l’Imu. Anzi, vi rendo i soldi».
Il centrosinistra non solo in campagna elettorale, ma ancora prima di essa è apparso balbettante se non reticente, pur enunciando probi propositi cui non crede più nessuno e che sono apparsi come il tentativo di spegnere l’incendio del palazzo con un innaffiatoio. Molti elettori hanno votato per il centrosinistra solo perché hanno avvertito che c’era il rischio di una nuova vittoria della destra berlusconiana. E infatti Grillo andava visibilmente dissanguando a grandi sorsate Pd e Sel. Se il vampiro avesse succhiato ancora un pochino, Berlusconi avrebbe potuto festeggiare una sua nuova maggioranza assoluta alla Camera sulla base di una legge elettorale da lotteria, che stavolta per un soffio ha favorito alla Camera il centrosinistra.
Ma bisogna ricordarlo: tra quei centoventimila in più (in cui ci sono anche i quasi centocinquantamilamila della Südtiroler Volkspartei) e tra tutti gli altri elettori del centrosinistra molti hanno dato il voto per salvare se stessi e l’Italia da una nuova e intollerabile umiliazione, non per approvare le politiche di Monti o la debolezza sui temi della riforma della politica.

C’è da sperare – anche da chi non vi partecipa – che il Partito democratico, date le responsabilità che nonostante tutto gli sono piovute addosso, capisca bene che lo scacco subìto e lo scossone rappresentato dai grillini chiamano in causa il suo modo di essere, determinato in buona misura dalle sue costitutive divisioni interne. Certo, le diversità sono inevitabili e utili in qualsiasi formazione politica (e in qualsiasi associazione umana): ma se diventano paralizzanti è un guaio. Quelle del Pd hanno spesso impedito a questo partito di assumere posizioni simili a quelle degli altri partiti progressisti europei sui temi dei diritti civili, oppure hanno fatto considerare come pericolosi bolscevichi i sostenitori di politiche keynesiane. L’affezione per il liberismo economico di molti dirigenti ha reso timida ogni distinzione da Monti. Qualcuno, anzi, se n’è andato con lui. E altri non nascondevano la loro propensione a considerare la politica dei tecnici non come una dolorosa imposizione colma di ingiustizie sociali, ma come il verbo di una scientificità inappellabile.
Non si tratta di riproporre quella che un imparaticcio dogmatico chiamava nel secolo scorso la compattezza ideologica (e che il Pci non ha mai praticato). Ma una forza politica, che si chiami partito o movimento, è inevitabilmente una parte. E la sua dialettica interna non può essere come quella interna allo Stato, in cui bisogna mediare tra posizioni opposte. Una parte si costituisce se vi è una qualche visione comune – che, certo, non sarà mai identica – sui temi storicamente concreti, dai diritti civili a quelli sociali, dalle finalità politiche a quelle economiche. E le idee sul rigoroso rispetto delle norme essenziali dell’etica pubblica sono (dovrebbero essere) la premessa di ogni discorso di comunanza politica.
La debolezza mostrata nella lotta per il risanamento delle istituzioni non deriva, però, solo dalle divisioni costitutive del Pd (o, con le differenze la politica che si sono dimostrate perdenti. Era evidente – o almeno lo fu per questa rivista – che il tatticismo assunto come bussola della politica era un errore clamoroso che riprendeva il peggio della vecchia tradizione ignorandone il meglio. Il meglio era stato a lungo – dai tempi del primo socialismo messianico sino alla difficile costruzione nel secondo dopoguerra delle organizzazioni della sinistra storica – la pratica, non senza errori e sbandamenti, dei valori normali dell’onestà, della pari dignità, della partecipazione e, cioè, una passione e una volontà morale trasformatrice.
Quei partiti diventarono grandi per il lavoro volontario di un numero incalcolabile di donne, di uomini, di giovani e giovanissimi. E alla degenerazione della politica non si è arrivati per la esistenza di persone che dedicavano la loro vita a una causa ideale criticamente vissuta (i malfamati “apparati”), ma per la cultura che anche a sinistra è prevalsa. Una cultura in cui la modernità è stata scambiata per l’adeguamento alle mentalità vincenti, e cioè quelle del modello dominante in cui ogni valore è negoziabile. Non c’è formazione politica della sinistra che possa vivere senza il rispetto rigoroso delle motivazioni etiche che la giustificano e la costituiscono.
E, da questo punto di vista, è un bene che sia venuto questo spirito di rivolta a ricordarlo premiando un movimento che dichiarava di battersi pur fra tanti spropositi, in nome di quegli antichi valori. La rivolta è stata innanzitutto ispirata da una volontà di giustizia, cioè da un bisogno morale. Che vi sia chi specula sui sentimenti diffusi non toglie la colpa a chi non li ha capiti. La lunga e sciocca campagna che ha tacciato di moralismo bacchettone coloro che consideravano determinante la questione morale ha fatto da sfondo alla degenerazione della politica.
La scossa può essere benefica se la sinistra, tutte le sinistre sparse e il centrosinistra nel suo insieme, comprenderanno che è questo il momento per una svolta radicale nella politica del paese e dentro se stesse. Non si tratta né di correre dietro a Grillo né di sfidarlo a singolar tenzone. Ma di ritrovare le ragioni per cui la sinistra è venuta al mondo, anche accogliendo il buono che c’è nel nuovo movimento, ma soprattutto guardando di correggere i propri errori teorici e pratici. Sinistra e centrosinistra sono perduti se non intendono che questo è il momento di cambiare se stessi dalle fondamenta, a partire dalla loro concezione della politica e dell’organizzazione. Svegliatevi.
Fine
Questo articolo è stato pubblicato sul numero 1/2013 di Critica Marxista

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