Piazza Grande: lettera di un senza fissa dimora

7 Febbraio 2013 /

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di Nicola, un senza fissa dimora del dormitorio di via Re David, Bari
Cari amministratori e politici della città di Bari, vi ringraziamo per averci dato la possibilità di dormire al coperto presso il dormitorio di via Re David, e un ringraziamento particolare ai volontari per il loro costante e prezioso aiuto.
Ci è stato detto che la struttura chiude per problemi amministrativi e di competenze istituzionali nonostante l’emergenza freddo non sia per niente finita. Ma come è possibile? Ma avete provato a stare di sera su una panchina con una coperta? Avete provato ad avere freddo sin nelle ossa senza avere niente per riscaldarsi?
È vero che siamo senza fissa dimora e contiamo meno di niente, ma non siamo stupidi e siamo persino capaci di leggere giornali (quelli gratuiti) e ci piange il cuore nel vedere che si spendono milioni per la campagna elettorale, e che tutti fanno a gara dicendo che faranno le leggi a tutela dei giovani senza lavoro, dei pensionati che non arrivano a fine mese con la loro misera pensione, degli operai che perdono il lavoro, delle carceri inumane, e tante altre belle cose , e non ci sono manco le briciole per farci dormire in un posto al coperto in questi mesi freddi?
Un nostro caro amico, Paolo, è morto l’altra sera e non vorremmo che capitasse anche noi morire da soli su una panchina o in qualche angolo buio della città. È vero siamo senza fissa dimora ma abbiamo la nostra dignità. Molti di noi sono in queste condizioni non per scelta ma perché qualcuno ha perso il lavoro, un altro è stato sfrattato, un altro ancora è in attesa del rinnovo del permesso di soggiorno, un altro ha problemi mentali ma non farebbe male a una mosca. Non ci piace che i politici litigano rimpallandosi le responsabilità. La povertà non ha un colore politico è semplicemente miseria e fatica del vivere quotidiano.

Ognuno di noi spera di risolvere i propri problemi perché non ci piace vivere in queste condizioni. Uno volta, tanti anni fa, un Signore che si chiamava Don Tonino Bello (dimenticato da molti!!) mi ha regalato un libro con una poesia meravigliosa che dovrebbe essere il pane quotidiano della vita: voglio ringraziarti, Signore, per il dono della vita; ho letto da qualche parte che gli uomini hanno un’ala soltanto: possono volare solo rimanendo abbracciati. A volte, nei momenti di confidenza, oso pensare, Signore, che tu abbia un’ala soltanto, l’altra la tieni nascosta, forse per farmi capire che tu non vuoi volare senza di me; per questo mi hai dato la vita: perché io fossi tuo compagno di volo, insegnami, allora, a librarmi con Te.
Perché vivere non è trascinare la vita, non è strapparla, non è rosicchiarla, vivere è abbandonarsi come un gabbiano all’ebbrezza del vento, vivere è assaporare l’avventura della libertà, vivere è stendere l’ala, l’unica ala, con la fiducia di chi sa di avere nel volo un partner grande come Te. Ma non basta saper volare con Te, Signore, tu mi hai dato il compito di abbracciare anche il fratello e aiutarlo a volare. Ti chiedo perdono, perciò, per tutte le ali che non ho aiutato a distendersi, non farmi più passare indifferente vicino al fratello che è rimasto con l’ala, l’unica ala, inesorabilmente impigliata nella rete della miseria e della solitudine e si è ormai persuaso di non essere più degno di volare con Te.
Soprattutto per questo fratello sfortunato dammi, o Signore, un’ala di riserva.
Questo articolo è stato pubblicato sul sito di Piazza Grande il 4 febbraio 2013

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