Stragi naziste in Emilia: a ottobre l'appello per i condannati di Cervarolo

2 Settembre 2012 /

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di Giaime Garzia
È trascorso poco più di un anno – era il 6 luglio 2011 – da quando in primo grado sono stati condannati all’ergastolo i 2 gerarchi nazisti ritenuti responsabili della strage di Cervarolo, avvenuta il 20 marzo 1944 e che costò la vita a 24 civili che avevano tra i 16 e gli 84 anni. Ma la sentenza è già stata impugnata e l’unico imputato sopravvissuto, l’ex sergente Wilhelm Karl Stark, 92 anni, sarà quindi giudicato dalla giustizia militare nel processo di secondo grado, che si aprirà a Roma davanti alla corte militare d’appello tra poche settimane, il 24 ottobre prossimo.
I fatti: le stragi della primavera 1944. Siamo in una frazione di montagna, 1000 metri d’altitudine, nel comune di Villa Minozzo (Reggio Emilia). Qui, come in località attigue, nelle settimane della primavera 1944 i reparti della divisione Hermann Göring compiono una serie di raid. Gli obiettivi sono la popolazione dell’Appennino tosco-emiliano e il conteggio finale parla di 400 vittime. Il tutto avviene tra il 18 marzo e il 5 maggio e i militari teutonici vengono supportati da uomini della Guardia nazionale repubblicana (Gnr) e da delatori autoctoni.

Cervarolo, dove i nazisti colpiscono il 20 marzo 1944, non è l’unico luogo di massacri. Due giorni prima c’era stato un episodio analogo a Monchio, nel modenese, e non era trascorsa una settimana dalla battaglia di Cerrè Sologno contro la formazione partigiana che ha la meglio sul contingente hitleriano. Dopo questo scontro, da Casalecchio di Reno parte la terza compagnia della divisione Hermann Göring di cui fanno parte i due imputati già condannati in primo grado.
Oltre a Stark, a capo della squadra che agirà a Cervarolo, c’è il sottotenente Fritz Olberg, il comandante di plotone nato nel 1921 e scomparso qualche mese fa, dopo il pronunciamento del tribunale militare di Verona. Giunti in zona, i militari tedeschi compiono una serie di stragi: prima Monchio, Susano e Costringano e poi Cervarolo e Civago. È una ritorsione sulla popolazione civile perché i partigiani, nel frattempo, si sono spostati dopo la battaglia del 15 marzo e non sono più in zona.
Il dopoguerra e il silenzio sugli eccidi. L’Istoreco, l’istituto storico della resistenza e della società contemporanea di Reggio Emilia, ricorda che fin dal 1956 non c’è stata volontà di perseguire i responsabili materiali dei crimini in zona, compreso quello di Cervarolo. Lo dimostra un carteggio tra il ministro della Difesa Paolo Emilio Taviani e quello degli Esteri Gaetano Martino contro alle estradizioni dalla Germania per evitare “incrinature nella solidarietà atlantica” e il crescendo delle polemiche per il riarmo della nazione sconfitta sotto l’egida Nato.
Poi, nel 1994, viene scoperto l’“armadio della vergogna”. Il procuratore militare Antonino Intelisano sta cercando documentazione per le sue indagini contro Erich Priebke, il massacratore delle Fosse Ardeatine, e si imbatte in un migliaio di fascicoli (si stima che fossero quasi il triplo in origine) nascosti in un ripostiglio della procura militare di Roma. Da qui salta fuori la storia delle brutalità nazifasciste nell’ultimo biennio della seconda guerra mondiale e sono 695 i casi che potrebbero dare origine a procedimenti giudiziari dato che si riferiscono a reati non prescritti.
Il processo, i documenti e le condanne. Per i fatti di Cervarolo e delle stragi in zona l’istruttoria inizia nell’ottobre 2005 ed è seguita in un primo tempo da Marco De Paolis della procura militare di La Spezia (a lui succederanno i procuratori Luca Sergio e Bruno Bruni). Più o meno nello stesso periodo nasce l’associazione dei familiari delle vittime e si arriva a 62 costituzioni di parte civile, la maggior parte seguite dagli avvocati Vainer Burani, Ernesto D’Andrea e Andrea Speranzoni.
Se giungono nel frattempo a sentenza eventi come la strage di Sant’Anna di Stazzema (12 agosto 1944, 560 vittime) e l’eccidio di Marzabotto (29 settembre-5 ottobre 1944, 800 morti circa), lo stesso accade anche per episodi meno conosciuti, come quelli che si consumarono tra il 18 e il 20 marzo 1944 sull’Appennino tra Reggio Emilia e Modena. Per loro – a 67 anni dai fatti e dopo 52 udienze – il 6 luglio 2011, vengono comminati con 11 ergastoli a 7 dei 9 imputati. Sono gli ufficiali e i sottufficiali della divisione nazista e tra loro ci sono i 2 graduati ritenuti responsabili dell’eccidio del 20 marzo 1944.
La questione dei risarcimenti tedeschi alle vittime. La sentenza dello scorso anno ha condannato anche lo Stato tedesco, ritenuto corresponsabile sul piano civile dei fatti e dunque in obbligo a risarcire i familiari delle vittime. Ma su questo fronte nulla di fatto. Già nel 2008 la Germania, dopo un vertice tra la cancelliera Angela Merkel e l’ex premier Silvio Berlusconi, si era rivolta alla Corte internazionale di giustizia dell’Aja. L’obiettivo era quello di bloccare un pronunciamento della Cassazione italiana che impediva agli Stati responsabili di violazione dei diritti umani di avvalersi del principio di immunità.
A febbraio 2012 Berlino aveva vinto vedendo riconosciuto il blocco delle indennità a vittime e sopravvissuti delle stragi naziste in Italia. E per Cervarolo – a processo il procuratore speciale per la Germania aveva ribadito l’indisponibilità al versamento di risarcimenti – era stata ipotizzata una forma di indennizzo morale, con la costruzione di un monumento nella capitale tedesca. Ora, con il processo d’appello che inizierà in autunno, anche il ruolo dello Stato tedesco e della responsabilità materiale nelle stragi di guerra dovrà essere ridiscusso.

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