Terremoto: 7 morti, 5000 sfollati. La terra non si ferma

20 Maggio 2012 /

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Nella notte ancora scosse, la più forte ha superato i 3,5 gradi della scala Richter. I morti accertati sono sette, quattro erano operai al lavoro travolti dalle macerie dei capannoni. 5000 gli sfollati, mentre pioggia forte e temperatura in forte calo complicano l’organizzazione dell’accoglienza. Ingenti i danni. Isolati interi centri storici.

Il reparto biancheria dell’IperCoop di Finale Emilia

Dei quattro operai morti nel sisma, due lavoravano in una fabbrica di ceramiche a Sant’Agostino, frazione di Ferrara: Nicola Cavicchi, 35 anni, e Leonardo Ansaloni, 51 anni. Gerardo Cesaro, 59 anni, è morto nel crollo del capannone della Tecopress di Dosso, mentre Tarik Naouch, 29 anni, è morto a Ponte Rodoni di Bondeno, dove è crollato lo stabilimento Ursa, che produce polistirolo.

Ingenti anche i danni alle cose (decapitato il tetto di una torre del castello estense a Ferrara, semicrollato il castello di Finale Emilia, danneggiate diverse chiese).

Nonostante la magnitudo del sisma, paragonabile a quello che ha distrutto l’Aquila e i paesi circostanti, in questo caso i danni sono stati più contenuti. «Impossibile calcolare i danni – precisa il capo della Protezione civile, Franco Gabrielli – le continue scosse modificano continuamente lo stato degli edifici».

Almeno 900 persone hanno dormito fuori casa, questa notte, e circa 400 hanno trovato ospitalità in alcuni alberghi del Modenese, grazie alla solidarietà e alla collaborazione della Feralberghi. Molti quelli che nelle città hanno dormito in auto per strada, mossi anche dalla paura rinnovata dal cosiddetto sciame di assestamento.

In un’intervista all’Unità, il presidente della regione Emilia Romagna dice: «La ricostruzione dovrà coinvolgere tutto il paese». E rassicura lavoratori e imprese del territorio: «Faremo un censimento delle aziende non in condizione di proseguire il lavoro, in modo che siano esentate dal pagamento delle imposte, e attiveremo la cassa integrazione in deroga così da non creare per i lavoratori colpiti un’emergenza nell’emergenza».

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