“Come ti vorrei/ Vorrei vorrei/ Ti vorrei/ Qui con me”. Così cantava Iva Zanicchi, così canta il governo Meloni rivolto agli operai. Se sono bravi, si comportano bene nel rispetto delle nuove leggi varate in uno Stato di polizia, se boicottano i referendum sul lavoro della Cgil, se firmano contratti separati, allora il governo riconoscente è disposto persino a promuoverli e riservare per loro una poltrona coi fiocchi: Luigi Sbarra, appena cinque mesi dopo aver passato il testimone da segretario generale della Cisl a Daniela Fumarola, è stato nominato sottosegretario al Sud nel governo più di destra dalla caduta del fascismo (quello di Mussolini e della Repubblica di Salò, ora ce n’è uno nuovo). Fumarola “esprime soddisfazione per la scelta di Sbarra”. Una scelta che evidenzia la sintonia della Cisl con le modalità e i contenuti del dialogo inesistente governo-sindacati e con gran parte dei provvedimenti legislativi del governo Meloni. Così un sindacato democratico e cristiano nato su due pilastri, la dottrina sociale della Chiesa voluta dal papa Leone XIII e l’autonomia, oggi li rinnega entrambi per schierare il suo esercito di lavoratori nell’armata neofascista, leghista e berlusconiana. Cioè per trasformarli in lavoratori che piacciono a Giorgia Meloni.
Se invece gli operai non si adeguano e rifiutano di allinearsi con le destre e il capitale, sapete cosa diventano? “Sedicenti operai”, parola di Fabio Rampelli, il meloniano vicepresidente della Camera. I veri operai non vanno in corteo sulla tangenziale di Bologna creando problemi agli automobilisti (che invece applaudono i metalmeccanici in sciopero per il contratto) violando le nuove leggi liberticide che sacralizzano il movimento della “gente” in strada, in treno, in aereo e criminalizzano il movimento di protesta. Dunque, non sono operai veri ma “sedicenti”. Cioè provocatori, sfaccendati, magari studenti palestinesi che invece della kefiah indossano la tuta blu per spacciarsi da lavoratori. In galera! In galera per due anni.
Identificateci tutti, denunciateci tutti, rispondono operaie e operai metalmeccanici al governo che li vorrebbe in galera. Paradossalmente, a occupare la tangenziale di Bologna c’erano anche i militanti della Fim-Cisl, quelli premiati da Giorgia Meloni con l’assunzione al governo del loro ex segretario confederale. Perché il rifiuto dei padroni a trattare su salari, sicurezza e dignità per rinnovare il contratto scaduto da un anno è talmente odioso che a differenza che nel pubblico impiego la Cisl non se la sente, almeno per ora, di firmare un accordo bidone separato con la controparte, cioè senza Fiom e Uilm. I metalmeccanici sono tornati in piazza, hanno accumulato 40 ore di sciopero, insomma: arieccoli. Le tute blu, anche se le metti in lavatrice a 90 gradi non si stingono, non sono come Giorgia Meloni le vorrebbe. Illudersi di fermarle con leggi capestro, trasformando la più classica delle lotte di classe in un problema di ordine pubblico, è ridicolo, oltre che criminale. Il governo Meloni sta con i padroni, ha promosso a ministro del lavoro un loro epigono e ha pensato che, avendo convinto la Cisl a vendere per un piatto di lenticchie la pelle degli statali (contratto rinnovato con un accordo separato, poi bocciato plebiscitariamente dai lavoratori), la stessa cosa sarebbe potuta capitare con i metalmeccanici. Ma è rimasta bloccata sulla tangenziale di Bologna tra gli slogan degli operai e gli applausi degli automobilisti. Ci provino a denunciare i sedicenti operai. Non credo che convenga a Meloni, Piantedosi e Calderone, così almeno pensa un sedicente giornalista.