E’ posizione condivisa da tutti gli addetti ai lavori che in Italia, e non da oggi, manchi una strategia nazionale in materia di sicurezza sul lavoro, e per ragioni, aggiungo, che sono in primo luogo culturali. Al di là delle esternazioni più o meno ufficiali, la sicurezza continua ad essere vista come un costo, e non un investimento. In particolare, con il presente governo e le forze che lo sostengono, ogni intervento sulle aziende (soprattutto vigilanza, prescrizioni, regole, sanzioni) è improvvido (“Non disturbare chi fa” Giorgia Meloni dixit), a meno che non sia elargizione di bonus più o meno giustificati e senza contropartita, o interventi di mera facciata come la patente a crediti in edilizia; e purché abbiano una qualche risonanza mediatica.
Non ha costituito perciò una sorpresa l’annuncio (che, anticipo, per il momento resta tale), che la presidente del Consiglio Meloni ha fatto il 30 aprile, di uno stanziamento di un miliardo e 250 milioni per la sicurezza sul lavoro; e l’annuncio è stato fatto, ancora una volta non casualmente, alla vigilia del I maggio, all’evidente scopo di attirare un po’ di spazio sui media sottraendola a sindacati e manifestazioni (si ricorderà la riunione di meno di un’ora del Consiglio dei Ministri convocata in passato il pomeriggio del I maggio per decidere alcune inezie “I sindacati festeggiano, il Governo lavora”). Quel che sorprende è l’annuncio che, come spenderli, sarebbe stato deciso con le parti sociali in apposita riunione convocata per l’8 maggio, realizzando (forse per la prima volta) cioè una concertazione. Concertare non è sicuramente nelle corde di questa maggioranza e della sua leader, che agiscono con consolidato piglio decisionista e ne fanno vanto. E appena un po’ meno sorprendente è il fatto che nelle ingravescenti difficoltà della finanza pubblica, tra deficit, tassi dei titoli di stato, nuovo capestro Patto di Stabilità UE, riarmo, tentazioni del ventunesimo condono, proroghe all’suso dei fondi PNRR chieste e respinte, e relativi proclami di austera cautela, di colpo salti fuori tale cifra, non altissima se rapportata al bilancio pubblico, ma considerevole. E magari ci sarà stato qualcuno che si aspettava che, coerentemente con la politica fatta finora, il Governo presentasse alle parti sociali se non un piano, quantomeno qualche idea su come usarla; il che invece, come si spiegherà, non è avvenuto, e di che fare della cifra di cui sopra al momento non è stato deciso ancora nulla. Come mai? Partiamo però prima dall’origine dei fondi.
I fondi vengono prelevati dal bilancio dell’INAIL, unico grande ente pubblico in attivo da sempre, avanzo che, pagate le spese di funzionamento, era pari a 3 miliardi di euro nel 2023. Il consuntivo 2024 non è ancora disponibile, il preventivo 2025 prevede un avanzo finanziario di 1.037.677.494 euro (!), uno economico di 2.231.990.871 (!!), e uno patrimoniale presunto di ben 18.327.194.767 (!!!).
Tale attivo, ormai da quasi 25 anni, si divide sostanzialmente in tre parti: una è destinata a coprire le cosiddette riserve tecniche obbligatorie per quella che, se pur pubblica ed in regime di monopolio legale, resta una assicurazione, il che significa essenzialmente investimenti immobiliari: secondo il Piano Triennale degli investimenti 2025-2027 approvato a febbraio, nel 2025 sono autorizzati investimenti, diretti o indiretti (cioè per altre PA, edilizia scolastica, sanitaria e simili) per 1.030 milioni per competenza e 300 per cassa. Una seconda è destinata a finanziamenti alle imprese per interventi di prevenzione e sicurezza sul lavoro, essenzialmente attraverso i cosiddetti bandi annuali ISI (cfr. l’articolo del 14 maggio 2023). Questi finanziamenti, erogati in regime di compartecipazione alle spese una volta sostenute, e conteggiati come aiuti di stato in applicazione della normativa dell’Unione Europea in materia, con relativi importi massimi per azienda (il de minimis, come sanno addette/i ai lavori), vedevano in realtà già stanziati 600 milioni, cioè poco meno della metà dell’importo annunciato (e osservo che su buona parte dei media questa non marginale differenza viene taciuta e la cifra riportata è 1250 milioni … ), e con relativo bando in itinere.
La terza e più cospicua parte resta depositata in Tesoreria unica, e finanzia il bilancio dello Stato; e quanto maggiore è, tanto meno titoli di Stato il MEF deve emettere, quindi sono fondi addirittura benedetti. E si vede dunque come la destinazione degli attivi INAIL è decisione politica quant’altre mai, e non tecnica …
Gli ulteriori stanziamenti promessi non sono quindi che una modesta parte dell’attivo INAIL; e che e attivo, non destinato, come visto sopra, che minoritariamente ai fini istituzionali (che so, diminuzione dei premi, incremento delle prestazioni, maggiori dotazioni per iniziative di prevenzione, investimenti nella ricerca applicata che l’INAIL comunque porta avanti in un silenzio spesso incomprensibile), sono arrivate critiche non solo dalle parti sociali (per una volta sindacati e organizzazioni datoriali unite), ma anche della Corte dei Conti. E ha qualche ragione chi sostiene che i premi pagati per l’assicurazione obbligatoria INAIL, per la parte non destinata al funzionamento dell’assicurazione stessa, costituiscono per le imprese una “tassa occulta”, esborsi senza contropartite, che sfuggono per di più alle rilevazioni statistiche sulla pressione fiscale (argomento, si sa, elettoralmente sempre sensibile). Ma non disprezziamo questo annunciato, incremento, e passiamo al come usarlo.
Ricordo, in premessa, che l’INAIL è dall’inizio del secolo saldamente un fortino del centrodestra, i cui vertici succedutisi nel tempo, cioè Presidente e Direttore Generale (e la connessa alta dirigenza) hanno riflettuto e riflettono tuttora le varie fortune delle forze politiche che lo compongono: vertici forzaitalioti prima, condominio FDI e FI poi, poi leghisti, dopo condominio leghista e FDI, feudo tutto FDI oggi. E detti vertici certo non hanno opposto resistenza alla destinazione diciamo extra-istituzionale di questa parte dell’attivo, (magari con preferenza per gli investimenti, soprattutto immobiliari, in certi collegi elettorali); come sono sempre stato ossequiosi degli indirizzi politici governativi. Ma detti indirizzi non hanno mai contemplato, né non contemplano tuttora, alcuna strategia complessiva in materia di prevenzione; e ciò nonostante qualche sollecitazione che sempre ha fatto il CIV dell’INAIL (dove siedono le parti sociali, e che approva i bilanci), lamentando la troppo scarsa autonomia dell’INAIL stesso nell’utilizzare i propri fondi.
E così, quando la Presidente del Consiglio decide, in maniera estemporanea, la mossa mediatica di annunciare la destinazione di questi 1,25 mld per la prevenzione, non ha alcun piano sul come spenderli. Parrebbe (voci non confermabili) che pochi giorni prima dell’annuncio, la Meloni avrebbe richiesto urgentemente un piano, o almeno qualche idea, al fido Direttore Generale dell’INAIL, Marcello Fiori, il quale a sua volta avrebbe interessato le strutture interne. E’ da ritenere che qualcosa dall’INAIL sarà uscito, ma non è diventato la proposta del Governo; forse non sarà piaciuto, oppure, a mio parere più verosimilmente, far diventare idee, magari pur presenti; dei piani degni di questo nome non è cosa che si fa in pochi giorni: non bastano i denari, per spendere (e bene, soprattutto) occorrono interlocuzioni con altri enti e parti sociali (che non si improvvisano), procedure, anche informatiche, e personale. E quello in servizio all’INAIL, gravemente carente quantitativamente ma anche rispetto a ad alcune professionalità (ispettori, medici specialisti, tecnici) fa già sempre più fatica ad assicurare l’attività ordinaria. E che denari senza strumenti e capacità di spenderli non servano a nulla ce lo ricorda, per restare all’INAIL, il suddetto CIV che, fra le altre osservazioni critiche sul Piano triennale di investimenti di cui sopra, sottolinea la problematica sua realizzabilità dal momento che le strutture tecniche dell’INAIL competenti alla realizzazione presentano una carenza di organico del 49%. Su un piano più generale, sono note le vicende dei fondi PNRR, spesi, quando scrivo, al 33%, e con nuova ulteriore richiesta di proroga all’uso degli stessi respinta.
In conclusione, se questa mia forse maliziosa, ma verosimile, lettura è corretta, l’inaspettato afflato concertativo della Presidente del Consiglio più che una scelta è una necessità.
L’incontro si è tenuto quindi l’8 maggio, presenti la stessa presidente del Consiglio e il vicepremier Tajani, il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Mantovano, i ministri competenti, il Presidente dell’INAIL D’Ascenzo, i vertici sindacali (forse persino sorpresi dalla convocazione, comunque ben accolta), i rappresentanti delle organizzazioni datoriali.
Con le premesse illustrate sopra, come prevedibile il vertice si è concluso con un nulla di concreto, se non con l’impegno a istituire un tavolo per la sicurezza presso la Presidenza del Consiglio, affidato all’ex presidente della Regione Campania Caldoro; nonché con un parimenti vago impegno a destinare alla sicurezza gli attivi di bilancio INAIL (Tutti? In parte? Boh …. Per inciso: non è presente ancora nessun atto formale in tal senso che modifichi, come indispensabile, il bilancio preventivo 2025; e devo osservare che fonti sindacali quantificano i fondi totali in 1310 milioni e non 1250 …). E al di là delle dichiarazione bipartisan su importanza del dialogo sociale, clima collaborativo e impegni sul tema, vediamo quali proposte sono state messe sul tavolo per usare le, al momento solo previste, maggiori risorse.
Il governo si è detto disponibile a:
- destinare maggiori risorse alla formazione sulla sicurezza di datori di lavoro e dipendenti (tanto più che il 17 aprile scorso è stato finalmente approvato il nuovo Accordo Stato Regioni che disciplina la materia, scaduto a metà 2022), attraverso i fondi interprofessionali, con l’istituzione di un elenco nazionale dei soggetti formatori a garanzia della loro competenza. Con ciò ammettendo, con candore sorprendente, che oggi non si conosce esattamente chi e quanti eroghino questa formazione, nonostante per farlo la normativa richieda requisiti obbligatori ben precisi…
- Incentivare gli investimenti in prevenzione (come fanno già i bandi ISI) e potenziare il meccanismo bonus malus che determina i premi da pagare all’INAIL. Se il primo punto è facile da realizzare, trattandosi di mettere più fondi in un meccanismo già consolidato, il secondo non lo è affatto. In estrema sintesi, ricordo in cosa consiste il bonus malus INAIL: l’INAIL come da Tariffa 2019 (Decreto Interministeriale 27 febbraio 2019, si veda l’articolo del 20 aprile 2023), censisce e classifica tutte le attività (con alcune centinaia di voci) e per ciascuna stabilisce un tasso medio base per quella specifica attività – cd. “lavorazione” – e su un periodo x di osservazione. Detto tasso medio è calcolato sul rapporto tra giornate lavorate e giornate perse per infortuni e malattie professionali (con i danni permanenti e mortali ricondotti convenzionalmente ad un certo numero di giornate perse). Ogni anno, se le singole aziende presentano, per le lavorazioni svolte, un rapporto tra giornate lavorate e giornate perse migliore di quello medio base, hanno una certa percentuale di sconto sul relativo premio; se all’inverso tale rapporto è peggiore, il premio è invece in una certa percentuale aumentato. Ma attenzione: un rafforzamento del meccanismo, che si applichi dal 2025 quando le aziende hanno già pagato (o stanno pagando se rateizzato) ai tassi attuali, oppure dal prossimo anno, può avvenire o diminuendo tutti i tassi base, oppure aumentando la percentuale di oscillazione. Ma in entrambi i casi, difficoltà se non impossibilità di quantificarne gli effetti finanziari e di assicurarli nel tempo, si tratta di minori entrate future sul bilancio INAIL, non di soldi freschi e sonanti ….
- Estendere il meccanismo della patente a crediti in edilizia ad altri settori (nonostante l’evidente inutilità dello stesso come configurato oggi, visti i dati e come i sindacati hanno ricordato), con una cauta ma vaga apertura a rivedere il meccanismo di appalti e sub-appalti a cascata senza limiti, unico in Europa; e passando da aggiudicazioni non al massimo ribasso ma in base alla migliore offerta complessiva in termini di sostenibilità e sicurezza. Ma non si può dimenticare, come ricordato dal segretario della FILLEA CGIL Di Franco, l’economia sommersa in Italia si stimi in 200 miliardi l’anno, in larga misura nascosta appunto in appalti e subappalti, e che gli infortuni, anche mortali, si concentrino proprio qui. Ma su questo bene ha detto Landini, a giugno ci sarà un referendum, che se vincente modificherà le norme in materia, se ne potrà parlare con cognizione di causa solo dopo.
- “Rafforzare la conoscenza di questi temi (ndr: della sicurezza) tra i giovani”, e “rendendo strutturale la copertura assicurativa INAIL per allievi, personale docente e non docente di tutte le scuole, di ogni ordine e grado, che questo governo ha introdotto nel 2023”, sono le parole testuali pronunciate dalla Presidente del Consiglio. Non emerge nulla di più preciso sul primo punto; e quanto al secondo, la citata copertura assicurativa INAIL, non introdotta ma estesa (sull’onda delle morti di studenti impegnati nell’Alternanza Scuola Lavoro, ora PCTO – Percorsi Compentenze Trasversali e Orientamento) da questa governo nel 2023 (in precedenza copriva solo esercitazioni pratiche e di laboratorio, e nulla diceva sui PCTO), “strutturale” lo è già appunto dal 2023…. chi le ha preparato il dossier non lo sapeva, oppure ha venduto una bufala per rimpomparlo.
Converrà, credo, chi legge che una vera e propria strategia, con il necessario cambio di rotta, non si vede ancora. Ci dirà il tempo, come nella parabola evangelica, se i semi promessi una volta gettati in che terreno cadranno e se attecchiranno.