Alle iniziative a sostegno della causa palestinese in tutto il mondo vogliamo aggiungere anche quelle che si svolgono in Sardegna e che vedono protagonista il movimento spontaneo che mette in difficoltà i Partiti, impegnati nella gestione delle scadenze congressuali, nella migliore delle ipotesi, o, nelle beghe di coalizione legate alle prossime scadenze elettorali legate ai rinnovi delle Provincie.
La mobilitazione prosegue occupando piazze e spazi all’interno degli eventi legati al calendario estivo delle manifestazioni messe in campo dalle Amministrazioni comunali per attrarre e intrattenere piacevolmente i numerosi turisti.
La questione palestinese, per usare una terminologia gramsciana, irrompe con tutto il suo carico di dolore ma anche di ribellione, lanciando appelli che toccano le coscienze e spingono alla riflessione: “Quando le generazioni future negli anni a venire ci chiederanno voi dove eravate? Cosa avete fatto per fermare questo genocidio?” si chiede l’Associazione Ponti non muri, da anni una tra le più attive sul territorio, insieme al Gruppo Emercency Sassari, Amnesty International Sassari, Association Pali Hope Odv-ets, Alghero per Gaza.
Si organizzano mostre itineranti nei santuari del turismo sfidando lo spirito tradizionalmente vacanziero che vuole le persone distratte da eventi enogastronomici, sagre e spettacoli di evasione dopo i bagni nel mare cristallino.
E invece, nella blasonata Alghero registra grande partecipazione la mostra fotografica “Bloody money 4 money 4 food Cartoline da Gaza per Gaza” tanto da prolungarne la durata, registrare anche soddisfacenti raccolte fondi che andranno a finanziare altre realtà presenti a Gaza e nella striscia per fornire acqua desalinizzata e potabilizzata e pasti comunitari, e riproporla a Sassari nella Libreria Dessì.
Ancora a Sassari, il 14 settembre le Associazioni hanno convocato in Piazza d’Italia, salotto buono della città che ha dato i natali a due presidenti della Repubblica, Segni e Cossiga e al più amato dei segretari del Partito Comunista Italiano, Enrico Berlinguer, una manifestazione che si svolge ormai puntualmente da otto domeniche alle ore 21 e che vede aderire un folto pubblico, autoconvocato tramite i social, composto da giovani, anziani, donne, bambini e turisti in vacanza.
Tutti desiderosi di farsi sentire con fischietti, coperchi e pentole che si trasformano in potentissimi strumenti a percussione che fanno rimbombare in tutta la piazza la rumorosa protesta di chi, appunto, non si gira dall’altra parte dopo aver visto le immagini diffuse da tutti i telegiornali e gli innumerevoli mezzi di comunicazione messi a disposizione dalla tecnologia.
Si diffondono informazioni sulla campagna BDS e sul boicottaggio della casa farmaceutica multinazionale Teva, si aggiornano i presenti sulle ultime novità a proposito della coraggiosa missione Sumud Flottilla.
La giornalista Paola Caridi, presente in città per presentare il suo ultimo libro, ha trovato doveroso partecipare domenica scorsa ed è rimasta così favorevolmente impressionata tanto da citarla come esempio di mobilitazione dal basso, di quelle che si registrano un po’ in tutta l’Italia, durante la popolare striscia quotidiana del giornalista Marco Damilano su Rai tre “La torre e il cavallo” di cui è stata ospite qualche puntata fa.
Si moltiplicano incontri dedicati agli autori palestinesi, a cura dell’infaticabile Ponti non Muri, per promuovere la loro cultura e aiutarli a mantenerla viva, presentando libri, proiezioni di film, sfidando la calura durante tutta l’estate per mantenere costante ed attuale il dibattito, e perfino un gruppo di lettura online “Leggere Palestina”.
Venerdì 12 settembre, la splendida cornice della chiesa di Santa Croce, gioiello tardogotico nel centro storico di Sorso, ha ospitato un concerto per pianoforte del maestro Antonio Manca nell’ambito della rassegna “Festival delle bellezze”. E tra le note appassionate del talentuoso pianista che ha eseguito brani di Ludovico Einaudi, è risuonato forte l’appello per la Palestina che ha commosso il pubblico presente, soprattutto quando è stato letto il racconto dell’autore palestinese nato a Gerusalemme nel 1978 Najwan Darish, dal titolo “Racconto breve sulla chiusura del mare” del 2018.
Se entri in quella strada, a lato della città,
quella che porta al campo profughi, se trovi bambini all’uscita di quella scuola che somiglia a una prigione,
se ne trovi sette sulla soglia del silenzio che osservano,
se vedi un bambino smilzo dagli occhi che brillano dell’intelligenza del
mondo intero,
avrai trovato il mio amico Taysir.
I suoi avevano un paese che fu rubato in pieno giorno.
Potrai scorgere negli occhi suoi inquieti la vivacità degli uccelli del paese
rubato.
Le case di cemento,
il ricordo dello zinco,
il gracchiare spaventoso delle radio dell’esercito occupante durante le
settimane di coprifuoco,
non hanno intaccato il brillare dei suoi occhi.
Una sola volta aveva visto il mare. Nulla lo convincerà a non andarci ancora.
Nei lunghi giorni di coprifuoco lo illudevano: «Finito il coprifuoco ti
porteremo al mare».
Una sera, finito il coprifuoco, gli hanno detto: «Il mare è chiuso a
quest’ora. Va’ a dormire!»
Non aveva dormito quella notte, immaginava un vecchio
chiudere il mare con un’enorme lastra di zinco che si estendeva dalla
stella all’orizzonte alla sabbia della spiaggia,
e lo serrava con un lucchetto grande, più grande di quello del negozio
del padre in via Omar al-Mukhtar.
Aveva immaginato il vecchio tornare poi a casa.
Se entri in quella strada al lato della città
quella che porta al campo profughi.
se scorgi due occhi che brillano dell’intelligenza del mondo intero,
chiedi, te ne prego, se il mare di Gaza è stato aperto
o se è chiuso ancora.