Un viaggio distopico sulla linea ferroviaria

di Silvia R. Lolli /
4 Marzo 2025 /

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Questo scritto prende le mosse da un’esperienza allucinante di viaggio in treno, avvenuta sulla tratta Genova-Piacenza sabato 22 febbraio 2025 a bordo del regionale veloce n. 2078 bloccato sul binario 6 di Arquata Scrivia per 3 ore e 10’. Viaggio regolare fino ad allora e la circolazione per gli altri treni continuava ad esserlo: il primo intercity fermato per servizio passeggeri subito dopo questo regionale aveva la stessa direzione di marcia ha proseguito, come pure gli altri intercity una freccia bianca e ben tre treni merci!

Solo il regionale bloccato, il binario sembrava morto, è stato raggiunto al binario 7 da un altro regionale veloce diretto a Milano Porta Garibaldi dopo circa un’ora e mezza. Che cos’è successo? La capotreno dopo la prima mezz’ora è passata ad informare che c’erano operai sulla linea a lavorare e c’era il deviatore bloccato; quindi, con il macchinista ha provato a chiedere di fare una manovra per riprendere la marcia su un binario libero. Poi il vuoto, solo dopo tre ore la capotreno è ripassata (ma non funzionavano gli altoparlanti?) per avvisare che si ripartiva e potevamo prendere la coincidenza a Piacenza; in stazione un piccolo bar, ma solo qualcuno forse è andato, gli altri passeggeri, in testa al treno, visto che i responsabili del convoglio erano sul binario ad aspettare e a chiacchierare. Chi stava in fondo ha cominciato a telefonare a 112 e forze di polizia per denunciare la situazione. Il nulla è rimasto, nonostante si siano visti due carabinieri in stazione al primo binario, ma la causa era riportare una bambina dalla mamma. Le varie chiamate ai centri operativi si vede che facevano parte di un’altra realtà.

Insomma, è il racconto di un viaggio che ha quasi del paranormale: la fermata a una stazione che sembrava per qualcuno deserta: c’era un interno, con le persone di tutte le età (nessuno si è preoccupato di controllare se tutti bene) e un esterno scollegato al resto, in mezzo al nulla. Regionali, treni fantasma; gli altri viaggiavano.

Il problema, quando si sanno tutti gli orari di partenza della rete, non poteva essere risolto già alla partenza da Genova? Perché non permettere di cambiare binario? Oppure in questa stazione ci sono solo binari unidirezionali senza incroci, scambi?

Comunque, nell’attesa tante considerazioni. Per le ferrovie statali (FFSS) ci sono ormai cittadini di serie A e di serie B. Quelli di serie B, in genere viaggiano sui regionali, sono per la maggior parte lavoratori che pagano il biglietto di tasca propria e che decidono di non usare l’auto per andare al lavoro, spesso per i costi, ma forse oggi per la sostenibilità; lavoratori che non usufruiscono dii rimborsi spese come tanti utenti di serie A, per esempio i politici. Fra gli appartenenti alle due serie un confronto è possibile solo quando i secondi usano i treni e non gli aerei, di linea o di Stato o le auto pubbliche anche per spostamenti di tipo privato. Paga sempre Pantalone! Poi, quando usano i treni, si sentono i padroni, li fanno fermare in stazioni a loro comode!

Ogni giorno ormai i ritardi sono la prassi e forse hanno riportato un po’ di uguaglianza fra i cittadini. Anche le alte velocità, rappresentanti l’efficienza delle nuove linee ferroviarie e delle ferrovie dello stato, provocano i ritardi, spesso per cause manutentive dei convogli o delle linee.

Fra l’altro le nuove ci sono costate care in termini economici ed ambientali; in Appennino tosco-emiliano si sono distrutte molte falde acquifere oltre ai fragili territori. Dovevano portarci ai livelli infrastrutturali dei migliori paesi del mondo nel nuovo millennio. Invece dopo la privatizzazione ritenuta indispensabile e lo scorporo in due società delle ferrovie dello Stato (RFI per la rete e FFSS che è sul mercato con altre aziende) le tratte sono in condizioni pessime perché le manutenzioni sono effettuate in genere da esterni, non più da operai dipendenti diretti delle ferrovie. Inoltre, lo sviluppo della rete non si mostra oggi neppure efficiente, efficace e democratico, perché è stato rivolto solo alle linee principali e di alta velocità e non si è investito sulle linee ancora a binario unico (per esempio i lunghi tratti di costa ligure e tante altre lungo la penisola), oppure per rendere più indipendenti i treni merci.

Il treno sarebbe il mezzo di trasporto che potrebbe livellare le diseguaglianze, ma soprattutto permettere la migliore sostenibilità per la mobilità del futuro. Con il PNRR sono cresciuti gli interventi di manutenzione, spesso straordinaria, assegnati soprattutto ad appalti temporanei. La privatizzazione ha danneggiato soprattutto alcuni rami di questa azienda di servizi: le officine grandi riparazioni sono state smantellate in alcuni nodi importanti, per esempio Bologna rendendo più difficile le manutenzioni ordinarie sui treni; lo stesso è avvenute per i lavori di manutenzione ordinaria delle reti.

Il ricorso a ditte esterne, con appalti a volte al massimo ribasso o con poco controllo sugli effettivi costi (in Italia le gare di appalto possono nascondere truffe ai danni dello Stato, e si definiscono anche “al massimo ribasso” come se sulla sicurezza di un mezzo di trasporto collettivo sia logico risparmiare), sta appunto comportando un deficit nella sicurezza oltre che la perdita di competenze qualificate sul lavoro: sempre più gli incidenti e gli infortuni sul lavoro in un settore un tempo il più sicuro.

Oggi siamo alla mercé di queste due società ancora dette pubbliche, ma S.p.A. (una contraddizione giuridico-economica che ha fatto bene solo a chi fa finanza e si assegna compensi milionari) che speculano sul servizio nonostante i prezzi in continuo aumento; abbiamo venduto un patrimonio pubblico che doveva rimanere tale e poteva avere reddito vendendo, come Rfi fa oggi le tratte ad altri utilizzatori. Che cosa ci abbiamo ricavato? Ancora debiti e maggior inefficienza e insicurezza. Ma così va il mondo finché chi vota è attratto da patine di marketing e propagande.

Tutte le partecipate derivate da queste operazioni stanno portando agli stessi risultati in termini di qualità di lavoro e del servizio; poco assoggettamento all’imprenditoria privata di valore, cioè alte competenze di imprenditorialità. La classe aristocratica costruita negli anni dalle varie correnti partitiche italiane di manager scelti può portare solo a queste inefficienze e diseconomicità, con maggior pericolosità del servizio (vedi Viareggio, Pioltello.)…

Oggi l’alta velocità e gli intercity sono spesso le cause dei ritardi anche dei treni locali che però in alcune tratte riescono tra una stazione e l’altra a continuare la loro marcia. Anche se la causa a Arquata Scrivia è stata un’altra, non è stato possibile inserirsi. Perché? I treni regionali danno molto bene l’idea di che cosa può avvenire a questo servizio se arriva l’autonomia differenziata: basta osservare la rete, ma anche le vetture dei treni regionali. Per esempio, solo di recente Treni Nord, perennemente in ritardo, sta comprando treni moderni; sulla Parma-Brescia, per esempio, fino a due anni fa sembrava di salire su treni storici e di terza classe; mancava solo la locomotiva a vapore, ma in alcune tratte ancora ci sono quelle a gasolio, perché manca l’elettrificazione!

Per tornare al viaggio dopo la partenza si è cercato di recuperare con una velocità forsennata dalla stazione di Arquata Scrivia a quella di Piacenza dove almeno il treno si è potuto prendere sullo stesso marciapiede evitando la sua partenza i ritardo, visto all’arrivo avevamo solo due minuti di vantaggio! Un po’ più di organizzazione rispetto a prima, forse perché eravamo in un’altra regione che ha investito da tempo sulla mobilità ferroviaria?

Perché si creano queste assurde situazioni? Perché le persone cioè i passeggeri non vengono aiutati con informazioni e generi alimentari quando il ritardo è alto?

Perché se ci sono operai che lavorano sulle linee e quindi se c’è un deviatore bloccato o che non funziona, non si organizza il passaggio sui binari funzionanti per altri treni? Perché i regionali erano fermi sui binari 6 e 7 invece di muovere temporaneamente sugli altri binari per arrivare a Tortona?

Si possono fare altre domande, da ignoranti: 1) i responsabili del traffico non comunicano con i responsabili dei lavori sulla linea? Essendo sabato chi era al lavoro? Responsabilità cercasi.

2) La stazione di Arquata Scrivia come tantissime altre è ormai deserta, non c’è nessun responsabile visibile oltre ai macchinisti e ai controllori dei treni.

3) Prima di Arquata Scrivia c’è solo una tratta a binario unico e non c’è nessuna possibilità di scambio di treni nella stessa direzione?

È la privatizzazione con la sua  supponenza di efficienza: “il servizio funziona meglio…” Basta dire che i passeggeri sono ormai solo clienti, cioè numeri, merci, come i contenuti dei vagoni dei tre treni merci visti passare.

Nonostante le tante chiamate di alcuni passeggeri al 112 e quindi a stazioni di carabinieri o polizia ferroviaria (fra l’altro c’è parecchia incertezza per individuare a quale comando eravamo indirizzati dal 112). Si chiedeva anche un loro intervento, perché c’erano bambini e persone anziane, ma nessuno è arrivato. Solo il macchinista e la capotreno come rappresentanti il servizio ferroviario. L’altro treno regionale fermato è partito prima. Evidentemente la stazione di arrivo avrà maggiori credenziali di Piacenza!

Questo vissuto da un centinaio di passeggeri dà bene il senso di realtà, quella quotidiana dei tanti pendolari che nonostante la costituzione in comitati non riescono a far cambiare nulla a questa azienda pubblica/privata.

Si potrebbero far partire molte class action nei confronti dei vertici delle società e denunce verso i vari responsabili dei disservizi? In questo caso sono plurime le società adibite al trasporto, treni Nord, e Italo oltre alle due delle ferrovie in cui si è smembrato il sistema ferroviario italiano. Non bastano più i rimborsi dei biglietti; occorre chiedere altri risarcimenti a chi continua a fare questi scempi dei servizi che fra l’altro i cittadini pagano molto bene, perché chi è costretto a pagare le tasse contribuisce indirettamente alle spese di bilancio per mantenere rete e servizio che poi viene pagato direttamente anche con il costo del biglietto. Il disservizio può a volte essere risarcito, ma è un’elemosina, perché non si tiene conto di costi figurativi.

Finché il disagio è accidentale può essere sopportabile, ma quando è quotidiano e nessuno paga mai, anzi da Moretti (disastro di Viareggio) in poi i manager (vedi la recente sentenza di Pioltello) pretendono solo incentivi (avuti per non aver speso in tempo sulle manutenzioni ordinarie, anche se sollecitati dagli stessi manutentori) e cospicue buone uscite; in altri paesi farebbero a stento lavori da operai non specializzati.

E qui si apre il problema del lavoro oggi, di qualsiasi lavoro, di come viene espletato da molti in una realtà italiana che sta normalizzando troppe situazioni come fatalità quindi con l’indifferenza generale anche di chi subisce il disservizio. Certo cosa si può fare se la denuncia ai servizi di controllo dell’ordine non viene neppure presa in esame? Così tutto diventa normalità. Può esser accettata passivamente come normalità se in una stazione alcuni treni rimangono fermi (non per guasto al treno) ed altri invece circolano? Caso diverso, anche se poco accettabile passivamente, se tutti i treni fossero rimasti fermi.

Poi il comportamento di chi lavora ed ha la responsabilità di un treno con passeggeri a bordo. Perché non ci deve essere un più continuo scambio di informazioni, tramite l’alto parlante, con i passeggeri? Perché la capotreno non si deve preoccupare dei viaggiatori, passando più volte lungo il treno per osservare se qualcuno ha bisogno? Non è forse un dovere professionale, oltre che etico? Invece dopo due ore stavano tranquillamente conversando con alcuni passeggeri, oltre che mangiando, nell’indifferenza più assoluta; quindi il ritardo è normalità anche per i lavoratori, fatalismo e passività. Il ritardo è programmato?

Troppi anche i passeggeri fatalisti, lasciano perdere, aspettano. Gli anticorpi verso il riconoscimento dei propri diritti civili oltre che politici in Italia è sempre di meno. Si vede da come si affrontano situazioni come questa.

Stiamo perdendo qualsiasi dignità: di sentirsi cittadino, ma anche lavoratore. Infatti, chi lavora con dignità dovrebbe sempre sentire la responsabilità nei confronti degli altri, soprattutto quando si sta lavorando in servizi come questo e a tutti i livelli; e chi si sente cittadino dovrebbe avere la dignità di essere responsabile nel denunciare questi disservizi.

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