In un mondo politico normale Vincenzo De Luca dovrebbe stare già a casa da tempo ed espulso dal suo partito. Invece, è in campo per un terzo mandato, continua ad agitarsi convulsamente e a ricattare il Pd. È incredibile come la sorte personale di un esponente regionale possa condizionare a tal punto la politica italiana e la principale forza di opposizione. Mentre Elly Schlein ribadisce con coerenza la sua posizione contro i cacicchi, nel suo partito è incominciata la gara a chi propone a De Luca delle contropartite per farlo recedere dal suo proposito di presentarsi comunque alle elezioni anche contro il Pd. Una mediazione masochistica è stata messa in campo in questi giorni da Bersani, Ricci, Bonafoni, con parole elogiative del ruolo del tirannello campano auspicando un ripensamento del figliuol prodigo. Certo, se le pretese di De Luca non si fossero incrociate con i rapporti tesi tra Meloni e Salvini, tra la richiesta di Fratelli d’Italia di scalzare i rappresentanti della Lega dalla guida di alcune regioni del Nord (in particolare il Veneto di Zaia) la vicenda sarebbe rimasta una questione interna al Pd. Ma mentre la Lega procede compatta a difendere Zaia e i suoi feudi elettorali del Nord, ultimo avamposto di un partito in disarmo, nel caso di De Luca si è innescata una lotta politica all’interno del Pd che ha al centro questioni non secondarie per la politica e per la sinistra: il governo locale può essere a vita? La clientela politica può rappresentare l’identità del Pd nel Sud? Chi abusa del proprio potere può sfidare impunemente un’intera comunità politica? Si può trasformare una regione in un regno? Le regioni sono esentate dal rispetto delle leggi nazionali? Perché i prepotenti hanno tanta considerazione?
Sta di fatto che ancora una volta i contrasti all’interno del Pd impediscono a questo partito di approfittare dello scontro aspro nel centro-destra perché non si riescono a tenere a bada le pretese di eternizzazione del potere di un suo esponente locale. Un partito diviso in componenti, purtroppo, difende anche i peggiori in vista di congressi nei quali le tessere dei cacicchi possono essere determinanti, come lo sono stati nel passato. La Schlein ha cercato di spazzare via questo sistema, e le va dato atto, ma la strada è lunga e le resistenze fortissime. Insomma, non si vogliono tenere in nessun conto gli insegnamenti della grande e della piccola storia: i prepotenti se incoraggiati dalle concessioni degli interlocutori commettono altre prepotenze fino alle estreme conseguenze. Degli interessi del Pd De Luca non se ne importa niente, lui odia il partito che gli ha concesso tutto in questi anni, lo vedrebbe distrutto senza rimpianti perché nella sua concezione lui viene prima di ogni altra cosa (assieme alla sua famiglia); è convinto che gli spetti di diritto un ruolo nella storia (perché lui pensa di essere un protagonista della storia italiana). Insomma, De Luca appartiene alla categoria degli “egodistruttori”, quelli che sono capaci di causare solo rovine attorno se non primeggiano. O, meglio, a quella degli “egoaltruisti”, persone che giurano che le loro scelte vanno unicamente in direzione dei superiori interessi degli elettori, mentre lavorano nei fatti a consolidare le loro fortune personali. De Luca è uno dei più autentici rappresentanti in Italia del populismo parolaio.
D’altra parte, ogni tentativo di mediazione andrebbe solo a suo vantaggio. Infatti, se il ricorso del governo contro la legge regionale campana viene respinto, De Luca si presenterà alle elezioni contro il candidato del Pd, contribuendo alla vittoria del centro-destra. Se il ricorso viene accolto, De Luca non potrà presentarsi e a quel punto che cosa il Pd gli dovrebbe offrire? Candidare un suo uomo? Accettare una lista con il suo nome e i suoi accoliti? E a quel punto romperebbe con i Cinquestelle e gli altri alleati che neanche lontanamente accetterebbero proposte del genere. Un’eventuale mediazione, quindi, sarebbe in contrasto con la possibilità del Pd di allearsi con i suoi interlocutori privilegiati e premierebbe un uomo politico capace solo di attaccare il Pd o di ricattarlo.
D’altra parte, l’affermazione che De Luca rappresenterebbe un esempio di buon governo è destituita di ogni fondamento. Si è dimostrato nei fatti un mediocre amministratore regionale. La Campania non si è schiodata in questi dieci anni dall’ultimo posto nelle classifiche nazionali. Lui sostiene addirittura di aver realizzato un sistema sanitario migliore di quello svedese. Peccato che nessuno se ne è accorto. Secondo l’Istat sono i cittadini campani i più insoddisfatti per i servizi resi dalla propria regione! Si discuta di questo, al posto di avallare uno dei sistemi di governo più inefficienti e clientelari che il Sud ha conosciuto negli ultimi decenni.
Questo articolo è stato pubblicato su Il Fatto Quotidiano il 17 gennaio 2025