Il ministro agli affari regionali, Roberto Calderoli, si è autopromosso a pieni voti sostenendo che il suo dicastero ha raggiunto gli obiettivi fissati per il 2004. E lo stesso ha fatto la ministra alle riforme istituzionali, Elisabetta Casellati. Non sappiamo il voto che si è autoattribuito Carlo Nordio. I tre sono i moschettieri delle tre “riforme” pattuite dai tre partiti che sostengono l’attuale governo: quella sull’ autonomia differenziata tra regioni, quella sul premierato, quella sulla divisione delle carriere dei magistrati. Finora le proposte avanzate hanno incontrato resistenze al di là delle aspettative e mostrato il lato debole di quell’accordo, cioè il venir meno di un equilibrio che la nostra Costituzione ha garantito al Paese dal Secondo dopoguerra in poi, basato sulla costante preoccupazione di tenere unita la nazione pur nelle diversità dei territori che la compongono, sul bilanciamento tra i vari poteri istituzionali per evitare un’incrinatura della democrazia riconquistata dopo il regime fascista, sull’indipendenza della magistratura. Che queste proposte siano in stand by non vuol dire che alla fine non passeranno, ma è evidente che per ora sono ferme e qualcuna di esse, come l’autonomia differenziata, ha già conosciuto una bocciatura istituzionale.
Sorprende, perciò, l’autocelebrazione. E quella di Calderoli ancora di più. Poiché l’unica attività del ministro leghista si è dispiegata nel più serio tentativo di disfare la nazione compiuto in 164 anni di storia patria, e poiché la Corte costituzionale ha nei fatti smantellato la sua riforma, o il leghista si è pentito della crociata per dividere l’Italia o continua imperterrito nella campagna di mistificazione. Evidentemente lui considera una dolce carezza lo schiaffo che ha ricevuto dalla Corte nel novembre scorso. D’altra parte, Calderoli ci ha abituati a chiamare le riforme che propone con il nome che meritano. Fu lui a proporre il sistema elettorale con cui si è votato nel 2006, 2008 e nel 2013, con liste bloccate e senza possibilità di scelta dei candidati, riforma che egli stesso definì “una porcata” dando a Giovanni Sartori l’assist per titolarla “norma porcellum”. Nel dicembre 2013, i giudici costituzionali bocciarono la legge. Quindi la “porcata” fu riconosciuta tale.
Nel 2008 Calderoli torna al governo come ministro per la semplificazione normativa e subito dà vita a una clamorosa messa in scena: il rogo di 375 000 norme considerate inutili o scadute. Efficaci le considerazioni di Sergio Rizzo: “Eliminare migliaia di leggi inutili perché “esauste”, che cioè hanno esaurito la propria funzione e quindi non sono più concretamente vigenti, è un’operazione di per sé inutile”. Peccato che tra le leggi abrogate c’erano anche alcune assolutamente utili, al punto tale che fu necessario emanare successivamente dei decreti-legge per farle di nuovo entrare in vigore!
Nel corso della sua attività politica Calderoli si è sbizzarrito in affermazioni razziste, omofobe e antimeridionali, dimostrando una spiccata simpatia per il Sud d’Italia e una amorevole attenzione per “culattoni, arabi e negri”. Nel 2011fu eletto presidente del fantomatico Parlamento del Nord, che sanciva la fase secessionista della Lega. Durante il referendum costituzionale voluto da Renzi ebbe a dire: “Oggi sono fortunatamente in Valtellina, ma la settimana prossima devo andare in Calabria, Puglia e Campania. Già, perché votano anche loro”. E sul problema dei rifiuti a Napoli così si era espresso: “Basterebbe regalare la Campania e il sud alla corona di Spagna! Erano già Regno delle due Sicilie, se lo tengano pure. Mi domando se le condizioni in cui versa Napoli non siano di per sé un motivo sufficiente per essere indipendentisti e separatisti da questa parte del paese. I napoletani e Napoli non fanno parte dell’Europa civile”. Su questi aspetti, Matteo Salvini lo aveva preceduto conducendo nel 2000 su radio Padania una trasmissione dal titolo “Mai dire Italia” e indossando felpe con sopra scritto “Padania is not Italy”. Molti leghisti chiedevano a gran voce di bruciare il tricolore.
Ora che un ministro con tali precedenti possa affermare credibilmente che l’autonomia differenziata è stata immaginata nell’interesse del Sud, equivale a far credere che la sua riforma del 2005 era pensata negli interessi degli elettori. Resta da spiegare come mai siano diventati ministri della nazione coloro che desideravano smantellarla. Insomma, è inspiegabile che restino alleati una forza politica che si scioglie in lacrime alla parola patria e un’altra che considera i propri territori di appartenenza al di sopra della patria- nazione. Solo in Italia avviene che la destra patriottica sia alleata dei separatisti e che si possano definire sovranisti coloro che pochi anni fa volevano bruciare in piazza la bandiera italiana.
Questo articolo è stato pubblicato su Il Fatto Quotidiano l’11 febbraio 2025