Oggi ricorre un anno dagli orribili attacchi di Hamas e di altri gruppi armati palestinesi nel sud d’Israele, in cui circa 1200 persone vennero uccise e 250 prese in ostaggio. Oggi è un giorno pieno di dolore per gli israeliani che hanno perso i loro cari, uccisi o rapiti, e per le migliaia di persone che continuano a essere sfollate anche dopo gli atroci attacchi di un anno fa.
Il 7 ottobre ci ricorda anche che è passato un anno dall’inizio del devastante, e ancora in corso, assalto di Israele contro la Striscia di Gaza occupata, che ha causato l’uccisione di oltre 41.500 persone e lo sfollamento forzato di un milione e 900.000 palestinesi e ha dato luogo a distruzioni e devastazioni di massa e a una catastrofe umanitaria senza precedenti, ponendo la popolazione palestinese della Striscia di Gaza a rischio di genocidio, come affermato dalla Corte internazionale di giustizia.
I crimini commessi da Hamas e da altri gruppi armati palestinesi, che il procuratore della Corte penale internazionale sta indagando come crimini contro l’umanità, sono stati orribili e privi di qualsiasi giustificazione.
A un anno di distanza, circa 100 ostaggi sono ancora trattenuti nella Striscia di Gaza. Di alcuni è stata confermata la morte e coloro che sono ancora in vita rischiano la morte, la tortura e altre violazioni dei diritti umani. I timori per la loro sorte sono aumentati da quando, ad agosto, le forze israeliane hanno recuperato i corpi di sei ostaggi, le cui autopsie hanno determinato che erano stati uccisi poco prima del ritrovamento. Gli ostaggi civili devono essere rimessi immediatamente in libertà e riuniti con le loro famiglie.
Nel frattempo, nella Striscia di Gaza intere famiglie sono state decimate e molte persone stanno ancora scavando tra le macerie delle loro case distrutte cercando i loro cari, bambini inclusi. Centinaia di famiglie palestinesi sono ancora alla ricerca di informazioni sui loro cari detenuti in Israele senza accusa né processo, molti dei quali sottoposti a tortura.
Mentre la guerra s’infiamma e s’allarga senza alcuna prospettiva di una sua fine, la necessità di un cessate il fuoco, del rispetto del diritto internazionale e del diritto di tutte le vittime alla verità, alla giustizia e alla riparazione è più urgente che mai.
È vergognoso, e insieme un fallimento dell’umanità, che a un anno di distanza dal 7 ottobre non vi siano alcun cessate il fuoco né il ritorno in libertà degli ostaggi. Queste atrocità non avrebbero mai dovuto essere state commesse eppure si consente loro di continuare.
Questo anniversario deve far riflettere sull’urgente bisogno che siano affrontate le cause di fondo del conflitto, siano interrotte le forniture di armi a tutte le parti coinvolte e sia posta fine alla duratura impunità che vede da decenni le forze israeliane, Hamas e altri gruppi armati palestinesi farsi beffe del diritto internazionale senza timore di subire conseguenze.
Questo articolo è stato pubblicato su Il Fatto Quotidiano il 7 ottobre 2024