Inauguriamo il mese di agosto con un racconto breve di Sergio Caserta, un apologo sull’esperienza del lavoro e i suoi contraccolpi, tanto imprevisti quanto connaturati
Antonio Paranzo di Torre del Greco, a 28 anni finalmente aveva trovato un lavoro vero: dopo tante faticose attività precarie, fatte di voucher, contratti a chiamata di alcune settimane o addirittura pochi giorni, senza quasi mai vedere una busta paga e men che meno i contributi previdenziali, finalmente un’azienda lo aveva confermato dopo qualche giorno in prova e gli aveva stipulato un’assunzione con contratto a termine ma di durata annuale.
Il lavoro in un supermercato era di allestitore degli scaffali, il livello più basso oltre le pulizie, ma per cominciare andava bene. Antonio era diplomato perito meccanico ma aveva una buona conoscenza dei numeri e poteva sperare di diventare col tempo cassiere o responsabile di reparto.
Antonio era molto contento. Il lavoro gli piaceva e imparava in fretta: controllare le scadenze dei prodotti, rispettare le rotazioni, seguire le indicazioni di disposizione delle merci, dare un occhio discreto alla clientela, per evitare furti, pulire dove necessario.
Antonio faceva tutto senza fatica e con animo positivo, inoltre l’ambiente di lavoro era buono, i colleghi per la maggior parte socievoli e collaborativi, lo aiutavano ogni volta che aveva bisogno di chiarimenti, essendo alle prime armi.
Un giorno mentre inseriva la merce nello scaffale, notò che una signora, piuttosto avanti negli anni, s’infilava una scatoletta di tonno nella tasca del cappotto, invece di depositarla nel carrello in cui c’erano pochi altri prodotti. Sul momento pensò di fermarla e chiederle di tirar fuori il maltolto ma osservando meglio, si accorse che la signora non stava bene, appariva visibilmente confusa e a disagio, si muoveva incerta andando avanti e dietro per le corsie senza una meta precisa.
Cosi Antonio le si avvicinò e con molta cortesia le chiese se stava bene, “ma che vuoi?” le rispose la donna visibilmente alterata, “lasciami stare, aiuto mi assale” si mise a gridare come una forsennata, attirando l’attenzione dei clienti che si avvicinarono allarmati ai due.
Antonio a questo punto per sottrarsi all’equivoco che la scena poteva ingenerare, che lui avesse infastidito la donna, disse “signora lei ha preso una scatola di tonno e se l’è messa in tasca, volevo avvisarla prima che arrivasse alle casse e facesse scattare l’allarme” la donna in preda ad una crisi d’ira “come ti permetti di accusarmi brutto cane, non ho preso niente, non mi toccare non ti avvicinare”.
Antonio incredulo rimase attonito e immobile, per la violenza sfrontata della donna che nel frattempo si era rapidamente allontanta, fino a che il capo negozio non lo chiamò in disparte per chiarire l’episodio.
“Senti un po’” gli disse con tono di rimprovero, “ricorda che il cliente che ha sottratto della merce, finché non viene scoperto dal suono degli allarmi elettronici, non può essere fermato” Poi aggiunse “devi stare più attento perché la clientela può avere l’impressione che noi li controlliamo o peggio li perseguitiamo” infine sentenziò “non mi sembra che tu sia adatto a questo lavoro, troppo zelo è controproducente, cerca di stare molto attento, altrimenti se accade un altro episodio simile, dobbiamo riconsiderare la tua permanenza qui”.
In un momento la percezione di Antonio del nuovo lavoro mutò totalmente di segno: alla piacevole sensazione di trovarsi bene, scoprì il disagio di sentirsi in colpa, di aver sbagliato a valutare la situazione di non sapere più come comportarsi.
Lo sguardo dei colleghi da socievole ed amicale, gli apparve all’improvviso diverso, non solidale perfino che lo evitassero, si sentì isolato e in enorme difficoltà.
Capì in un solo momento che il lavoro, qualsiasi lavoro, è sempre un’arma a doppio taglio: è motivo di soddisfazione, di crescita personale, di sicurezza ma può diventare causa di incomprensione, di frustrazione, di insuccesso e quindi di grande insicurezza.
Antonio dopo questo episodio era cambiato, nel breve volgere di una giornata, aveva maturato una considerazione molto diversa di sé stesso, del contesto, dei colleghi, dell’umanità, aveva perso un bel pezzo di spontaneità e ingenuità.