Nonostante il raggiungimento dell’uguaglianza di genere fosse, almeno sulla carta, uno degli obiettivi trasversali del Pnrr, i pochi dati che abbiamo a disposizione mostrano che nella realtà dei fatti la parità è un obiettivo più formale che sostanziale. L’analisi dell’economista Barbara Martini
Come è già stato più volte ribadito in diversi contributi scritti sul tema, fra le priorità trasversali – e quindi che interessano tutte le missioni – del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) c’è quella di aumentare il livello di partecipazione delle donne al mercato del lavoro.
Da questo punto di vista, rispetto agli altri paesi europei, l’Italia si caratterizza per un tasso di partecipazione delle donne pari a circa il 55%, mentre la media europea si attesta intorno al 70%.
Per raggiungere questo obiettivo, il Decreto Legge 71/2021 “Governance del Piano nazionale di ripresa e resilienza e prime misure di rafforzamento delle strutture amministrative e di accelerazione e snellimento delle procedure”, all’art.47, comma 4, stabilisce che le stazioni appaltanti prevedano, nei bandi di gara, negli avvisi e negli inviti, specifiche clausole dirette all’inserimento, come requisiti necessari e come ulteriori requisiti premiali orientati a promuovere l’imprenditoria giovanile, la parità di genere e l’assunzione di persone giovani con età inferiore a trentasei anni, e donne.
Nel comma 5 dello stesso articolo è specificato che ulteriori misure premiali (espressamente elencate) possano prevedere l’assegnazione di un punteggio aggiuntivo all’offerente. Il comma 7, infine, indica le condizioni secondo cui è possibile derogare a quanto previsto nel comma 4.
In base ai dati forniti dall’Autorità nazionale anticorruzione (Anac), su 236.935 gare, solo 77.058 rispettano il requisito di condizionalità, ossia il 32% del totale. Nei restanti casi, questo requisito non è presente. Il motivo della deroga dovrebbe essere espressamente indicato, invece non è così nel 12% delle gare.
Nel 42% dei casi, si deroga rispetto alla condizionalità per un importo ridotto del contratto, mentre in quasi il 40% dei casi si indica un generico “altro” non ben specificato. Inoltre, il Decreto Legge 71/2021, all’art.47 comma 5, prevede espressamente la possibilità di introdurre nelle gare delle misure premiali.
I dati messi a disposizione da Anac relativi alle misure premiali fanno riferimento a un totale di 19.520 gare. Le misure 4, 6, 7 e 10 riguardano espressamente i divari di genere. La somma di queste misure rappresenta il 33% del totale delle misure premiali.
In particolare, nel 13,41% dei casi in cui si applica una misura premiale si decide di assumere una quota di donne superiore a quella minima prevista, mentre nel 12,98% dei casi si dichiara di applicare un altro criterio di responsabilità sociale nei confronti dei divari di genere.
Solo nel 6,62% dei casi si adotta un comportamento pro-attivo, volto a creare una maggiore parità di genere con un maggior numero di assunzioni di donne, o di riequilibrio di genere, in termini di retribuzione o dal punto di vista del coinvolgimento delle donne in posizioni apicali (misura n. 6), ovvero attraverso l’adozione di specifiche misure per promuovere le pari opportunità generazionali.
In conclusione, la condizionalità, che avrebbe dovuto garantire l’assunzione di un 30% di donne e giovani, viene disattesa nel 70% dei casi, a causa dell’importo troppo basso delle gare oppure per generici motivi indicati con “altro”. La premialità invece, solo nel 33% dei casi riguarda comportamenti pro-attivi volti al raggiungimento della parità di genere.
La necessità di avere dati aggiornati ed esaustivi per compiere analisi puntuali e rigorose si scontra con i dati effettivamente messi a disposizione su Italia Domani, il portale online ufficiale del Pnrr.
Nonostante sul sito sia presente una grande mole di dati, questi ultimi spesso non contengono variabili o identificativi che possano in qualche modo essere ricondotti al genere, nonostante, come si è detto, il raggiungimento della parità di genere sia un obiettivo trasversale del Piano.
Per cercare di ottenere indicatori di genere, si è fatto ricorso a quelli utilizzati per il sistema di monitoraggio e per la valutazione del Pnrr, che prevede tre tipologie di indicatori da valorizzare a livello di singolo progetto: indicatori comuni, indicatori target e indicatori di output.
Come si evince dalla Tabella 1A (nell’allegato scaricabile in fondo al testo), solo alcuni degli indicatori comuni riportati sono riconducibili al genere, e si riferiscono, in particolare, al numero di persone partecipanti nei percorsi di istruzione o di formazione con focus sulle competenze digitali, al numero di persone che hanno o che cercano un lavoro, al numero di donne di età compresa tra i 15 e i 29 anni che ricevono sostegno, e alle ricercatrici che lavorano in centri di ricerca beneficiarie di un sostegno.
Nonostante la copiosa mole di informazioni messa a disposizione dal portale, esistono delle difficoltà oggettive nel cercare di avere una visione ampia e unitaria, non solo relativa allo stato di attuazione del Pnrr, ma anche al raggiungimento degli obiettivi e alla localizzazione geografica dei progetti.
La nostra analisi si basa sulla fusione – attraverso il Codice unico di progetto (Cup) che identifica in modo univoco una gara – delle informazioni contenute in quattro diversi dataset: indicatori, soggetti, progetti e localizzazione.
Il dataset Indicatori associa a ciascun codice Cup riconducibile alla sub-misura di riferimento del Pnrr le informazioni sulla tipologia dell’indicatore (comune o target), la descrizione dell’indicatore, l’unità di misura, il valore programmato e quello realizzato.
Gli indicatori comuni vengono disciplinati dal Regolamento delegato 2021/2106 della Commissione del 28 settembre 2021. Gli indicatori target, invece, riguardano il contributo di ciascun progetto ai target della misura che lo finanzia, di livello nazionale ed europeo, come individuato nell’allegato riveduto alla Decisione del Consiglio del 13 luglio 2021.
Il dataset Progetti del Pnrr associa a ciascuna misura o sub-misura e al loro corredo informativo del Piano i progetti identificati tramite Cup/Codice locale progetto (Clp). Per ciascuno di questi, sono riportati la procedura di attivazione, lo stato del Cup, la natura, la tipologia, il settore, il sottosettore, la categoria, il titolo, la sintesi, i finanziamenti totali e distinti per fonte, il soggetto attuatore, la variabile che indica se si tratti di un progetto in essere.
Il dataset Localizzazione del Pnrr associa a ciascun progetto Cup/Clp riconducibile alla sub-misura di riferimento del Pnrr le informazioni su regione, provincia, comune, indirizzo e Cap di localizzazione del progetto.
La relazione tra Cup e territori non è biunivoca: nel caso in cui un Cup sia localizzato su più territori (è il caso, ad esempio di una ferrovia) è riportato tante volte quante sono i luoghi in cui il progetto è realizzato.
Il dataset Soggetti del Pnrr associa a ciascun progetto Cup/Clp riconducibile alla sub-misura di riferimento del Pnrr le informazioni su Codice Fiscale, denominazione, forma giuridica e codice Ateco dell’attività economica (se pertinente) delle amministrazioni titolari e dei soggetti attuatori, beneficiari e intermediari/sub-attuatori.[1]
Dopo aver eliminato eventuali duplicazioni, dalla fusione dei dati si ricava un dataset di 27.617 progetti, per un valore di 16.590.000.000,00 euro. La media del valore di ciascun progetto è di 600.785, 44 euro. Di tutti questi progetti, solo alcuni degli indicatori riportati sono direttamente attribuibili alle donne.
Come si può evincere dai dati relativi ai finanziamenti per regione, l’ammontare totale dei finanziamenti destinati alle donne è di circa 2 miliardi di euro, che corrisponde a circa l’1% dell’intero valore del Piano.
Inoltre, circa il 73% della somma destinata alle donne è stata usata per i finanziamenti a ricercatrici che lavorano in centri di ricerca. Se, da un lato, finanziare la ricerca ha delle ricadute positive sull’intero sistema economico, appare decisamente limitato nel Piano il contributo alla riqualificazione delle competenze femminili attraverso l’istruzione e la formazione, nonché l’acquisizione di competenze digitali, indispensabile per poter affrontare le sfide future.
Esaminando la dimensione sotto il profilo regionale, la Regione Campania è tra le principali destinatarie dei fondi, anche se la maggior parte viene allocata su borse di studio. L’allocazione dei fondi per le borse di studio ricalca una precisa scelta fatta nel Piano, secondo cui il 40% di fondi per l’università e la ricerca sono stati destinati alle regioni del Sud Italia.
Allo stato attuale, il Piano nazionale di ripresa e resilienza dedica solo l’1% delle risorse al raggiungimento effettivo della parità di genere. In questo 1% sono incluse le borse di studio erogate alle università, in particolare quelle del Sud Italia, per incrementare la ricerca.
Su questo tema specifico occorre fare una riflessione. Se, da una parte, è noto che le donne nel mondo della ricerca sono in numero inferiore rispetto gli uomini, non c’è nessuna garanzia rispetto al fatto che i fondi stanziati siano andati effettivamente a incrementare il numero di ricercatrici – in particolare nelle discipline Stem, dove le donne sono seriamente sotto-dimensionate.
Nonostante la presenza di indicatori ad hoc volti a catturare l’incremento di occupazione femminile, i progetti realizzati tramite il Piano nazionale di ripresa e resilienza hanno un’entità limitata e, probabilmente, sarà limitato anche il loro impatto.
Note
[1] Il codice Ateco è una combinazione alfanumerica utilizzata dall’Istat per identificare l’attività economica svolta da un’impresa.
Questo articolo è stato pubblicato su inGenere il 18 giugno 2024. Immagine di copertina Unsplash/Amy Tran