A inizio giugno il ministero del Turismo guidato da Daniela Santanchè ha pubblicato un nuovo bando al dichiarato scopo di “promuovere l’attrattività turistica” nei comprensori sciistici. Altri 229,5 milioni di euro pubblici senza tenere in conto che la montagna italiana vede sempre meno neve e che le previsioni non sono affatto rosee
Fino al 2028 il ministero del Turismo continuerà a finanziare a fondo perduto le imprese che gestiscono impianti di risalita a fune. Dopo il primo avviso del giugno 2023, con 40 progetti in graduatoria per quasi 148 milioni di euro, a giugno 2024 ne ha promosso un altro, che ha una disponibilità di altri 229,5 milioni di euro.
Nel bando si spiega che l’intervento vuole “promuovere l’attrattività turistica” e “incentivare i flussi turistici nei luoghi montani e nei comprensori sciistici”, ma non si tiene conto che la montagna italiana -tanto le Alpi quanto gli Appennini- vede sempre meno neve e che le previsioni non sono affatto rosee: “Entro la fine del secolo, le condizioni attuali di copertura nevosa potrebbero spostarsi più in alto di 500-1.000 metri, cioè nel 2100 le condizioni della neve a 2.000 metri corrisponderanno a quelle che si trovano oggi a 1.000-1.500 metri”, spiega il Dossier neve dell’Eurac Research di Bolzano.
Eppure il ministero crede ancora nella “ristrutturazione, ammodernamento e manutenzione” degli impianti di risalita, ed è disponibile a finanziare anche la realizzazione (e la ristrutturazione, l’ammodernamento e la manutenzione) “di sistemi che consentano l’innevamento e l’efficientamento delle piste”, cioè vasche o bacini di approvvigionamento idrico necessari al funzionamento degli impianti di innevamento; impianti innovativi a elevata efficienza e anche “tappeti artificiali con manto sintetico”.
La ministra del Turismo Daniela Santanchè, che ha commentato la pubblicazione del bando sottolineando come nessun governo abbia “mai attenzionato il turismo e la montagna italiana come stiamo facendo noi”, non è fortunata. Il 5 giugno, il giorno dopo la pubblicazione, sono stati resi pubblici i nuovi dati di Copernicus, il servizio di monitoraggio climatico dell’Unione europea, che evidenziano un nuovo traguardo “scioccante” per il Pianeta, con 12 mesi consecutivi di caldo senza precedenti: ogni singolo mese da giugno 2023 a maggio 2024 è stato il più caldo mai registrato a livello mondiale, un dato che conferma come “l’obiettivo” di ridurre a 1,5 gradi l’aumento della temperatura “è appeso a un filo”, come ha dichiarato il segretario generale delle Nazioni Unite António Guterres, sottolineando che “stiamo giocando alla roulette russa con il nostro Pianeta”.
Uno dei tanti aspetti di questa incredibile roulette, lato effetti, è proprio la riduzione delle precipitazioni nevose o, quando nevica -come successo sulle Alpi, tra l’inverno e la primavera del 2024- la concentrazione delle precipitazioni in poche settimane, che è utile senz’altro ai fini della ricarica delle falde e della scarsità idrica, molto meno se l’obiettivo è programmare una stagione turistica invernale.
L’ultimo bollettino di Fondazione Cima dedicato a misurare la quantità d’acqua immagazzinata nella neve in quota (Snow water equivalent), diffuso a maggio, evidenzia una situazione buona sulle Alpi, grazie alle nevicate tra febbraio e aprile, pessima sugli Appennini, dove alcune cime e i fiumi che da essi dipendono non hanno proprio visto la neve. In ogni caso, sottolineano i ricercatori, “l’altro aspetto che è importante evidenziare a conclusione di quest’inverno è che comunque continua a osservarsi un forte deficit di neve alle quote inferiori ai 1.800 metri d’altitudine, sia sulle Alpi sia sugli Appennini. La neve è riuscita a essere abbondante solo sulle Alpi e solo al di sopra dei 2.000 metri, dove lo zero termico stagionale non è stato ancora superato in maniera significativa. In altre parole, al di sotto di determinate quote le temperature sono state troppo elevate e, anche a fronte di precipitazioni abbondanti, hanno portato a una fusione precoce della neve”.
Rispetto al bando 2023, dieci milioni di euro ciascuno sono stati assegnati a Sestriers Spa, Monterosa 2000 Spa, Imprese Turistiche Barziesi (Piano di Bobbio, in Lombardia), Società Impianti Turistici – Sit (Ponte di Legno, Lombardia), Lagazuoi Spa (Cortina d’Ampezzo, Veneto), Sita (Aprica, Lombardia) ne ha avuti 9,06. Sono 8,87 milioni di euro, invece quelli destinati al gestore degli impianti di San Domenico, in Piemonte. E, a scalare, milioni di euro anche a molti impianti dell’Appennino che lavorano ormai a singhiozzo, come quelli del Cimone (Emilia-Romagna), dell’Abetone (Toscana) o di Sassotetto (Marche).
Non è dato sapere quanti siano i fondi destinati alla “dismissione degli impianti non più utilizzati o obsoleti”, una delle linee previste dal bando 2023 e anche nel nuovo bando 2024 appena pubblicato. I numeri degli impianti abbandonati su Alpi e Appennini sono invece certi: sono 260 sulle montagne di tutto lo stivale, ben 176 dei quali sull’intero arco alpino. Sono i dati del rapporto “Nevediversa” di Legambiente.
Parlando di quella che è a tutti gli effetti un’industria pesante, sull’ultimo numero di The Passenger, dedicato alle Alpi, il giornalista e ricercatore Maurizio Dematteis scrive: “I sempre più numerosi relitti dell’industria sciistica sono un monito a quel sistema economico ormai al tramonto, che cerca di salvarsi spingendo verso l’alto e producendo sempre più neve programmata”.
Questo articolo è stato pubblicato su Altreconomia l’11 giugno 2024